La regista francese Anne Fontaine, già nota al grande pubblico per il biopic di Coco Chanel (Coco Avant Chanel, 2009) e Two Mothers (Adore, 2013), dà un’altra brillante prova cinematografica con il delicato e struggente Agnus Dei (Les Innocentes, 2016), in cui la regista coniuga le tragicità della guerra con una rinascita spirituale e umana.
Basato sulla storia realmente accaduta della dottoressa Madeleine Pauliac (nel film rinominata Mathilde Beaulieu e interpretato da una bravissima Lou de Laâge), il film si svolge in una Polonia distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale, in cui la Pauliac assiste un gruppo di giovani suore di clausura che, dopo aver subito numerose violenze da parte di soldati russi, sono in procinto di partorire i frutti di questo grande dolore.
Ciò che viene raccontato in questo film, oltre ad essere drammaticamente reale e terribilmente attuale, non è tanto la quotidianità delle partorienti, quanto la profonda e spesso insondabile crisi di fede che esse sono costrette ad affrontare. Avendo consacrato la loro vita a Dio, in una realtà conventuale, esse si trovano immerse nel terrore della guerra, che avevano in qualche modo tenuto lontano grazie alle mura del monastero. Scontrandosi con l’orrore più sconvolgente e doloroso, queste donne non soltanto si vedono vicine ad una maternità non voluta e risultato di una violenza, ma devono fare i conti con la crisi religiosa che le assale.
Senza essere in grado di dare una motivazione a quanto accaduto, molte di loro riacquisteranno coraggio e speranza nell’intervento della giovane infermiera, la quale saprà non solo curare il dolore fisico, ma anche lenire quelle profonde ferite interiori che paiono avviarsi ad una lenta e faticosa guarigione. Con un sguardo toccante, raffinato e squisitamente femminile, Anne Fontaine racconta quello che è un dramma universale, atemporale, a cui le donne sono da sempre soggette. Cogliendo alla perfezione la dignità e il coraggio di queste giovani suore, la Fontaine parla a tutte le donne, parla di tutte le donne, vittime di una crudeltà inumana, che si struggono l’animo nel tentativo di continuare a sperare, di continuare, in un modo o nell’altro, a vivere.
Con paesaggi nevosi e scarni, una scenografia essenziale e nitida, Anna Fontaine ha dato voce a quel lato nascosto della storia, che troppo spesso ritrae i supplizi dei soldati, ma assai poco si sofferma sui patimenti e le sofferenze delle donne, la cui arma più potente è la forza d’animo, il coraggio e, umana o divina che sia, la fede. Con un cast ridotto ma capace di dare intense emozioni nonché, naturalmente, prettamente femminile, la regista francese ricrea un pezzo di verità, una testimonianza importante per tutte le donne di ieri, di oggi e di domani, che si trovano in una realtà sempre e comunque androcratica, in cui lo stupro e la violenza non vengono considerati con la gravità e il peso adeguato, dove le donne si trovano sole e non tutelate, dove il loro segreto, così come per le suore della Fontaine, diventa motivo di vergogna e di colpa.
Degno di una visibilità di primo ordine, molto più vero, più crudo e soprattutto più professionale dei molti cinepanettoni e commedie americane che riempiono le sale e sbancano i botteghini, Agnus Dei è crudele, è reale, ma è al tempo stesso immensamente positivo, mostrando come attraverso la solidarietà, la speranza e la riflessione, questo indicibile dolore possa portare a qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, qualcosa di buono: la vita.