Senza contare ciò che è stato prima. Due guerre mondiali, i campi di sterminio, i gulag, l’haparteid, i genocidi, altre guerre. Storia dello scorso secolo che sembra ripetersi anche se forse procede lineare. I campi di rieducazione, la libertà a punti come la patente. L’idea che lo Stato possa controllare, spiare, reprimere, usare violenza, segregare. Arbitrariamente, senza dare spiegazioni o mentendo ufficialmente davanti a un mondo che distrattamente chiede spiegazioni e si fa andare bene una evidente menzogna.
Mette i brividi sapere che, mentre si discuteva cosa scrivere nella Dichiarazione universale dei diritti umani, oltre a chi considerava i diritti fondamentali come una grazia da concedere, c’era anche chi rivendicava il diritto di poter decidere la soglia di crudeltà e disumanità della pena da infliggere a piacimento.
Sono passati poco più di sessant’anni da allora. Gran parte delle Costituzioni democratiche e la stessa Dichiarazione universale dei diritti umani riconoscono alla persona diritti inviolabili finanche dallo Stato. Anche quando si entra nel campo penale, almeno sulla carta, presuppongono l’innocenza, garantiscono un giusto processo e condannano la crudeltà della pena che, come chiesero già gli inglesi a Guglielmo d’Orange al tempo del Bill of Rights, deve essere proporzionale al reato commesso e finalizzata al recupero del reo che si è comportato in modo antisociale.
Chi ha avuto occasione di mettere piede in carcere, al di là di casi al limite della mostruosità e subumanità, dice che quando si incrocia lo sguardo di chi si trova al di là delle sbarre ci si guarda allo specchio. Dentro e fuori la stessa umanità. Ciò che la distingue è uno sbaglio che nessuno di noi vorrebbe commettere e che tutti potremmo trovarci a commettere per le ragioni più diverse e insondabili.
Fuori di retorica e senza buonismo. Uno sbaglio che se per la legge è punito con la reclusione è giusto che chi lo ha commesso sconti una sanzione proporzionata alla gravità del reato e alla capacità a delinquere. Ma non è scritto da nessuna parte che la privazione della libertà debba trasformarsi in segregazione, supplizio e scuola di criminalità quando invece dovrebbe essere ravvedimento, redenzione, dissuasione e recupero alla società di buoni cittadini. Dignità e giustizia per chi è stato offeso e per chi ha offeso al quale se meritevole, senza populismi forcaioli, come scrive Glauco Giostra su la Lettura del Corriere della Sera del 5 gennaio 2020, deve essere offerta l’opportunità di riabilitazione sociale.
Non possiamo considerare crudeltà e disumanità concetti relativi all’interno di uno stato che pretendiamo sia di diritto. Dobbiamo sapere che se oggi lasciamo calpestare la dignità degli altri, nulla impedisce che domani possa essere calpestata la nostra. Libertà e diritti si possono perdere un poco alla volta. Accrescerli significa porre una questione di rispetto per gli altri e per noi stessi. Affermare che in teoria e nella pratica quotidiana l’umanità è l’unico gradiente di civiltà.
Ne abbiamo parlato nel Bar Europa al Rock Night Show su Radio Godot con Alessandro Capriccioli, presidente della II Commissione “Affari europei e internazionali, cooperazione tra i popoli” del Consiglio regionale del Lazio.
Buon ascolto!