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Christa Wolf
Christa Wolf. Fonte: By Bundesarchiv, Bild 183-1989-0313-302 / Grubitzsch (geb. Raphael), Waltraud / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5424569

Christa Wolf, la «Cassandra» della DDR

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9 minuti di lettura

La Germania dell’Est, o Repubblica Democratica Tedesca (in tedesco DDR: Deutsche Demokratische Republik) era un Paese in cui la repressione e la censura dell’opinione pubblica erano all’ordine del giorno e dove i cittadini erano sorvegliati ventiquattr’ore su ventiquattro attraverso la Staatssicherheit, principale organo di spionaggio conosciuto ai più come Stasi.

Tuttavia, ciò non ha impedito lo sviluppo di una fiorente attività culturale, come ad esempio il teatro, che ha continuato la tradizione del Berliner Ensemble di Bertolt Brecht. Molti tra artisti e intellettuali, inoltre, hanno ricoperto ruoli importanti ai vertici del governo della DDR, come ad esempio Hermann KantAnna Seghers oppure Arnold Zweig, con l’intento di fondare una vera e propria repubblica delle lettere.

L’idea di una repubblica delle lettere – che Michele Sisto in un suo famoso volume sulla letteratura della DDR definì «invenzione del futuro» -, però, lascerà sempre più spazio a un regime sempre più oppressivo verso l’arte. Tanti artisti inizieranno, di conseguenza, a estraniarsi da un sistema che voleva assoggettare l’arte alla politica e a rivendicare maggiore autonomia.

Christa Wolf.
Fonte: By Bundesarchiv, Bild 183-1989-0313-302 / Grubitzsch (geb. Raphael), Waltraud / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5424569

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Tra i tanti scrittori e intellettuali, chi sicuramente ha svolto un ruolo molto importante nella vita politica e culturale della DDR, arrivando più volte a scontrarsi con essa, è stata la scrittrice Christa Wolf (1929-2011), una scrittrice che per amore dei suoi ideali è rimasta nella Germania dell’Est nonostante i crescenti dissapori, poiché ha creduto fino in fondo nel suo impegno politico-sociale verso i suoi lettori, cercando di combattere per un paese migliore, dove ognuno ha il diritto alla libertà di espressione e di pensiero. Come scrisse nei suoi diari di Un giorno all’anno 1960-2000: «Se io posso liberarmi e posso continuare a scrivere, totalmente indipendente, posso restare qui, se no, devo andarmene.»

Christa Wolf: una vita impegnata per amore delle idee

Christa Ihlenfeld, conosciuta ai più come Christa Wolf, nasce il 18 marzo 1929 a Landsberg an der Warthe, oggi Gorzów Wielkopolski, città che prima della Seconda Guerra Mondiale faceva parte della circoscrizione amministrativa di Francoforte sull’Oder, nel Land del Brandeburgo, e ora parte della Polonia. 

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Dopo aver conosciuto il futuro marito Gerhard Wolf nel 1950, l’autrice si laurea alla Karl-Marx-Universität di Lipsia nel 1953 in germanistica con una tesi sul realismo nelle opere di Hans Fallada. A seguito dell’ingresso nella SED nel 1949 (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, ovvero Partito di Unità Socialista di Germania), entrerà a far parte del DSV nel 1955 (Deutscher Schriftstellerverband, ovvero l’Unione degli Scrittori Tedeschi), di cui resterà membro del consiglio direttivo fino al 1977.  

Christa Wolf comincerà ben presto ad avvertire i primi segni della repressione e dell’autoritarismo della DDR: l’undicesimo Plenum del Comitato Centrale della SED del 1965, detto Kahlschlagplenum (tradotto: Plenum del disboscamento), in cui si metteva al bando tutta la letteratura modernista, e l’espulsione del cantautore Wolf Biermann il 17 novembre 1976 sono eventi che la scrittrice denuncia a viso aperto, al punto che la DDR la considera oppositrice politica assieme al marito.

