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In «Gotico americano» il personale è politico

4 minuti di lettura

Nonostante gli sforzi di chi si ostina in tutti i modi a mantenere lo status quo, il contesto sociale e politico in cui ci si trova influenza anche la vita privata di persone, coppie, famiglie. In Gotico americano (Bompiani, 2020) di Arianna Farinelli le tenebre del fondamentalismo e dell’estremismo si allungano sui conflitti personali e accentuano le disuguaglianze già esistenti; allo stesso modo le battaglie per l’uguaglianza e il riconoscimento dei diritti umani si concretizzano nelle esperienze di vita di tutti.

La trama di «Gotico americano» di Arianna Farinelli

La protagonista di Gotico americano, romanzo d’esordio di Arianna Farinelli, non è Bruna, docente di Scienze politiche che vive da anni a New York con il marito italoamericano Tom e i due figli; non è neanche Yunus, studente afroamericano e musulmano che intreccia con Bruna una relazione prima di scomparire insieme al suo amico che si è recentemente arruolato tra le fila dell’Isis. 

La vera protagonista è l’America del 2016, con la sua carica di contraddizioni e questioni irrisolte, una polveriera di famiglie e comunità, minoranze e vecchie classi sociali che esplode con il risultato delle elezioni che assegnano la presidenza a Donald Trump. La storia tra Bruna e Yunus è segnata da dinamiche di potere dovute alla loro età e alle loro culture di appartenenza; allo stesso modo il matrimonio di Bruna e Tom è minacciato dalla mentalità profondamente conservatrice dei genitori di lui. 

gotico americano
Fonte: ibs.it

Il contraltare a queste spinte distruttive sono i figli di Bruna, uno specchio rivolto verso il futuro. Minerva usa la sua eccezionale intelligenza come arma per difendere i suoi cari e puntare il dito contro le piccole ingiustizie di ogni giorno; Mario, tranquillo e sensibile, è in continua ricerca di una pausa che nessuno vuole concedergli, viene a patti con una precoce disforia di genere esprimendo la propria identità a poco a poco, ma è costretto persino a tagliare i rapporti con i nonni paterni ancora prima di finire le elementari.

Lo stile di scrittura

Gotico americano sovrappone alla finzione narrativa dei personaggi un’analisi puntuale, a tratti persino eccessivamente didascalica, del contesto in cui è inserita la vicenda. Arianna Farinelli, che condivide con Bruna la professione (insegna infatti Scienze politiche in un college di New York) utilizza il dialogo tra personaggi e il punto di vista interno del personaggio principale con lo scopo di veicolare notizie sull’America di oggi e sulla sua società passata e presente.

«Cosa direbbe la Statua della Libertà oggi? Datemi i poveri, i derelitti, quelli battuti dalla tempesta e ne farò dei medici, degli avvocati, dei banchieri. Astronauti, premi Nobel, presidenti, miliardari, e miliardari presidenti. Qualcuno però lo farò anche stragista: nei cinema, nelle scuole, ai concerti. Darò loro la libertà, quella di acquistare armi d’assalto al supermercato. “AR-15: American Rifle. Fatto per gli uomini liberi”».

I riferimenti culturali in «Gotico americano»

Oltre a essere corredato da un’ampia bibliografia in coda al testo, Gotico americano contiene nelle sue pagine molteplici riferimenti ad altre opere, teorie, storie. C’è innanzitutto la storia di Yunus, equivalente islamico di Giona e contraltare simbolico della storia di Yunus Brown, finito nella pancia della balena sotto «l’oscurità dello stomaco della balena, l’oscurità del mare, l’oscurità della balena». Il titolo invece è un riferimento all’omonimo dipinto di Grant Wood, simbolo dell’ipocrisia di un’America impaurita, che vuole difendere un mondo che non esiste più.

Un grande rilievo è dato alla grande letteratura statunitense di James Baldwin e Toni Morrison, ma compaiono anche i classici italiani, seppur citati en passant: Il barone rampante, Fontamara, Il giardino dei Finzi-Contini. Le descrizioni della condizione del sistema carcerario americano e del razzismo sistematico contro gli afroamericani sono invece debitrici del saggio The New Jim Crow: Mass Incarceration in the Age of Colorblindness di Michelle Alexander.

American Gothic, Grant Wood, olio su tela, Art Institute of Chicago, 1930

L’immagine che Farinelli dà dell’America contemporanea è ricalcata in gran parte dalla teoria politica di Samuel Huntington sullo scontro di civiltà: la radicalizzazione verso posizioni estremiste sarebbe una risposta allo sradicamento identitario che la globalizzazione ha causato negli ultimi decenni. Attraverso la voce narrante di Bruna, l’autrice contestualizza e a tratti smentisce la teoria di Huntington, mostrando come l’incontro tra diverse culture possa invece portare a un arricchimento reciproco.

Italia e America

«Bruna pensava spesso al cognome di Tom, la cui pronuncia in inglese non è bene ma beni, quindi non più good ma goods, non più il bene assoluto ma i beni materiali. […] Quand’è che il Sogno Americano della famiglia Bene aveva cambiato per sempre il significato del loro cognome e con quello il senso della loro vita?»

Nell’inglese americano, la parola Italian indica in molti contesti sia i cittadini italiani che quelli italoamericani, come se le due categorie fossero, in merito delle loro comuni radici, sovrapponibili. Gotico americano (acquista) dimostra, attraverso le figure dei genitori di Tom, quanto sia invece profonda la cesura verificata in più di due secoli di separazione. Lo sradicamento culturale di cui parlava Huntington ha infatti spinto le comunità italoamericane a un maschilismo diffuso, oltre che ad atteggiamenti di chiusura verso chiunque faccia parte di altre minoranze o etnie.

Gotico americano non risparmia nemmeno l’arretratezza dell’Italia, quello stesso carico di pregiudizi che si affronta quotidianamente nelle conversazioni con i vicini o tra le pagine dei giornali. Se è vero che i genitori di Bruna sono molto meno possessivi rispetto a quelli di Tom, è anche evidente che le questioni di genere non sono ancora discusse con i termini adeguati in questo Paese, come dimostra l’amica Agnese che, parlando di Mario, fa confusione tra i termini “gay” e “transgender”. Sia in Italia che in America, insomma, c’è ancora molta strada da fare.

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Francesca Fenaroli

Classe 1997, laureata in Scienze dei Beni Culturali e studentessa di Editoria a Milano. Mi occupo, tra le altre cose, di intrattenimento, cultura popolare e narrativa di genere. Umberto Eco sarebbe fiero di me, o almeno così mi piace pensare.

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