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5G, internet e digitalizzazione: qual è la situazione in Italia?

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6 minuti di lettura

In diverse occasioni, negli ultimi mesi, il premier Giuseppe Conte ha ribadito che in cima alla lista degli obiettivi della politica in Italia c’è la digitalizzazione del Paese e la creazione di infrastrutture che rendano possibile la tanto sospirata e necessaria banda ultra larga universale: 5G. Vale a dire, la connessione veloce ad Internet, garantita attraverso supporti tecnologici e infrastrutture high tech, per tutti, e in tutte le aree del Paese.

Abbiamo bisogno del digitale

Il bonus, introdotto dal Ministero dell’Economia e dello Sviluppo, che fornisce, a certe condizioni, pc e tablet in comodato d’uso agli studenti, è un ottimo segnale dell’interessamento concreto, da parte della politica, alla risoluzione del digital divide. Questi obiettivi in Italia sono oggi tanto urgenti, quanto soggetti a un inevitabile rallentamento della loro realizzazione, dovuto alla crisi sanitaria determinata dall’emergenza Covid. Infatti, si dà una situazione paradossale, come ha giustamente ribadito in queste ore, Marco Ludovico in un articolo apparso su Il Sole 24ORE. Da una parte, l’emergenza pandemica ha mostrato in maniera inequivocabile l’imprescindibilità del 5G nella nostra società e la sua funzione benefica, di soccorso e di mantenimento – quando non di manifesto miglioramento – delle attività quotidiane, burocratiche, lavorative, e scolastiche. Dall’altra, se proprio l’emergenza Covid sta comportando un rallentamento degli investimenti sul digitale, a causa della crisi economica che ha creato, è altrettanto vero che sembra proprio che dobbiamo appellarci al digitale per risolvere questa stessa crisi finanziaria in Italia.

Questi aspetti si riconfermano tutt’oggi: dai risultati delle analisi statistiche e tecnologiche condotte nel webinar organizzato da i-com (Istituto per la Competitività) tenutosi lo scorso 12 novembre, dal titolo “Il 5G per rilanciare l’Italia in sicurezza”.

In difesa dei webinar

È bene dunque, porre l’accento sul fatto che eventi come questo, cioè i webinar, che si sono moltiplicati negli ultimi mesi, dovrebbero occuparsi di mettere a tacere le polemiche false e sterili relative all’invalidità fatto degli ultimi DPCM, secondo cui, violerebbero il principio di associazione sancito dall’articolo 17 della Costituzione. I convegni, non sono stati vietati; per la maggior parte, restano pubblici, ed anzi, raggiungono e rendono più pratica la partecipazione, passando per i canali online, di molte più persone, rispetto ai convegni in presenza.

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Il webinar di i-com è stato svolto nell’arco di tre ore scarse, dalle 15.30 alle 18.15, ed è stato curato da Silvia Compagnucci, Stefano da Empoli, e Lorenzo Principali. Gli autori intervenuti sono stati: Silvia Compagnucci, Thomas Osborn, Lorenzo Principali, e Domenico Salerno.

Alcuni numeri

Ecco alcuni aspetti cruciali trattati dagli interventi che potete leggere per esteso qui. Per prima cosa è stato fatto il punto della situazione in Italia con dati statistici alla mano e incrociandoli con questioni politiche e informatiche sull’utilizzo di internet nel periodo della pandemia, fin ora. Il comitato ha inoltre proseguito con un approfondimento sul deployment e la sicurezza delle reti in Europa, USA e Asia, prestando particolare attenzione all’approccio italiano alla sicurezza delle reti internet.

È emerso il seguente quadro statistico: nel periodo del lockdown della scorsa primavera, il traffico dati è aumentato del 57% su rete fissa e del 29% su rete mobile rispetto ai valori registrati nei mesi precedenti. La quantità di denaro necessaria in Europa per l’investimento volto all’ammodernamento e all’implementazione delle nuove reti internet equivale a 535 miliardi di euro, di cui 20-30 miliardi solo per l’acquisizione delle licenze 5G nell’Unione Europea.

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Osservando le reti mobili nelle principali aree tecnologicamente mature del pianeta, emerge che la Cina è il Paese con la quota maggiore di infrastrutture 4G nell’insieme totale delle reti esistenti. In Europa, più della metà delle infrastrutture di rete mobile continentale è 4G, anche se resiste una quota del 14% di connessioni 2G. Secondo il 5G Observatory, l’Italia è il terzo paese in Europa per numero di sperimentazioni 5G, tuttavia i progetti rilevanti in merito sono solo 2. Ma la copertura del 5G risulta ancora limitata a certi servizi commerciali di determinati operatori e attiva solo in alcune città, o, addirittura, solo in certe aree delle città maggiori.