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Nel 1966, il governo della Germania socialista sottopone Christa e Gerhard Wolf a uno stretto controllo di sorveglianza da parte della Stasi detto Operativer Vorgang Doppelzüngler. Questi sono eventi che segneranno la vita e la carriera di Christa Wolf, portandola a estraniarsi sempre più dal governo socialista con le dimissioni dal DSV nel 1977 e la fuoriuscita dalla SED nel 1989. 

Nonostante tutto, Christa Wolf resterà nella DDR, e prenderà parte alle proteste di riforme ad Alexanderplatz, la piazza principale di Berlino, del 4 novembre 1989. L’8 novembre dello stesso anno, inoltre, la scrittrice sarà firmataria di cinque iniziative popolari raccolte sotto il titolo “Für unser Land” (“Per il nostro paese”) assieme ad altri scrittori come Christoph Hein, Volker Braun e Ulrich Plenzdorf, a cui seguirà un appello televisivo dell’autrice rivolto ai cittadini a non lasciare il paese e a unirsi al movimento di riforme.

La fine della Germania divisa, però, non dà pace a Christa Wolf. Negli anni Novanta è protagonista di un acceso dibattito attorno al suo racconto Che cosa resta, in cui personalità autorevoli del panorama culturale tedesco come Ulrich GreinerFrank Schirrmacher e Marcel Reich-Ranicki, la accusano di voler apparire vittima del regime della DDR nonostante la fedeltà verso questo sistema totalitario. Come se non bastasse, la scrittrice subisce un ulteriore attacco da parte del settimanale Der Spiegel nel 1993, che l’attacca per il suo passato come collaboratrice non ufficiale della Stasi dopo aver pubblicato gli atti del servizio segreto della Germania dell’Est, atti che la stessa scrittrice ha fatto pubblicare con un articolo dal titolo Aktensicht Christa Wolf per venire a patti con un passato che ha sempre cercato di dimenticare e che ha influito molto sulla sua vita e carriera di scrittrice.

Christa Wolf muore a Berlino nel 2011. Nonostante il suo rapporto con la DDR e gli attacchi subiti per il suo passato, è stata una scrittrice che ha creduto fino in fondo nei suoi ideali e che ha sempre combattuto e denunciato il carattere autoritario del regime della Germania socialista con la speranza di un mondo migliore, alla costante ricerca della verità e della libertà d’espressione.

Le opere: dal realismo socialista all’ «autenticità soggettiva»

L’opera di Christa Wolf è rappresentativa di ciò che è stata la Germania dell’Est a livello politico e culturale. Partendo dal realismo socialista e dalla linea culturale del Bitterfelder Weg – dettata da Walter Ulbricht e Alfred Kurella nell’omonima città del Land della Sassonia-Anhalt Bitterfeld nel 1959 – con la loro esaltazione dell’eroe operaio, Christa Wolf approderà ben presto a quella che lei definisce subjektive Authentizität (autenticità soggettiva), ovvero il tentativo di raffigurare la realtà dal punto di vista individuale attraverso la rappresentazione del processo di pensiero e di indagine del narratore. 

Opere come Il cielo diviso, Riflessioni su Christa T., Che cosa resta e La città degli angeli (in Italia edite da Edizioni e/o con traduzione di Anita Raja) trattano temi come il rapporto tra passato e presente, più in particolare il passato nazista e l’attualità della DDR, la difficoltà di ricordare e di confrontarsi con le proprie esperienze, ma anche temi mondiali come la questione del nucleare, della guerra e del femminismo. Tutte queste tematiche fanno di Wolf una scrittrice non solo femminista, ma in senso più ampio umanista, poiché sempre in prima linea per l’onestà e la libertà dell’essere umano.

