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La divisione di Syriza e i rischi
per la tenuta della democrazia

4 minuti di lettura

Domenica 2 Agosto, a quasi un mese di distanza da quel celeberrimo e ormai storico 5 luglio, si terrà in Grecia un altro importante referendum, questa volta interno al partito di Syriza, per decidere quale sarà la linea che il governo deve seguire rispetto al terzo stanziamento di aiuti. Il premier greco non ha esitato a tuonare nell’assemblea del partito, lanciando un ultimatum ai dissidenti, evocando lo spettro delle elezioni. Sul fronte opposto si pone l’ex ministro, Panajotis Lafazanis, che sostiene con convinzione che «il partito non ha il diritto di farsi portatore di un terzo memorandum di austerità» mentre, per quel che riguarda la proposta del referendum all’interno di Syriza, ha commentato: «quanti referendum dobbiamo fare?». Nella partita tra la maggioranza vicina al premier e la minoranza dissidente, un ruolo fondamentale è quello giocato dal Fondo Monetario Internazionale che deve decidere se operare un taglio del debito, proposta auspicata anche dai dissidenti.

economia-2015-06-grecia-tsipras-referendu-bigE proprio a questo proposito, un alto rappresentante del Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che il Fmi ha iniziato a discutere con la Grecia di un nuovo prestito, ma che questo verrà concesso solo se si deciderà come e quando ci potrà essere un alleggerimento del debito pubblico ellenico. Un messaggio che si presta a più letture. Da una parte il taglio o alleggerimento del debito è una delle richieste fondamentali del governo di Atene. Dall’altra, tuttavia, lo stesso Fmi sottolinea che «i partner europei, per concedere una riduzione del debito, vogliono prima poter vedere concludersi le riforme messe in cantiere dalla parte greca». È chiaro che si tratta di pressioni a catena: il Fondo Monetario sembra pressare l’Europa affinché accetti il taglio del debito e i creditori — partendo dalla Germania — chiedono ad Atene di votare subito tutte le «riforme richieste».

In questa situazione si inserisce la delicata posizione dell’ex ministro dell’economia Yanis Varoufakis, che, ben lungi dal pensare di ritirarsi dalla scena politica, sta muovendo una cerchia di intellettuali che andrebbero in suo sostegno nel caso di elezioni anticipate. Oskar Lafontaine per catalizzare i nemici della Cdu, James Galbraith per progettare sviluppo senza altri dazi sui poveri, Paul Krugman e Joseph Stiglitz per consulenze alla voce “lotta all’austerità”. È la potenziale squadra, tra posizioni alla luce del sole e altre più defilate, dell’ex ministro delle finanze di Atene Varoufakis che, dopo essere stato messo da parte dal premier Alexis Tsipras, si è reso conto che in Europa c’è molto spazio per le sue teorie. Da non poco è emersa l’esistenza di un cosiddetto piano B per il salvataggio della Grecia, consistente in un’operazione di hackeraggio e controllo dei conti dei cittadini greci con conseguente creazione di una moneta parallela, con cui effettuare pagamenti e transazioni. Il piano sarebbe stato poi rifiutato dal premier la sera stessa delle elezioni da Tsipras, determinando così le dimissioni del ministro. L’obiettivo del premier ora è infatti prendere tempo sulle decisioni da prendere, accettando però, di fatto, i diktat imposti dalla ex Trojka, aspettando l’esito delle elezioni di Settembre in Spagna e Portogallo, che, in caso di vittoria di Podemos, darebbero un forte sostegno alla posizione contrattuale della Grecia in Europa.

Varoufakis

La decisione di convocare un referendum interno al partito per domenica è quindi una mossa con cui il premier, di fatto, mette fuori gioco l’opposizione interna. Chiamata a scegliere se approvare o meno la linea del governo, la minoranza viene due volte ricattata. Da un lato, su di essa grava la responsabilità di un’eventuale caduta del governo, e dall’altro, la prospettiva delle elezioni non è una strada che avvantaggerebbe i dissidenti. Avendo votato a gennaio e quindi non essendo trascorso più di un anno e mezzo dalle ultime consultazioni, si andrebbe al voto senza voti di preferenza ma con solo voto alle liste. Ricordiamo che il deputato eletto con il record delle preferenze a Gennaio è proprio quel Yanis Varoufakis che oggi è al centro di un fuoco incrociato di accuse, dall’incapacità di negoziare a quella di aver tentato un golpe.

In questa situazione confusa chi ne trae vantaggio è proprio quella Trojka, che, dietro alle facce sorridenti delle dichiarazioni di apertura, esige la realizzazione di tutte quelle misure di austerità che, nonostante le belle parole di Tsipras, il referendum del 5 luglio aveva rigettato.

In un recente intervento, pubblicato su il manifesto del 29 Luglio, il sociologo portoghese Boaventura de Sousa Santos sostiene che il caso greco sia il laboratorio per due esperimenti che si stanno conducendo in Europa. Il primo esperimento è uno stress test sulla democrazia, la cui ipotesi di fondo è la seguente: la volontà democratica di un paese forte può abbattere non democraticamente la volontà democratica di un paese debole senza intaccare la normalità della vita politica europea. Ciò avviene neutralizzando decisioni democratiche attraverso istituzioni Boaventura-Sousa-Santosnon elette, leggasi FMI, BCE e Commissione Europea e tramite la demonizzazione mediatica del paese più debole, come fannullone o fraudolento. Il secondo esperimento in atto è un tentativo di liquidare definitivamente la sinistra europea ed è raggiungibile attraverso vari punti: uno consiste nel far credere agli elettori che i partiti di sinistra non li rappresentino. Ora che Syriza è stata costretta a bere la cicuta dell’austerità – nonostante il «No» del referendum greco convocato da Syriza stessa – gli elettori saranno sicuramente portati a concludere che, comunque vada a finire, anche i partiti di sinistra abbiano fallito nel rappresentarli.

Il dato che quindi emerge con triste evidenza da questa descrizione è una delegittimazione delle forze di sinistra, la quale non può che portare ad una spirale recessiva che dalla Grecia si estenderà a macchia d’olio in tutta l’Europa. Lo scontro tra la maggioranza, schierata col premier, e le minoranze di Syriza, ha come unico risultato un indebolimento ulteriore del potere contrattuale della Grecia e quindi dei suoi cittadini. L’indebolimento del sistema democratico passa quindi, come sempre, attraverso la divisione della sinistra.

 

 

 

 

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Francesco Corti

Dottorando presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano e collaboratore dell'eurodeputato Luigi Morgano. Mi interesso di teorie della democrazia, Unione Europea e politiche sociali nazionali e dell'Unione. Attivo politicamente nel PD dalla fondazione. Ho studiato e lavorato in Germania e in Belgio.

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