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Ogni volta che arriva la crisi

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Era il 1999 quando uscì in Italia la canzone La Crisi della band Bluvertigo. Un brano, forse tra i più riusciti dell’ex gruppo guidato da Morgan, che mai come ora rappresenta lo stato sentimentale di chi scrive questo pezzo e prova a rispondere ad una serie di domande, alle quali – e lo diciamo subito – fatica (almeno in parte) a trovare risposte. L’argomento è su tutti i giornali e le televisioni, nazionali e no, da giorni: la crisi del Governo Conte bis, scoppiata quando lo scorso mercoledì 13 gennaio, il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha ritirato dal Governo la delegazione del suo partito, composta dalle ministre Elena Bonetti (Famiglia e Pari opportunità) e Teresa Bellanova (Politiche agricole), oltre che dal sottosegretario Ivan Scalfarotto.  

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Quello che è successo dopo ha riacceso le attenzioni degli italiani sulle dinamiche politiche di Palazzo Chigi e sui deboli equilibri che hanno retto in tutti questi mesi il Governo Conte bis. Diverse le reazioni di stupore per chi non è avvezzo ai bisticci della politica: ci si chiede in primo luogo, per quale ragione una forza politica all’interno della maggioranza metta in discussione l’operato del suo Governo nella peggiore pandemia degli ultimi 100 anni? La domanda è lecita, la risposta non è tutt’ora chiara, né a noi, né – a quanto pare – al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che nel discorso fatto alla Camera dei deputati lo scorso lunedì 18 gennaio, a proposito della crisi di Governo ha dichiarato che «è una crisi di cui immagino i cittadini, ma devo confessarlo io stesso, non ravviso alcun plausibile fondamento». 

arriva la crisi
Da Bergamo News

Perché Renzi abbia cercato di far cadere il Governo è la domanda delle domande. Se già nel passato recente (pensiamo al referendum del 2016, ad esempio) è stato spesso complicato interpretare le sue strategie politiche, oggi lo è ancora di più. Tuttavia, qualche risposta possiamo darla. Italia Viva ha dichiarato di essere particolarmente insoddisfatta di come il premier e il suo governo appoggiato dalle forze del centro-sinistra (PD, IV e Leu) e dal Movimento 5 Stelle, ha condotto la gestione della pandemia, soffermandosi in particolar modo sulla scelta di non accedere alla linea di credito del MES. Ha proseguito poi sulla delega ai servizi segreti mantenuta da Conte e ha criticato il sistema comunicativo del duo Conte-Casalino. Infine, ha contestato pubblicamente la cabina di regia e la prima bozza del Recovery Plan italiano, a suo dire mancante di visione politica.

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La versione di Renzi, per farla semplice, è: Conte sta gestendo male la pandemia, serve sostituirlo per fare una nuova squadra che la gestisca meglio. Possibilmente senza passare per il voto, ma trovando – nelle fila di questa maggioranza – un nuovo volto. Semplice, no?

«Quando inizia una crisi è un po’ tutto concesso / Quasi come a Carnevale»

Intanto, lontano dalle domande degli italiani, ancora sommersi dalle complicazioni dell’emergenza sanitaria Covid-19 (in ordine sparso, 500 morti al giorno circa, la crisi di diverse filiere produttive e un sistema sanitario al collasso in alcune regioni del Paese), a Roma i principali azionisti del Governo hanno cercato di convincere almeno una decina di senatori che attualmente sono all’opposizione a entrare nella maggioranza. Un’operazione non semplice, che per sfuggire dal cliché della “compravendita” dei parlamentari, è diventata una chiamata alla responsabilità. «Cerchiamo i costruttori» , ha specificato il premier alle Camere, «europeisti e liberali, che possano appoggiare questo Governo e continuare a dare risposte ai cittadini». Per farla semplice, un’altra volta, Conte vuole sostituire i voti che fino all’altro giorno erano di Italia Viva, e tenere in piedi il governo senza Matteo Renzi.

La discussione al Senato non ha fatto altro che ribadire le stesse posizioni già emerse alla Camera, con un importante aggiunta: lo scontro frontale tra i due contendenti, annegato all’interno di undici ore di estenuante dibattito. Renzi ha ribadito le ragioni di Italia Viva (che alla fine si asterrà compatta), rinfacciando a Conte errori presenti e passati, ivi compresi quelli del Conte “gialloverde”, forse dimentico del fatto che nella lunga estate del Papeete 2019 quegli errori furono condonati a Conte dallo stesso Renzi, allora regista della nascita del Governo giallorosso. La risposta del Presidente del Consiglio – apparso finalmente pimpante solo alla fine della due giorni parlamentare – non ha fatto mancare a Renzi e a Italia Viva le accuse di aver meditato a lungo questa crisi di Governo, durante lunghi mesi passati a logorare il Governo a ogni suo passo, preferendo le uscite mediatiche a un più consono dialogo istituzionale.