L’onestà e la libertà per Christa Wolf si conseguono solo superando quello che l’autrice chiama blinder Fleck (punto cieco), un meccanismo di difesa che ci porta a nascondere le verità rimosse, e che si può superare con la scrittura, strumento di autocoscienza per eccellenza. Scriveva Christa Wolf nei suoi saggi: «L’ho notato scrivendo; prima non lo sapevo. Mi è risultato chiaro solo ora, scrivendo.»

La scrittura della Wolf fa del cambio di prospettiva e di sovrapposizione di vari piani temporali il suo punto di forza, conseguendo l’allontanamento dell’io narrante dal proprio passato. L’io narrante, dunque, si scinde fra colui che ricorda e che viene ricordato. Questa scissione lo obbliga, così, all’assoluta onestà.

«Cassandra»: guardare al passato per comprendere il presente

Tra i romanzi di Christa Wolf, quello più significativo, che più ha saputo cogliere la vera natura della DDR e la condizione di tanti intellettuali nella Germania dell’Est, rientra sicuramente Cassandra, romanzo del 1983, preceduto nel 1982 dalle quattro conferenze raccolte sotto il titolo di Premesse a Cassandra tenute dall’autrice alla prestigiosa Goethe-Universität di Francoforte sul Meno.

Copertina di “Cassandra”, a cura di © Edizioni e/o

Prendendo spunto da un viaggio compiuto in Grecia assieme al marito Gerhard Wolf nel 1980, questo romanzo narra la famosa vicenda del mito di Cassandra, la profetessa figlia di Priamo ed Ecuba che vaticinò la caduta della città di Troia senza esser creduta da nessuno. Qui Christa Wolf offre ai lettori un monologo interiore della profetessa, che seguiamo nel suo viaggio a Micene con Agamennone, in attesa che il suo destino si compia, ovvero la morte per mano di Clitennestra

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La storia di Cassandra procede di pari passo con gli sviluppi delle vicende della città di Troia, che diventa sempre più un regime di stampo patriarcale che priva i suoi cittadini, ma anche i membri della famiglia reale, di ogni libertà. Attraverso il mito di Cassandra, Christa Wolf denuncia il clima di oppressione della DDR, un paese che come la città di Troia è sempre più sulla via del tramonto, e mostra la lotta per l’autonomia di ogni intellettuale come lei. 

Christa Wolf ci mostra una città di Troia molto simile alla Germania socialista. L’atmosfera soffocante e di paura, l’isolamento, la presenza delle mura, le bugie riguardo al conflitto di Troia, il culto di personalità di Priamo e il suo continuo contrasto con Cassandra e la stretta sorveglianza di Eumelo nei confronti della profetessa sono elementi che ricordano molto le modalità di oppressione dei regimi come quello della Germania socialista. Re Priamo, infatti, ha molte cose in comune con Walter Ulbricht ed Erich Honecker, noti capi della SED e Presidenti della DDR, mentre le mura ed Eumelo ricordano molto il famoso Muro di Berlino e la Stasi. 

Proiettando se stessa nel personaggio di CassandraWolf raffigura la lotta della profetessa alla ricerca di una propria voce interiore e della propria autonomia, in un cammino che la porta a riconoscere la vera natura del regno di Priamo e a combattere, dunque, contro le logiche di potere. Così facendo, Wolf discute della sua contemporaneità e del suo percorso come intellettuale, narrando le sue difficoltà nel mostrare fedeltà alla DDR e allo stesso tempo nel ricercare la verità e la sua autonomia. 

La lotta per l’autonomia tra le due passa attraverso quello che Christa Wolf definisce Schmerz der Subjektwerdung, ovvero “dolore del farsi soggetto”. L’autonomia è conquistata con varie difficoltà, ma anche nel momento in cui ci si avvicina a una situazione di malattia o morte: per Cassandra la presunta pazzia e le crisi epilettiche, ma anche l’imminente morte per mano di Clitennestra; per Christa Wolf la depressione e i suoi problemi al cuore. Come afferma la stessa profetessa:

«Probabilmente hanno ragione, quando dicono tanto più vicini alla morte, tanto più vivide e vicine le immagini dell’infanzia, della giovinezza. Da un’eternità non le lascio più scorrere davanti agli occhi.»

