C’è un vivere e un condividere che in precisi momenti e in determinati spazi si fa subito comunità. Dove abbracci spontanei di sconosciuti avvolgono in profondità, fino al cuore. A Mandrea (TN) un italiano modellato dall’estero ha inaugurato un festival, che da otto anni raduna fricchettoni. In uno spiazzo verde sorvegliato dalle montagne, che trattiene le note gridate soltanto per loro. Si mangiano piatti africani e ci sono molti fratelli in giro, che ridono fumano e picchiano sicuri sui tamburi.
Da una parte stanno le tende, tutte accalcate le une sulle altre, ad azzerare le distanze di spiriti nudi, che salvano le farfalle. Di fronte un prato verde, con gli stand, il palco, la chilling area, le docce, sedie e tavoli costruiti in autonomia. Piantine appese e lampadine, decorazioni fatte con lentezza, usando le mani. Tra le tende e sulle amache si suona e si balla e vino e birra scaldano spiriti già sciolti. Più di tutti negli occhi entrano i bambini, con il loro spazio dedicato, e la voglia oltre i confini.
Vibranti. Le performance dei gruppi attivi sulla scena inglese, tre dei quali originari di Bristol quest’anno. I ballerini, sotto il palco a pogare, amici felici senza briglie. Le sensazioni sfregate sulla pelle, innescate da un sorriso, un abbraccio, uno sguardo sereno. Le spontaneità diffuse, che chiedono senza paura di non ottenere risposta.
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Attività autogestite e organizzate, in capannelli che si ritrovano per lo yoga, l’acroyoga o sedute di diverso tipo, di climbing e teatro, o legate alla natura, all’ambiente o ad altre forme di cultura. I laboratori si affiancano alle escursioni: la vallata che sorveglia le propaggini nord del lago ben si presta a creare situazioni. L’ambizione è l’esperienza diffusa, più formativa e meno impattante sul territorio. Stirare il festival su un periodo più lungo, farlo respirare al ritmo del circostante.
Scrivono del Mandrea su molte testate conosciute, dal The Guardian, che lo annovera tra i migliori dieci festival, al The Telegraph che lo chiama uno degli ultimi raduni hippie. Una serie di complicazioni burocratiche e gestionali ne ha recentemente minacciato la sopravvivenza nel formato festival. Un pozzetto troppo vicino al palco centrale, altri manufatti di cui il patron Eliseo Soardi, insieme all’associazione Mandstock, ha dovuto disfarsi. Contadino, oltre che musicista, voleva arrivare a farne un agricampeggio. Gli aiuti dal comune sono stati miseri, spiegava nel 2018 in un’intervista al Giornale trentino, negata anche la presenza dei vigili del fuoco, presenti invece in altri festival.
Atteggiamento controproducente, considerato il consenso mai scarico sui social e gli articoli sulla stampa nazionale e internazionale. Ma la bellezza del Mandrea viaggia ancora sulle note dolci della musica e dei pensieri liberi, dei corpi svestiti, dei gesti mai trattenuti e sempre armoniosi. Si dice musica “in levare”: reggae, dub, elettronica e rock. Qui la line up dell’ultima edizione.
Fonte immagine di copertina: www.festicket.com
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