L’uscita dall’UE della Gran Bretagna, formalizzata il 31 gennaio 2020, ha riacceso le speranze indipendentiste dei repubblicani cattolici dell’Ulster, le sei contee dell’isola d’Irlanda militarizzate rimaste in seno alla corona e tutt’oggi si considerano ingiustamente occupate. L’epopea dei nazionalisti nord-irlandesi è un’antica storia di sofferenze e soprusi, una guerra di religione tra cattolici nazionalisti e protestanti lealisti, asserragliati nei rispettivi quartieri tra checkpoint militari e ronde armate. In Irlanda del Nord la Brexit si è subito manifestata con tutte le sue inevitabili conseguenze economiche, prime fra tutte le recenti razzie dei generi alimentari, i rallentamenti della burocrazia e dei commerci doganali hanno portato a un progressivo svuotamento dei supermercati. È la fame o quantomeno la paura di una fame già conosciuta, a riaccendere i mai sopiti fuochi dei Troubles.
A settembre 2020, a meno di nove mesi dal ritiro dei trattati comunitari da parte del governo di Londra, una maxiretata della Police Service of Northen Ireland, erede della temuta e disciolta Royal Ulster Constabulary, corpo di polizia a reclutamento quasi esclusivamente protestante, ha condotto all’arresto dei leader del Saoradh. Si tratta di una costola marxista-repubblicana fuoriuscita dal Sinn Féin, a seguito degli Accordi del Venerdì Santo del 1998 che sancirono la smobilitazione di gran parte delle organizzazioni paramilitari, pur senza l’effettiva consegna degli armamenti, applicando una virtuale conclusione ai Troubles, la più lunga guerra civile d’Europa, il più violento conflitto mai scoppiato nel Vecchio Continente dalla fine della seconda guerra mondiale.
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Nell’aprile del 2019, nella stessa Derry che il 30 gennaio 1972 raccolse i corpi di quattordici manifestanti disarmati, colpiti dalle raffiche del I Reggimento paracadutisti del Royal Army, la giornalista Lyra McKee è stata colpita alla testa da una pallottola della New IRA, ultima incarnazione della Continuity IRA, la prima organizzazione repubblicana a non riconoscere il Belfast Agreement del Venerdì Santo. La giornalista, impegnata nel raccontare la rigenerazione del conflitto, sembrerebbe essere stata colpita da una pallottola vagante sparata da un uomo con passamontagna durante un assalto a un veicolo blindato. Un furgone è stato incendiato sulla linea ferroviaria, numerose macchine ed edifici colpiti da bombe carta. Nonostante le scuse dell’organizzazione, la Nuova IRA rinnova la sua determinazione nel colpire gli occupanti, dal loro punto di vista non meno stranieri di una qualunque nazione occupante.
I prodromi del conflitto
1921, Londra – Il 6 dicembre, a Londra, venne firmato il trattato che sancì l’abbandono britannico di ventisei delle trentadue contee irlandese, escluse quelle dell’Ulster, propaggine nord-orientale affacciata alla costa scozzese di Glasgow. L’amministrazione e le forze di polizia protestanti e lealisti ghettizzarono i cattolici nei loro quartieri, appena due anni dopo la fine della Grande Guerra, l’Inghilterra s’apprestò a trasformare una sterile zolla di terra nel territorio più militarizzato del mondo occidentale.
Il primo massiccio invio di truppe avvenne nell’estate del Sessantanove, i militari inglesi occuparono le strade ufficialmente per interporsi tra la rabbia cattolica e quella protestante. Con l’assalto dei militanti lealisti alla chiesa cattolica di St. Matthews nell’enclave di East Belfast, l’IRA – in seguito indicata come Official IRA, per distinguerla dalle frange secessioniste e maggiormente intransigenti – iniziò a svolgere funzione di protezione delle aree cattoliche.
Fu presto chiaro agli abitanti dell’Ulster che la presenza britannica, più che da cuscinetto, forniva un servizio d’appoggio logistico e morale alla violenza di religione. Meno di un anno dopo, nella roccaforte di Lower Falls, l’esercito impose un coprifuoco che incancrenì ancor di più la resistenza nord-irlandese. Se è vero che il Sessantotto accese la miccia a Belfast, è altrettanto vero che in nessun altro luogo del mondo l’annus mirabilis della rivoluzione giovanile ebbe ripercussioni tanto violente. La guerriglia urbana, il cecchinaggio, i blocchi militari tratteggiarono il nuovo profilo della quotidianità per quasi trent’anni. Segni ancora oggi ben visibili in quella che è giudicata la capitale europea con più muri e barriere, molte delle quali rimaste conservate a scopo cautelativo.
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Sunday Bloody Sunday
Derry, 1972 – La città dai due nomi, Londonderry per gli Unionisti, è stata la prima in cui vennero erette barricate a protezione dei quartieri cattolici agli albori del Sessantotto, la prima a respingere l’assalto di esercito, polizia e milizie protestanti.
Meno di quattro anni dopo, in molte cittadine dell’Ulster – Six Counties per i nazionalisti – le leghe per i diritti civili organizzarono delle marce pacifiche per protestare contro l’informale sospensione delle garanzie procedurali e gli arresti illegali. Contro la sospensione informale del diritto di habeas corpus.
