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In ascolto di Eraclito: per un’insolita pratica filosofica

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L’oscuro, il tuffatore delfico, il filosofo piangente, sono solo alcuni degli epiteti più celebri con cui Eraclito di Efeso (535-475 a.C.) viene ricordato nella storia del pensiero. Benché questo pensatore dimori all’origine dell’Occidente e tanto tempo ci separa dal suo pensiero, non è poi così lontano da noi anzi torna a parlarci, a turbarci non appena ci poniamo in suo ascolto. 

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Poco si sa della sua vita, a Diogene Laerzio dobbiamo qualche aneddoto curioso. Viene descritto come un uomo di carattere scontroso e di temperamento solitario pronto a polemizzare con i suoi concittadini quando qualcosa non gli andava di buon grado. Racconti talvolta contradditori, in cui la verità si mescola con la leggenda. C’è da crederci? Forse no, tuttavia è proprio attraverso di essi che possiamo cogliere la fama che circondò questa grande figura del passato. Uno spirito profondo ed acuto, «il suo grandioso pensiero somiglia all’anima di Amleto: ognuno lo capisce, ma ciascuno in modo diverso»[1].

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Eraclito e Democrito, Pozzo Andrea. Olio su tela, 74×98.5

Chi cerca risposte, in Eraclito non ne troverà. Leggere quello che resta della sua opera- esigui frammenti caratterizzati da uno stile quasi oracolare- è una vera impresa.  A pensarci bene si tratta di un esercizio filosofico notevole sì, ma avvincente: parole sospese che rimandano ad un pensiero difficile da circoscrivere. Così non resta che porci in ascolto di una filosofia che cerca e «Vuole profondità, contenuto intrinseco, chiarezza, non la totalità del sapere»[2]

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Intuisce l’uno nei più, l’essere nel divenire, una latente e affascinante armonia tra le cose. «Esiste una sola sapienza: riconoscere l’intelligenza che governa tutte le cose attraverso tutte le cose»[3]. Riesce così con un unico pensiero, il logos, ad integrare tutti i punti di vista parziali ed incompiuti degli uomini, incapaci di comprendere questo pensiero universale. Secondo Heidegger: «Eraclito coglie in un linguaggio quasi poetico il senso dell’archè».[4]

Una voce fuori dal coro che non dice, ma si fa invito per quell’uomo che sa destarsi riconoscendo così «l’intelligenza che governa tutte le cose attraverso tutte le cose»[5].

Nunzia Capasso

Note:
[1] O. Spengler, Eraclito, Settimo Sigillo, Roma, p.7.
[2] Ivi, p.14
[3] Eraclito, Frammento 41
[4] M. Heidegger e E. Fink, Eraclito, Roma-Bari, Editori Laterza, p.47.
[5] Eraclito, Frammento 64.

Immagine di copertina: Il Ponte di Eraclito, René Magritte, 1935

 


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