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video strage mottarone: una riflessione

Il video della strage del Mottarone: ce n’era bisogno?

3 minuti di lettura

Il 16 giugno 2021, il Tg3 ha pubblicato “in esclusiva” il video della strage alla funivia del Mottarone avvenuto il 23 maggio, dove hanno perso la vita quattordici persone di cui due bambini. A seguito della pubblicazione del video da parte della redazione del telegiornale Rai, anche altre testate e telegiornali nazionali hanno pubblicato sui loro siti lo stesso video dell’incidente. Chiara l’indignazione scoppiata sui social al grido quasi unanime di “ne sentivamo davvero il bisogno?”

Il video della strage del Mottarone, incredulità e attrazione

Ora, è meglio affrontare la questione passo dopo passo, perché la visione del video della strage del Mottarone lascia gli animi stravolti e in cerca di una risposta che vada al di là delle semplici giustificazioni che possono dare giornalisti e testate di riferimento. 

Infatti, quando si visualizza il video, si stenta quasi a credere che possa essere vero, che possa trattarsi di un reale accaduto. La cabina della funivia dove viaggiavano quindici persone in vacanza, in uno spensierato weekend di maggio, si vede piegarsi su se stessa, al momento della rescissione della fune e sbalzare giù ad un’incredibile velocità fino a schiantarsi per poi cadere rovinosamente al suolo. 

Come fosse un videogioco, nel giro di poco più di venti secondi, in quella cabina morivano quattordici persone innocenti, di cui unico sopravvissuto è un bimbo di cinque anni. E lo sguardo resta incollato a questo terrore, quasi sperando che non sia vero o che la mano di Dio possa bloccare quell’orrore. 

Il video della strage del Mottarone: da tragedia a porno-sociale

L’atteggiamento del restare incollati al video, nell’atteggiamento di scovare qualche altro, se pur macabro, dettaglio in più, ha un carattere che chiameremo “pornografico” nel tentativo di spiegarne la natura.

Secondo Carmelo Bene, il porno è l’o-sceno, ovvero il “fuori dalla scena”, dove il soggetto si mescola con il suo oggetto di desiderio, misconoscendosi come soggetto pensante e andando al di là della sua stessa volontà di auto-affermazione, riducendosi. 

Ed è proprio questo che accade davanti la visione di un video come quello della strage del Mottarone, un “porno-sociale”, dove i soggetti guardanti si trasformano in voyaresti, mischiandosi, disconoscendosi, completamente nell’oggetto e diventando un tutt’uno con l’oggetto, ovvero il video. Qui si vogliono intravedere particolari ancora più osceni, reconditamente e in modo del tutto macabro si vorrebbero vedere i volti atterriti delle persone coinvolte, finanche sentire le loro urla di dolore. Lo si vede una volta e lo si vuole vedere continuamente. 

Porno, eccendenza oltre l’informazione

Ma il porno, essendo appunto o-sceno e quindi fuori dalla scena, è un fatto del tutto eccedente e quindi superfluo. E il superfluo non sta alla base della deontologia giornalistica, che vuole raccontare, meglio comunicare l’informazione e che quindi, del porno e dell’osceno non dovrebbe interessarsi. E, invece, lo fa eccome, in linea con una società liquida in cui tutto diventa “guardabile”, tutto diventa osservabile e finisce alla mercé di tutti. E mentre non smettiamo di chiederci se ne sentivamo davvero il bisogno, non un privato, ma un telegiornale nazionale pubblica il video esaltandone anche l’esclusività. 

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Informazione? No, signore e signori, ma l’immenso spettacolo del porno, in cui spiare dal buco della serratura per scoprire qualche dettaglio in più diventa la base di una società che tutela maniacalmente la privacy con leggi e normative, ma che poi si diverte a spiare, a guardare oltre il limite dell’umana decenza e del buongusto. 

Perché il video della strage del Mottarone, in realtà, non aggiunge nulla all’informazione, non dice nulla di nuovo riguardo responsabilità e dinamiche meccaniche dell’incidente, ma aggiunge dolore, rabbia, frustrazione per senso di impotenza. 

Divulgazione del video: Agcom difende l’informazione

Agcom rende noto il procedimento di verifica a carico della Rai avviato dall’Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni, che dovrebbe appurare le autorizzazioni relative alla divulgazione di materiale così sensibile. Per ora, l’arma dei Carabinieri sostiene di non aver ceduto il video a nessuno, Rai compresa. 

Rimane il fatto che, a seguito della divulgazione e della visione del video, nulla è stato aggiunto alle nostre esistenze, né tantomeno giustizia è stata fatta per le vittime del gravissimo accaduto. In una società liquida, dove tutto passa più velocemente di un weekend, ci ritroviamo ad interrogarci sul ruolo dell’informazione. Dai social media passa una quantità di informazione tale che sfora qualsiasi limite, così tanta che a volte genera l’effetto opposto, ovvero ignorare la stessa. 

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Quando questo avviene addirittura nei canali dell’informazione nazionale, vuol dire che davvero la situazione è molto pericolosa, perché significa che si sono sforati, senza forse che neanche ce ne accorgessimo davvero, i limiti dell’umana solidarietà e perfino, del rispetto per chi non c’è più.

Chiediamoci se questo renda giustizia alle quattordici vittime della strage e la risposta che ne perverrà sarà ovviamente negativa. E se dopo averlo visto ci sentiamo cittadini migliori. Ma anche qui il responso sulle nostre coscienze sarà negativo.

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Anto D'Eri Viesti

A proud millennial. Dopo il dottorato in semiotica e gender studies decide di dedicarsi solo alle sue passioni, la comunicazione e la scrittura.
Copywriter e social media manager.
La verità sta negli interstizi, sui margini e nei lati oscuri.
Tanti fiori, cioccolato e caffè.

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