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Sono seguiti altri momenti discutibili, tra i quali tocca purtroppo segnalare un Matteo Salvini che, a metà tra il rimbrotto e la minaccia, ha tenuto a ricordare ai Senatori a vita che si apprestavano a votare la fiducia al Governo quel che Beppe Grillo disse di loro alcuni anni fa («non muoiono mai o muoiono troppo tardi»), scatenando una bagarre che ha portato alla momentanea sospensione dei lavori. Liliana Segre, manifesto di dignità e compostezza istituzionale, ha risposto a Salvini che farà tesoro della sua uscita, sicura che le allungherà la vita.

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Poco dopo le 22 si arriva alla votazione in aula, con la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sempre più in difficoltà nella gestione di una fase cruciale. Nella prima delle due chiamate al voto, Renzi e gli altri 15 senatori di Italia Viva non partecipano alla votazione, in attesa di capire se i propri voti siano determinanti, con il senatore di Scandicci che pare spingere perché il suo gruppo scelga il No e metta in minoranza Conte.

Alla fine Italia Viva conferma l’astensione, mentre il Governo raggiunge la soglia dei 156 voti – comunque distante dai 161 necessari per la maggioranza assoluta, ma sufficiente per questa sera – grazie a due senatori subito espulsi da Forza Italia, l’esponente del Partito Socialista Italiano, Riccardo Nencini (il cui simbolo resta necessario per la sopravvivenza del gruppo parlamentare di Italia Viva in Senato) e diversi esponenti del gruppo misto tra i quali il capitano Gregorio De Falco, salito a bordo del vascello governativo nel momento cruciale, e l’ormai già noto Lello Ciampolillo, ex 5 Stelle più volte dato per disperso nel corso della giornata il cui voto è stato recuperato solo dopo un’analisi dei filmati d’aula. I no alla fiducia saranno alla fine 140, con 16 astenuti: di fatto, se per mero esercizio di calcolo si aggiungessero i voti di Italia Viva ai voti contro al Governo, si avrebbe una situazione di pareggio, per quanto diversi senatori di Italia Viva abbiano già manifestato la loro contrarietà a proseguire la legislatura all’opposizione. È probabile infatti che nei prossimi giorni il gruppo dei renziani si spacchi, con una parte di loro pronta ad abbandonare il leader e a passare stabilmente nella maggioranza giallorossa, insieme agli altri “responsabili”.

«Sta finendo la crisi e ogni volta che passa una crisi / Resta qualche traccia» 

Fin qui, la cronaca di una fase confusa e degna dei colpi scena del miglior Morgan, non a caso scelto come paroliere di questo pezzo. In vista dei prossimi giorni resta un dato di fatto: il Governo Conte, senza l’appoggio di Italia Viva, non ha più la fiducia della maggioranza assoluta dei senatori, mentre alla Camera viaggia di poco sopra a quella soglia. Conte, a caldo, dichiara di non volersi dimettere e, anzi, rilancia, dicendo di voler lavorare affinché nei prossimi giorni la maggioranza si rafforzi, così da poter tornare ad affrontare i tanti temi sul tavolo. Al contempo, il ruolo di Italia Viva esce sì ridimensionato per via delle spaccature manifestatesi al Senato, ma resta comunque fondamentale per il futuro dell’esecutivo: senza almeno una parte dei voti del gruppo di Renzi, l’attività del Governo non solo in aula, ma anche e soprattutto nelle Commissioni parlamentari, diventerebbe complicatissima.

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In tutto ciò, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella riceverà presto le rimostranze dei tre rappresentanti del centrodestra (Salvini, Meloni e Tajani), i quali chiederanno di accelerare la crisi di Governo e riportare il Paese alle urne. A lui il compito di dipanare il bandolo della matassa nelle prossime giornate, magari memore di un’altra famosa frase scritta da Morgan ai tempi dei Bluvertigo: «Esiste tutto ciò che io non riesco ancora ad immaginare».

A cura di Carlo Sormani e Agnese Zappalà

 


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