Il Piccolo Teatro Strehler di Milano presenta dall’8 al 20 giugno 2021 Furore, uno spettacolo ideato e recitato da Massimo Popolizio. Accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo da Giovanni Lo Cascio, Popolizio legge alcune porzioni dell’opera più importante di John Steinbeck, adattata da Emanuele Trevi.
Il dolore degli espatriati
La lettura recitata di Furore da parte di Popolizio ci riporta all’estate del 1936. All’epoca fu chiesto a Steinbeck di documentarsi riguardo alle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti giunti nello Stato della California dalle regioni più centrali degli Stati Uniti d’America. Molti contadini di Stati come l’Arkansas e l’Oklahoma dovettero emigrare dopo diverse tempeste di sabbia. Infatti, la polvere e la siccità aveva impedito la crescita delle piantagioni di cotone e molti furono costretti a trasferirsi sulla costa occidentale.
Lo spettacolo è diviso in diverse sezioni, ciascuna con un titolo dedicato come La polvere, La banca, I trattori. Ognuna di queste porzioni di testo mostra la terribile condizione di vita in cui vennero ridotti gli espatriati. Popolizio, attraverso la sua recitazione, riesce a portare in vita le dure descrizioni e i tragici dialoghi pubblicati da Steinbeck. Le percussioni, accompagnate da alcune musiche di sottofondo registrate, rendono la narrazione ancora più coinvolgente e i video, riprodotti sul grande schermo in fondo al palco, mostrano visivamente il degrado che traspare dalla narrazione.
Furore non è semplice lettura di un testo, ma piena partecipazione al dramma. La voce di Popolizio, accompagnata anche dai suoi movimenti fisici e dalla musica dal vivo, colpisce in pieno il pubblico. Si riesce a percepire la disperazione dei contadini, la fatica del lavoro da bracciante, il disastro della pioggia che non smette di battere e la fame che provano i loro figli.
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«Furore» riletto da Popolizio: un messaggio moderno
Il pavimento del palco è coperto da quella stessa polvere che porta i contadini ad abbandonare le loro case. Le lampade che illuminano Popolizio e Lo Cascio sono industriali, così come le scrivanie e la macchina da scrivere. Gli abiti del narratore sono simili a quelli usati negli anni ’30. Tutto sembra riportare lo spettatore a quell’epoca, ma il messaggio che passa dal racconto è molto moderno.
Non è insolito sentire oggi di persone che abbandonano la propria casa in cerca di lavoro, che compiono un viaggio della speranza, senza soldi, per arrivare in una terra più florida e compiere lavori difficili per pochi dollari. Persone spinte dalla fame e dalla disperazione, abbandonate nelle tende e allontanate per puro odio nei confronti del diverso.
Furore ci mostra il loro punto di vista, i motivi che spinsero gli americani di allora ad abbracciare una nuova vita di stenti, relegati ai margini della società. Grazie alla narrazione intensa di Popolizio prende vita quella che Emanuele Trevi definisce come «la più devastante migrazione di contadini della storia moderna».
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