A presidiare la città, ufficialmente come contingente cuscinetto tra i due attori belligeranti a a protezione di entrambe le confessioni dei suoi sudditi, le giovanissime reclute del I Battaglione paracadutisti del Royal Army. Tutt’oggi rimangono ignote le reali dinamiche dell’inizio dell’eccidio, ma è indubbio il suo epilogo. Quando i FAL dei parà cominciarono a sparare, tredici manifestanti rimasero a terra, un altro perì qualche mese dopo a seguito delle ferite riportate, e altrettanti rimasero feriti. Solo nel 2003 una recluta rimasta anonima raccontò di aver sparato in testa a una ragazza che agitava un fazzoletto bianco. Le molte ricostruzioni elaborate negli anni successivi rivelarono che almeno cinque vittime erano state colpite da raffiche alla schiena. La domenica di sangue del 1972 non giunse alla reale attenzione del mondo prima che l’apertura di War degli U2 l’immortalasse in Sunday Bloody Sunday.
La scia di sangue dei Troubles attraversa almeno quattro secoli di storia, in un quasi costante incremento d’intensità e capacità offensiva per tutte le parti in causa, come gli attentati di Dublino e Monaghan del Settantaquattro che causarono trentatré morti, vendetta contro l’attendismo e il mancato appoggio dell’EIRE, o l’ordigno che uccise Lord Mountbatten, ultimo viceré d’India e cugino della regina, durante una battuta di pesca, esploso in perfetta concomitanza con un altro, collocato a Warrenpoint, che portò alla morte di diciotto soldati britannici: davanti alla loro caserma, il giorno successivo comparve una scritta in ricordo dei tredici caduti del Bloody Sunday: «13 gone and not forgotten, we got 18 and Lord Mountbatten». Oppure ancora, tra gli episodi più sanguinosi della storia dei Troubles possiamo annoverare la bomba che nel ’97 distrusse il centro di Omagh, uccidendo ventisei civili impegnati negli acquisti, sulla quale pendono da sempre le ombre dell’MI5, che fu il più alto tributo di civili in un singolo attentato nella storia del conflitto; l’ingiusta carcerazione dei giovanissimi Birmingham Six e dei Belfast Four, accusati di terrorismo, detenuti per anni e in seguito liberati con una marginale, se non del tutto assente, ammissione di colpa da parte del governo britannico; la morte d’inedia di Bobby Sands e di altri nove detenuti al termine di sette mesi di sciopero della fame, durante la detenzione illegale nel carcere di Long Kesh in regime di totale sospensione della Convenzione di Ginevra, in totale nudità, senza coperte, ore d’aria, assistenza sanitaria o legale.
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Pagine e pagine sono state scritte e si potrebbero scrivere sui Troubles, una guerra ad intensità tutt’altro che bassa, costata quattromila morti confermati e almeno altrettanti direttamente o indirettamente collegati, nelle carceri britanniche così come tra le gente comune, capitata nel fuoco incrociato e semplicemente portatrice dell’una o dell’altra confessione.
Tra la seconda metà degli anni Ottanta e il Belfast Agreement, sottoscritto il Venerdì Santo del 1998, la capacità militare di organizzazioni come la PIRA – Provisional Irish Republican Army –, grazie ai finanziamenti di Muhammar Geddafi e della criminalità irlandese degli Stati Uniti, crebbe esponenzialmente. Celebre è il caso del peschereccio Eksund, sequestrato a largo delle coste bretoni con a bordo Gabriel Cleary, direttore del Genio dell’IRA, svariati chili di Semtex, mitragliatrici pesanti e aeronautiche, missili spalleggiabili STRELA e aria-aria SAM-7, oltre a varie tonnellate di munizioni.
La prima prova di tale aumento di tenore nella storia dei Troubles fu l’attentato al Grand Hotel di Brighton del 12 ottobre 1984, che ospitava il congresso del Partito Conservatore. La bomba provocò il parziale cedimento dei piani superiori, dove era collocata la suite assegnata a Margaret Tatcher. L’ordigno, collocato un mese prima nella camera immediatamente sottostante la camera del primo ministrò, fece collassare l’ultimo piano sventrando un’intera porzione dell’edificio. Nonostante la caduta del pavimento, il primo ministro ne uscì indenne.
Troubles e Anni Duemila: una storia mai conclusa
2009 – Anche in anni più recenti la pagina dei Troubles, tutt’altro che chiusa, ha trovato un nuovo pretesto per spalancarsi al presente. Il 7 marzo del 2009 la Real IRA abbandona per la prima volta la strategia dell’attrito pacifico promulgata nel 2005, uccidendo due militari nei pressi della base di Massereene. Due giorni dopo, la Continuity IRA assassina un poliziotto cattolico accusato di tradimento a Craigavon. Il 23 febbraio dell’anno successivo, a Newry, esplode la prima autobomba del nuovo millennio. Infine, nel gennaio del 2019, un’altra auotobomba salta davanti al tribunale di Derry, causando notevoli danni e nessuna vittima, grazie alla pronta evacuazione degli isolati circostanti.
Naturale conseguenza – o fattore scatenante – sono le azioni dei lealisti, che, nonostante lo scioglimento ufficiale della Red Hand Defans e dell’Ulster Volunteers Force, si rendono protagonisti di continui attacchi alla comunità cattolica, organizzando spedizioni punitive anche con armi da fuoco nei centri sportivi gaelici, ritenuti nuovo bacino di reclutamento dei giovanissimi membri della New IRA. Caratteristica della nuova generazione, come fu per la Continuity, unica organizzazione ufficiale a non aver dichiarato alcun cessate il fuoco, è il rifiuto e la diffidenza verso la concertazione politica di Gerry Adams e del Sinn Féin. Il motto adottato dai membri più giovani e intransigenti della nuova leva, Unfinished Revolution, risuona oggi come un nuovo atto di una storia infinita.
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