Il lavoro svolto dagli autori intervenuti nel convegno è di certo teorico-informazionale, un lavoro su dati online che riguardano i flussi dell’attività online stessa, e le infrastrutture digitali in fase di creazione per migliorarla. Ma è anche il tipo di lavoro, la mansione, che svolge nelle aziende odierne il CDO (Chief Data Officer): la figura professionale che, con competenze tecnologiche, legali, e amministrative, è il responsabile del flusso dei dati aziendali e colui che li organizza per sfruttarli in termini di competitività. Mostrare lo stato della competitività digitale internazionale è ciò che gli autori del webinar hanno voluto fare, confrontando i dati inerenti alla realizzazione del 5G nei principali Stati europei.

Cos’è il 5G?

Il 5G, nonostante le sconfortanti e sconclusionate opinioni complottiste in merito, è stato pensato per migliorare le prestazioni dei dispositivi in relazione alla connessione al World Wide Web, cioè per realizzare qualcosa di positivo ed utilissimo. Internet non è tanto uno svago, ma soprattutto una risorsa incalcolabilmente utile e migliorativa in diversi contesti umani. Secondo una lettura personale, attraverso internet, migliora il nostro modo di relazionarci con il mondo e con gli altri, le nostre capacità analitiche e comunicative e sviluppiamo una più accurata conoscenza di molte cose. È un fatto, che ci è sempre più garantito e migliorato, l’accesso a piattaforme e spazi di istruzione e perfezionamento professionale che continuano a moltiplicarsi giorno per giorno.

È anche opportuno emendare quei residui dell’opinione di massa, secondo cui con la digitalizzazione, il 5G e l’automazione, comporterebbero la diminuzione del lavoro umano, con il conseguente accrescimento della “disoccupazione digitale“. La realtà ci mostra invece che, il digitale è foriero di nuove professioni in cui l’essere umano ha l’opportunità di utilizzare la propria intelligenza in modo più elevato e trasversale, rispetto ai lavori tradizionali, i quali cadono in disuso per due ragioni: non sono lavori che dovrebbero competere a un vivente intelligente quale è l’uomo; il digitale ci consente di liberarci, non di essi, ma ci fa guadagnare tempo prezioso, togliendoci l’onere fastidioso di doverli svolgere noi per forza (pensiamo alla registrazione dei dati, prima avveniva manualmente in registri cartacei, adesso il solo pensiero è assurdo, in quanto infattibile).

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Con questo convegno possiamo dire che vengano ribadite con annessi suggerimenti, le urgenze di accelerare la digitalizzazione e di saperla utilizzare come risorsa in primis economica, ma anche come strumento generale anti-crisi. Minimo denominatore comune degli interventi è stata la concezione dell’online come strumento di emancipazione e di progresso della civiltà a più livelli, dall’istruzione all’economia, alla interazione sociale e interpersonale. Internet è stato giustamente trattato come lo stabilizzatore che garantisce prosperità.

Cosa dobbiamo fare con il 5G in Italia?

Il sogno degli anni Novanta, di fare di internet la rivoluzione della libertà e del benessere, è sempre a portata di mano, soprattutto adesso, che iniziamo ad avere la maturità conoscitiva e operativa adeguata rispetto al digitale, ora che siamo in grado di creare le giuste infrastrutture e i giusti software. In altre parole, ora che stiamo costruendo la Gigabit society (progetto sostenuto dal CEBF, che prevede di garantire, entro il 2015, la gestione di tutta la questione amministrativa attraverso la connessione veloce ad Internet. Ad oggi già viviamo nella software society, il welfare digitale non è più un utopistico miraggio. Né per ora, un proposito disatteso definitivamente, a causa del capitalismo del controllo che ha preso a servirsi dell’essere umano come “interfaccia” per il web marketing. Ma una visione reale verso cui ci possiamo dirigere e concentrare le nostre azioni.

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Osservando i dati in merito al lavoro, vi è una notevole discrepanza statistica che preclude l’oggettività e l’universalità al metodo statistico come tale. É tuttavia verosimile, che i settori lavorativi oggi in crescita siano quelli dei servizi, e cioè l’amministrazione, che lavora con computer e device computazionali, mentre è in calo la forza lavoro dei mestieri manuali e dell’industria. Il progetto che intende costruire un contesto sociale ed economico in cui la produttività e la ricchezza non diminuiscono, ma anzi, si accrescono e si ridistribuiscono, pur con la diminuzione della quantità di lavoro umano in certi settori, sembra poter essere veramente realizzabile attraverso il digitale.

La “disoccupazione digitale” può essere, almeno per chi scrive, un fattore di progresso sociale, se gestita bene. Mettendo il digitale al servizio delle persone, senza manipolarle per indurre in loro certe azioni, estorcere loro denaro e informazioni e sfruttando la loro presenza online. Disegnando la dimensione online agendo con criteri solidali, integrità etica, maturità concettuale, ed efficacia pratica per la realizzazione del perfezionamento delle infrastrutture amministrative e il miglioramento estensivo della qualità della vita.

Immagine in copertina: La Stampa

 


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Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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