L’uomo ha uno strano rapporto con la natura: sente di provenire da colei che non per nulla chiama “madre” ma sente allo stesso tempo il bisogno di affrancarsi dallo spaventoso potere degli elementi. Perciò diventa ora amante, ora distruttore, ora sfidante della natura. Per questo le macchine veloci, le costruzioni futuristiche e i grattacieli svettanti sono elementi di una sfida umana alla natura per la superiorità, con il solo vero fine di rassicurare l’uomo ormai incapace di trovare certezze nelle religioni riguardo il suo primato.
Tutto questo ha causato negli anni la mancanza di una vera integrazione uomo-natura, e anche laddove si è cercato di mantenere l’elemento naturale, lo si è fatto ghettizzandolo in parchi e zone verdi. Ma talvolta quest’integrazione riesce. E riesce, come tutti i capolavori, per caso.
Stiamo parlando dell’Abbazia di Sant’Eustachio, a Nervesa della Battaglia (Treviso), fondata attorno all’anno mille e abbandonata dal 1865. Nella Grande Guerra venne a trovarsi a pochi passi dalla linea del Piave (la leggenda vuole che anche Hemingway passò di là) e fu pesantemente bombardata dagli austriaci. L’abbazia perse in alcune parti il tetto e le pareti. Quel magico luogo, a pochi passi dalle colline del prosecco, da Possagno e da Asolo, si ritrovò ad essere il simbolo sventrato dell’assurdità umana. E proprio per questo nessuno volle ripararlo.
Così oggi, pace dopo la tempesta, le navate sontuose e i dolci affreschi sbiaditi dialogano con i merli e gli alberi, e la natura sta negli spazi dell’uomo e viceversa, in una felice sintesi della meraviglia umana e naturale. Nelle volte e nelle navate dell’Abbazia di Sant’Eustachio non si sente più la pesantezza, il buio, la paura, ma l’infinità del cielo e dei suoi colori che sposano quelli della terra. E chi, anche solo per un secondo, si stanca di voler cercare sempre il perché, può evadere a Sant’Eustachio, dove la ragione ha da tempo lasciato il passo alla bellezza e, ancor meglio, all’armonia ritrovata tra le visioni e gli odori di un vecchio rudere che ha finalmente trovato la pace. Lì dove l’uomo non ha più paura degli elementi ed è perciò libero non solo dalle sue assurdità, ma anche da tutto ciò che ha costruito per difendersi da questa paura.
Abbiamo deciso di dedicare il mese di agosto alle bellezze culturali del nostro Paese in un ideale viaggio in Italia di cui i collaboratori di Frammenti Rivista hanno curato le tappe. Abbiamo chiesto a chi scrive per noi di condividere un luogo, un borgo, una città, un quartiere, un posto del cuore e grazie al contributo di tutti abbiamo ricavato un articolato mosaico di tesori artistici, urbani e naturali che parla un po’ di noi e che accompagna il lettore nel nostro viaggio attraverso la penisola, nell’Italia vista da Frammenti.
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