Tuttavia, entrambe decidono di non fuggire dal proprio paese: Cassandra non segue Enea per fuggire da Troia; Christa Wolf resta nella DDR fino al 1989. Entrambe lo fanno per amore degli altri, per dar loro fino alla fine una speranza di rinnovamento. Cassandra si rivolge a Enea nel seguente modo:

«Tu mi fraintendi, dissi esitando. Non è per Troia che devo rimanere. Troia non ha bisogno di me. Ma è per noi. Per te e per me. Enea. Caro. Mi hai capita, molto prima di doverlo ammettere. […] Vidi nei tuoi occhi che mi avevi compresa. Non posso amare un eroe. Non voglio vivere la tua trasformazione in monumento.»

Sia a Cassandra che a Christa Wolf non interessa la venerazione degli altri, non interessa di essere al centro dell’attenzione come vittime, a differenza di quanto pensato dalla stampa della Germania Occidentale nei confronti della Wolf. A loro semplicemente interessa continuare a lottare per la libertà, per una voce interiore, restando nel proprio paese e accompagnandolo al proprio destino.

Conclusione: Christa Wolf, la Cassandra della DDR

Perché, dunque, parlare di Christa Wolf? Perché come Cassandra, Christa Wolf è stata un’intellettuale che nonostante tutte le difficoltà è rimasta nel suo paese, un regime d’oppressione, per amore dei suoi ideali. 

Christa Wolf è un’intellettuale che si è sempre scontrata con il potere per affermare il proprio io, la propria autonomia, sempre alla ricerca della verità e denunciando le logiche oppressive del potere, dando fino alla fine ai più la speranza di un cambiamento, della costituzione di un mondo di uguaglianza, pace e verità. Un esempio, dunque, molto attuale per chi fa cultura, per chi si batte sempre per un mondo migliore, dove ognuno è libero di esprimere le proprie idee.

Fonti:

Christa Wolf, Cassandra, Roma, Edizioni e/o, 2009
Per ulteriori approfondimenti sulla vita e le opere di Christa Wolf:
Georg Michael Schulz, Christa Wolf, Marburg, Tactum Verlag, 2016

Per ulteriori approfondimenti sulla letteratura della DDR:
Michele Sisto (a cura di), Fabrizio Cambi, Anna Chiarloni, Matteo Galli, Magda Martini, L’invenzione del futuro. Breve storia letteraria della DDR, Milano, Libri Scheiwiller, 2009.

 


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Alberto Paolo Palumbo

Laurea magistrale in Lingue e Letterature Europee ed Extraeuropee all'Università degli Studi di Milano con tesi in letteratura tedesca.
Sente suo quello che lo scrittore Premio Campiello Carmine Abate definisce "vivere per addizione". Nato nella provincia di Milano, figlio di genitori meridionali e amante delle lingue e delle letterature straniere: tutto questo lo rende una persona che vive più mondi e più culture, e che vuole conoscere e indagare sempre più. In poche parole: una persona ricca di sguardi e prospettive.
Crede fortemente nel fatto che la letteratura debba non solo costruire ponti per raggiungere e unire le persone, permettendo di acquisire nuovi sguardi sulla realtà, ma anche aiutare ad avere consapevolezza della propria persona e della realtà che la circonda.

1 Comment

  1. Grazie. Ho letto con interesse questo contributo, che mi ha ricordato gli elementi chiave dell’opera della Wolf che avevo letto ormai vari anni fa. La riprendo in mano grazie allo spettacolo meraviglioso di Elisabetta Pozzi, Cassandra o dell’inganno. Grazie all’autore Palumbo per questo contributo, che ha il dono della precisione e della sintesi.

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