Poche sono le opere che lasciano un segno indelebile nella storia per la loro insuperata bellezza. La composizione de Le Tre Grazie (1817) di Antonio Canova è una di queste.
L’opera viene commissionata nel 1812 da Giuseppina di Beauharnais, moglie di Napoleone, che però muore poco prima che Canova ultimi il suo lavoro. La scultura ha comunque un grande successo e numerosi sono gli acquirenti che si propongono. Ad avere la meglio è Eugenio di Beauharnais, figlio di Giuseppina e del visconte Alessandro di Beauharnais, che trasferisce l’opera in Russia, dove si trova tuttora, conservata nelle collezioni del Museo dell’Ermitage.
Ad oggi esiste un’altra versione de Le Tre Grazie, commissionata nel 1817 a Canova dal VI duca di Bedford John Russel ed esposta al Victoria and Albert Museum di Londra.
«Le Tre Grazie» del Canova: analisi dell’opera
Canova non è nuovo a ispirarsi alla mitologia per dare forma alle sue opere. In questo caso, le grazie sono un chiaro riferimento alle tre figlie di Zeus: Aglaia, Eufrosine, e Talia, divinità benefiche che simboleggiano lo splendore, la gioia e la prosperità.
Ne Le Tre Grazie del Canova, le tre sorelle si abbracciano in un girotondo che esprime la tenerezza e l’eleganza della scena. Un morbido panneggio le avvolge e le unisce mentre le forme e le curve dei corpi rappresentano la più armoniosa incarnazione della purezza, del “bello ideale” di cui l’archeologo ed erudito Johann Joachim Winckelmann era uno dei principali ambasciatori. Gli intrecci, le braccia e gli sguardi delle tre protagoniste attirano naturalmente l’attenzione del visitatore che, ormai stregato, si perde tra le forme sinuose delle dee.
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Nonostante Canova fosse uno dei maggiori rappresentanti dei canoni dell’arte neoclassica, Le Tre Grazie tradisce un sentimento umano che trascende la materia e mette in dialogo le sue protagoniste. L’empatia fisica ma anche emotiva tra i corpi è evidente nelle carezze che le giovani si scambiano, tanto che una piega la testa in direzione della compagna. Una patina rosata applicata dallo stesso artista sulla superficie marmorea conferisce al complesso una dimensione terrena, quasi mortale. Lo spettatore non può che emozionarsi di fronte a una scena eterea ma dinamica, che sembra prendere vita davanti ai suoi occhi.
Le Tre Grazie non ha forse la stessa carica drammatica ed erotica di Amore e Psiche, ma si distingue per la sua virginale perfezione che valorizza il corpo femminile, donandogli una purezza che la rende eterna.
A proposito di Antonio Canova
Nato nel 1757 a Possagno, tra le dolci colline del Veneto, Antonio Canova muove i primi passi nel campo della scultura presso la bottega del nonno materno, Pasino. In breve tempo dimostra di essere un talento molto promettente e continua il suo apprendistato a Venezia, dove frequenta studi di scultori e la Pubblica Accademia del Nudo. Nel 1777 si trasferisce a Roma, dove la sua arte diventa apprezzata e richiesta dalle corti di tutta Europa. Nel 1804 diventa il ritrattista ufficiale di Napoleone e della sua famiglia.
Maestro indiscusso del Neoclassicismo, definito il «nuovo Fidia», Canova realizza opere uniche per l’armonia delle forme e la bellezza dei soggetti, di cui la maggior parte ispirati alla cultura della Grecia antica.
Canova sarà molto impegnato nella tutela e valorizzazione del patrimonio artistico della nostra penisola. Nel 1802 viene nominato Ispettore Generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato della Chiesa. Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, attraverso una lodevole azione diplomatica riporta in Italia numerose opere d’arte che l’imperatore aveva portato illegalmente in Francia. Antonio Canova si spegne il 13 ottobre 1822 a Venezia.
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