Giugno è il mese del Pride, dell’orgoglio LGBTQ, un mese dedicato da decenni a commemorazioni, eventi, parate, manifestazioni.
Da Stonewall a oggi
Giugno è il mese, prima di tutto, in cui si celebrano i moti di Stonewall del 1969: la notte tra il 27 e il 28 giugno, nello Stonewall Inn, bar LGBT di New York, irrompono diversi agenti di polizia in borghese. Una consuetudine per “mantenere il buon costume”, che viene però interrotta da una grande ribellione nella notte che, cinquant’anni dopo, continuiamo a ricordare e festeggiare. Scontri violenti, ma in grado di portare a una svolta culturale, a un nuovo movimento di liberazione omosessuale, dando vita a sempre più comuni, frequenti e partecipati Pride, soprattutto nel mese di giugno.
Un Pride per tutti
Quando parliamo di liberazione o orgoglio omosessuale, nascondiamo in realtà le numerose sfumare racchiuse nell’acronimo LGBTQ: un acronimo usato in forme diverse, nuove, flessibili, per indicare una serie di orientamenti e identità spesso taciuti, e ancor più spesso difficili da incasellare in poche lettere. Il mese del Pride è l’orgoglio della diversità: diversità come risorsa, come unicità, come valore dell’individuo e della collettività che lo accoglie.
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Non solo quindi un Gay Pride, nell’accezione maschile del termine a cui spesso si rifà l’italiano, ma anche un Pride lesbico, che non dimentichi il versante femminile della parola omosessualità, che porti a una rivalutazione delle coppie di donne oltre il feticcio o il tabù. Un Pride bisessuale e pansessuale, che sappia considerare l’attrazione fisica e/o romantica per più generi o oltre i generi, superando i pregiudizi e i dubbi legati a questo orientamento. Un Pride transgender, che possa proporre riflessioni non solo sull’orientamento, ma anche sul valore dell’identità, sull’importanza del rapporto tra corpo e persona, tra soggettività e vita vissuta, sentita.
Un Pride per chi rifiuta la monogamia in nome di nuove forme di affettività (poli)amorose, che siano etiche, sincere, limpide. Un Pride per chi vuole superare i canoni sociali che dettano le leggi delle relazioni: per chi ama con il corpo, con la mente, con il cuore, con tutti questi elementi o con solo uno. Un Pride che vada oltre il binarismo di genere, che consideri le identità o gli orientamenti liminali, non incasellabili, queer, fuori da ogni schema culturale a noi noto. Un Pride che concepisca la fluidità, il cambiamento, l’evoluzione dell’io e – si spera – del mondo. Un Pride non esclusivo, che abbracci tutti coloro che sentono il bisogno di affermare la propria soggettività, il proprio orgoglio, il proprio essere, sotto alla stessa bandiera. Un Pride per chi, vivendo invece “la norma”, vuole tendere la mano e unirsi alla lotta per le libertà altrui (ma davvero solo altrui?).
Nuove storie e rappresentazioni
La battaglia del Pride avviene però ogni giorno, non solo nel mese di giugno. Una battaglia culturale, per cambiare l’immaginario, la percezione dell’io e dell’altro, rivalutando i confini divisivi del noi e loro. Una lotta che passa indirettamente dalle rappresentazioni, dall’attenzione a storie di vita fuori dai canoni, proprio per andare, lentamente, a ridiscuterli, riscriverli. Servono storie che raccontino ogni sfaccettatura della sessualità, dell’orientamento, dell’identità, del genere, dell’amore, delle relazioni.
Storie che anche su Frammenti Rivista abbiamo cercato di raccontare in passato, e per tutto il mese di giugno ne racconteremo ancora di nuove, tramite la letteratura, il cinema, l’arte, la poesia, l’illustrazione, dai secoli passati fino alla contemporaneità. Storie solo apparentemente controcorrente, che narrano in realtà la vita di oggi e di ieri e i cambiamenti in atto, aiutandoci ad accogliere punti di vista inusuali.
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