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«Splendi come vita» di Maria Grazia Calandrone

2 minuti di lettura

Maria Grazia Calandrone entra nella dozzina del Premio Strega 2021 con Splendi come vita, un libro che sembra un album di ricordi, dalle fotografie un po’ ingiallite che testimoniano il tempo che passa, travolge, sommerge. Con uno stile frammentario dal retrogusto poetico, Maria Grazia Calandrone racconta la propria storia familiare densa d’amore, sofferenza, ricerca. Una storia personale e al tempo stesso universale.

La trama di «Splendi come vita» di Maria Grazia Calandrone

Figlia di un amore che non s’ha da fare, Maria Grazia viene abbandonata nei giardini di Villa Borghese dalla madre, suicida nel Tevere. «Non ha più nessuno», scrivono i giornali. Poco dopo viene affidata alla famiglia Calandrone, alla «bionda Madre elettiva» Consolazione, insegnante di letteratura, e al padre, un parlamentare del Pci scomparso prematuramente.  La caduta nel disamore avviene all’età di quattro anni, quando sua madre (per meglio dire Madre, come la chiama l’autrice, trasformandola nell’archetipo di tutte le madri) le rivela le sue vere origini, quasi come se fosse una colpa. Per Maria Grazia, mamma è lei. Non importano né il sangue né la biologia.

Il disamore avvolge i letti dei bambini fra le spire di un pianto non pianto. I bambini non amati non piangono. Chi chiamerebbero, con il loro pianto?

L’amore è un’arma a doppio taglio che Consolazione rivolge contro sé stessa. La sua è una decisione anticipatoria, d’amore ansioso, quella di raccontare alla bambina la sua storia. Da quel momento una ferita si sovrappone all’altra, le fratture si sommano aprendo crepe, vortici, voragini. Consolazione non crede più all’affetto della figlia, così come Maria Grazia, per non sentirsi ripudiata, non riesce a dare alla madre altro da quello che pensava potesse farla felice.

maria grazia calandrone, splendi come vita

La madre adottiva si allontana sempre di più da Maria Grazia, poco più che bambina, privata anche del padre adottivo. Un allontanamento lento, la malattia mentale vestita da disamore. La ragazzina entra in collegio, dove anche le suore sanno della sua situazione familiare e chiedono alle compagne, invidiose dei piccoli privilegi di Maria Grazia, di essere clementi, poiché loro non vivono nella sua stessa condizione. E intanto Maria Grazia cresce, cercando di stare in equilibrio sul disequilibrio della madre. Il dolore scandisce la narrazione, si insinua nei periodi brevi, nei nomi comuni fatti propri come Madre e Padre. Una presa di distanza formale, senza la quale raccontare la sofferenza sarebbe impossibile. Bisogna fare un passo indietro, scucire il mantello della vita, del passato che torna, del dolore, e appoggiarlo per un attimo sopra ad un manichino: solo così diventa possibile raccontarlo. «Cos’è più infernale, nell’inferno del vivere nel quale siamo involontariamente precipitati?».

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Per Maria Grazia le cose non sono facili, trovare sé stessa in un amalgama di sofferenza e disagio è una sfida. Si dibatte mentre si cerca, con una madre troppo vicina e al tempo stesso troppo lontana, che si danna per questa figlia che ama ferocemente, non riuscendo però a sentirla sua. Maria Grazia Calandrone racconta com’è crescere accanto a qualcuno che non ripone fiducia in noi. Ci fa provare sulla nostra stessa pelle un rapporto madre-figlia tanto particolare quanto universale, perché quella madre che «ha un rimedio per tutto chiamato “pomatina”» potrebbe essere la nostra.

Una storia di ricerca e abbandono

In Splendi come vita (acquista), l’autrice racconta una storia dolorosa, di ricerca smaniosa d’amore, di abbandono e malattia e, al tempo stesso, racconta anche la nostra storia. Quella di figlie desiderose di piacere, di madri che non si riconoscono nelle bambine – e poi donne – che amano. Calandrone parla di un amore che non si può spiegare, di un legame indissolubile adornato da nodi di disamore e sofferenza.

Madre conserva le mie prime poesie. Madre se le fa leggere ogni tanto. Madre critica duramente. Certe volte, sorride. Continuo a scrivere per quel sorriso. 

Maria Grazia si trova: diventa una scrittrice, giornalista, drammaturga, insegnante, autrice e conduttrice Rai. Con la straordinaria capacità di avvolgere in un connubio prosa e poesia, scrive una lettera d’amore alla madre adottiva. E a tutte le altre madri.

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Maria Ducoli

21 anni, bresciana, studentessa di Lingue, civiltà e scienze del linguaggio a Venezia. Dice di voler diventare una giornalista o un'insegnante. O entrambe le cose.

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