Una raccolta firme è partita dalla metà di giugno in tutta Italia. Durerà fino al 30 settembre, con lo scopo di raccogliere le 500 mila firme necessarie per indire un referendum sull’eutanasia legale. È l’Associazione Luca Coscioni ad aver presentato l’iniziativa lo scorso 20 aprile presso la Corte di Cassazione. L’Associazione no-profit è stata fondata nel 2002 e lotta per la promozione di diverse battaglie sociali, rientranti nel grande nucleo delle libertà civili e dei diritti umani.
Cosa prevede il referendum per l’eutanasia legale?
Il referendum prevede l’abrogazione dell’articolo 579 del codice penale che recita la formula «omicidio del consenziente». Il comma 1 e il comma 3 verrebbero privati delle parole «reclusione da sei a quindici anni» e del «si applicano», mentre il comma 2 scomparirebbe integralmente. Rimanendo punita nei casi di consenso estorto con violenza, contro un minore e contro una persona incapace, con questa modifica l’eutanasia attiva viene consentita nel rispetto delle forme della legge, del consenso informato e del testamento biologico. A ciò si aggiungono i requisiti introdotti dalla Sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato.
Il caso Cappato
Uno dei più attivi promotori del referendum è Marco Cappato, esponente radicale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. Nel 2017 è stato aperto un processo che lo ha visto imputato per aver aiutato Fabiano Antoniani, paraplegico e cieco in seguito ad un un incidente, a raggiungere la Svizzera per ottenere il suicidio assistito. Dopo il caso Welby, questo è sicuramente uno dei momenti mediaticamente più rilevanti, che ha portato in superficie la discussione sulla legittimità del fine vita, dall’interruzione delle cure all’eutanasia attiva.
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Marco Cappato, al ritorno in Italia, si è autodenunciato. Una forma di disobbedienza civile che ha come obiettivo quella di cercare di modificare le parti del codice penale sul fine vita. Le udienze hanno avuto inizio l’8 settembre 2017 presso la Corte d’Assise di Milano: quest’ultima ha assolto Cappato in merito all’ «istigazione al suicidio», in quanto il fatto non sussiste, rimandando alla Corte Costituzionale la decisione circa la costituzionalità dell’ art. 580 del codice penale. Con non poche difficoltà e rinvii a giudizio, il 22 novembre 2019 si è dichiarato illegittimo l’articolo, nella parte in cui non esclude la punibilità in determinate condizioni. La Corte d’Assise di Milano ha poi assolto in definitiva l’imputato nel dicembre dello stesso anno.
L’invito più grande è stato rivolto al Parlamento nel legiferare in materia di fine vita, in modo da avere un quadro chiaro e completo su cui potersi appoggiare.
A che punto siamo con l’eutanasia legale?
In Italia non esiste una legge che garantisca il diritto di scelta sul fine vita. Il tema è stato toccato diverse volte, ma nessuna è stata sufficiente a dare inizio a un cambiamento radicale in merito. In questo caso il Paese, non può però essere definito come “il fanalino di coda”.
Sono pochissimi coloro che hanno preso una decisione favorevole in merito. I Paesi ad averla legalizzata sono: Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. In Svizzera ad essere legale è il suicidio assistito, che viene utilizzato da diverso tempo. In Spagna sin dal 1995 entrambe le pratiche sono state depenalizzate, e nei primi mesi del 2021 la Camera dei Deputati ha approvato la legge che rende l’eutanasia legale. È il settimo paese al mondo. Oltre al gruppo del Benelux, troviamo infatti solo Canada, Colombia e – dal prossimo novembre – la Nuova Zelanda.
Due passi avanti e cinque indietro
Gli ultimi anni sembrano essere dominati dall’avanguardia nei campi della tecnologia, del digitale, dell’elettronica e della scienza. Una corrente che sfreccia in avanti, affiancata da una presenza statica in materia di diritti civili e sociali. Guardando il quadro mondiale degli Stati, non sfugge una diversificazione derivante da correnti culturali e da retaggi religiosi.
Prendendo come riferimento la ricerca World Values Survey (avviata nel 1981 e conclusa nel 2019) dello scienziato politico Ronald Inglehart, possiamo dividere la mappa mondiale seguendo due assi: uno che contrappone valori razionali-secolari con quelli tradizionali, l’altro la libera espressione ai valori inerenti alla sopravvivenza. I Paesi rientrano dunque in otto categorie differenti, e una delle componenti che più le distingue è proprio la religione.
Un’influenza velata
I valori della società mutano nel tempo e sono in continuo cambiamento. Tuttavia la base dalla quale partono è sempre la stessa, ed è piuttosto antica. Sono valori derivanti dalla somma di considerazioni e di conquiste delle diverse epoche passate. Non è sempre facile riuscire a giudicare il nuovo astraendosi dalle costruzioni mentali del tempo. Allo stesso tempo è fondamentale seguire il mutamento della società, sempre più multiforme e sfaccettata. Continuare a portare come riferimento concezioni passate fa riecheggiare un solo termine: anacronistico.
In tutto questo, le istituzioni ecclesiastiche sembrano spesso non voler cedere coi passi avanti; come se i propri fedeli fossero tali soltanto mantenendo identiche tutte le formule fino ad ora utilizzate.
Non è mai solo una legge
Oggi è importante prendere consapevolezza che davanti a tutti i dibattiti deve esserci la persona. Che la società è fatta di individui, che la scelta di uno deve essere uguale a quella di altri e che lo Stato o qualsiasi altra istituzione non deve impedire al singolo di prendere decisioni su che cosa sia più giusto fare per sé. Il dolore e la sofferenza non possono essere uniformate ad una decisione “superiore”. La paura che la legalizzazione dell’eutanasia aumenti il numero di morti e suicidi, non tiene conto di quante vite riuscirebbe invece a salvare dal male.
La scelta di dire no a questo, non lascia libertà a chi invece vorrebbe fare una scelta soltanto per sé.
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