«Gli americani non sanno quello che si perdono perché Woody Allen è ritornato più in forma che mai». È così che il Woody Club e il cinema Christine nel cuore di Parigi presentano al pubblico che gremisce la sala – tra gli spettatori anche Isabelle Huppert – l’anteprima di A Rainy Day in New York, ultimo e attesissimo lungometraggio di Woody Allen. La distribuzione del film, in pieno clima di #MeToo, è stata sospesa da Amazon Studios per le accuse di molestie sessuali del regista nei confronti della figlia adottiva Dylan Farrow.
Fino a un mese fa Amazon Studios e Allen erano in causa e, vista la forse affrettata gogna mediatica che si è mossa contro il regista, probabilmente il film non verrà mai distribuito nelle sale americane. Nato sotto una stella poco fortunata, il progetto di A Rainy Day in New York non si è comunque fermato: il film è stato finalmente distribuito in Europa e presentato il 6 settembre scorso alla 45esima edizione del Deauville American Film Festival.
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Difficile collocare A Rainy Day in New York rispetto ai più amati e iconici film del cineasta newyorchese che qui coniuga gli ingredienti del suo solito e intramontabile piglio con una nuova e convincente generazione di attori che proiettano il lavoro del regista nel nostro XXI secolo.
«A Rainy Day in New York», la trama
Innamorati e appassionati di cinema, Ashleigh e Gatsby, la prima figlia di una ricca famiglia di banchieri dell’Arizona e il secondo un giovane romantico e malinconico newyorchese esiliato in un prestigioso college nel nord del Paese, decidono di passare un weekend a New York con la scusa di una promettente intervista per il giornalino scolastico a Roland Pollard, uno dei registi più interessanti del momento.
Proprio quando Gatsby ha l’occasione di mostrare la sua città, e quindi il suo vero essere, all’amata Ashleigh, la città prende letteralmente il sopravvento. Ashleigh, giovane e ingenua, viene risucchiata da una serie di eventi che la porteranno a entrare in contatto con lo strampalato e imprevedibile mondo del successo, facendo emergere tutta la sua vanità.
Le strade dei due protagonisti ben presto si dividono per vivere due New York parallele, prefigurando la loro incompatibilità e la loro separazione.
Una nuova e promettente generazione di attori
Thimothée Chalamet, uno degli attori più amati del momento, gioca sul suo look androgino e imberbe per raccontarci con uno stile nuovo il tradizionale e irresistibile archetipo “alleniano”, mentre Elle Fanning, 22 anni e reduce dalla giuria del Festival di Cannes, si dimostra all’altezza di un ruolo che richiede una buona dose di autoironia e di vena comica. Selena Gomez, volto famigliare ai giovanissimi, si emancipa finalmente dalla stereotipata immagine tutta Disney Channel e video musicali per dimostrare il suo valore grazie a un personaggio acuto e affascinante, seppur poco rilevante.
A New York la vita rincorre il cinema
Ambientato nella metropoli più caotica di tutti i tempi, è nelle più intime scene in automobile che il film ha i suo veri momenti di svolta: dialoghi brevi, ma intensi e rivelatori che, tra un passaggio e qualche coincidenza sono capaci di cambiare il corso degli eventi. Se l’inizio del film appare infatti radioso, l’intreccio newyorchese si infittisce fino a diventare, tra il susseguirsi di temporali improvvisi, un set surreale dove per la prima volta la vita sembra imitare il mondo del cinema.
In una vicenda caratterizzata da atmosfere old-fashion, pensieri espressi ad alta voce e romantici appuntamenti sotto la pioggia, la settima arte è vera e onnipresente protagonista che partecipa attivamente all’intreccio attraverso le numerose citazioni, l’indagine tragicomica delle inusuali personalità che ci lavorano e il set di un piccolo cortometraggio improvvisato, un “film dentro il film” che ribalterà il punto di vista di Gatsby.
Gatsby: borghese e intellettuale, malinconico anti-eroe
Simile ad altri personaggi “alleniani”, come Gil Pender di Midnight in Paris (interpretato da Owen Wilson) o Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg) in Café Society, Gatsby è appassionato di cinema, intellettuale, incompreso, malinconico e bloccato in un’adolescenza che gli sta stretta. Borghese e mondano per appartenenza, Gatsby si sente interiormente un emarginato, distante da quel mondo fatto di convenzioni, arte e musica impostogli dalla madre. Probabilmente ispirato all’indimenticabile Holden Caulfield di Jerome David Salinger, Gatsby vive nel presente ma è innamorato della New York del passato, senza avere alcuna idea su quello che sarà il suo futuro.
«A Rainy Day in New York», un addio alla Grande Mela?
Romanticismo, cultura, musei e cinema: A Rainy Day in New York è la ricetta perfetta che racchiude tutti gli elementi più cari a Woody Allen in una New York che appare grigia e ambrata allo stesso tempo, grazie anche alla fortunata collaborazione con Vittorio Storaro, direttore della fotografia già magistrale nella realizzazione de La Ruota delle meraviglie – Wonder Wheel.
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Tra incanto e ironia, sul film si posa un velo di tristezza e di malinconia. Woody Allen ha infatti già in cantiere un nuovo progetto europeo, Rifkin’s Festival, un film ambientato in Spagna, e questa potrebbe essere l’ultima volta che gira nella sua amata New York, città che per la prima volta compare esplicitamente nel titolo di uno dei suoi film: un segno di appropriazione e di riconciliazione con la sua musa, il canto del cigno per renderle il giusto onore, e l’ultimo addio.