«E di nuovo, immensa
sconfinata, ricomincerà
la vita, senza occhi, senza parola
senza pensiero».
Con questi versi del poeta Nazim Hikmet si apre questa storia intesa e dura, di perdita di sé e rinascita. Una storia al femminile pubblicata da Feltrinelli nel 2007 e che nasce dalla penna di Elvira Dones, scrittrice e sceneggiatrice di origine albanese che vive tra la Svizzera e gli Stati Uniti: Vergine giurata. Per la prima volta composto dall’autrice direttamente in lingua italiana, idioma scelto tra gli altri per il suo intrinseco calore stilistico e la sua duttilità che le dà la possibilità di passare dal massimo realismo al massimo lirismo poetico, proprio come la protagonista della storia, Hana.
Hana è una studentessa di Lettere dell’Università di Tirana, orfana di genitori persi in un incidente, vive nelle montagne del Nord dell’Albania con lo zio Gjergj e la zia Katrina, in una tipica kulla di pastori. La sua vita procede in modo sereno nella città universitaria tra arte, poesia e un amore che è quasi sul punto di nascere. Hana è silenziosa, timida ma molto forte e appassionata, ama la città e ha grandi progetti per il suo futuro:
«Hana si è innamorata profondamente del poeta Hikmet. È anche per questo, forse, che ama Tirana. Qui puoi scoprire nuove passioni e fare nuove conoscenze, come Hikmet e le nuove parole della sua lingua, come gli scrittori che sui monti non verranno mai».
A un certo punto però la sua vita è costretta a cambiare: zio Gjergj si ammala gravemente e ha bisogno di medicine e cure che sulla montagna faticano ad arrivare, non vuole trasferirsi in città perché la montagna è parte di lui e non ha eredi tranne Hana. Nell’arco di pochi mesi è però zia Katrina a morire improvvisamente, lasciando Hana a occuparsi della casa e dello zio, reso sempre più rude e dispotico dalla malattia. Gjergj decide che vuole a tutti costi trovare un marito per la nipote prima di morire, così presenta un paio di ragazzi a Hana che li rifiuta con rabbia sentendosi privata della propria indipendenza. Hana decide quindi di trasformarsi in quella che nella tradizione del Kanun dell’Albania del Nord viene detta una “vergine giurata”: una donna che per mantenere l’onore e il patrimonio di famiglia, pur essendo ancora nubile, si trasforma anima e corpo in un uomo, lavora da uomo, si comporta da uomo, vive da uomo.
Così nelle fredde montagne albanesi la ragazza si imbruttisce e rinnega la propria femminilità, i propri sentimenti e i propri bisogni per sopportare la fatica del freddo, del lavoro, della solitudine e della mentalità chiusa del posto. In questa autorepressione solo la poesia e la consapevolezza della propria forza e tenacia la rendono in grado di continuare, finché la cugina Lila, da anni emigrata negli Stati Uniti, non la convince, dopo la morte dello zio, a infrangere il suo personale giuramento per raggiungerla a Washington.
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Qui a fatica, come un animale selvaggio addomesticato a poco a poco, Hana riprende la consapevolezza del proprio corpo, della propria femminilità, delle proprie pulsioni e desideri e si lascia andare alla vita che fino ad allora aveva solo cercato di controllare. Grazie all’aiuto di Lila, solare e sensuale all’opposto di Hana, e della sua famiglia, in particolare della figlia Jonida, Hana trova un lavoro, una casa, un amore e una nuova città con le tante opportunità di cui aveva sempre avuto bisogno e soprattutto trova il modo di conciliare il suo passato e il suo futuro, il suo essere donna e l’uomo che fino ad allora si era costretta ad essere.
Scorrevole, duro e commovente insieme, il testo ha una struttura particolare, che alterna i ricordi di Hana della vita sulle montagne alla nuova storia in America. Scritto in una lingua semplice, è in grado di adeguarsi agli stati d’animo in continuo cambiamento della protagonista.
Consigliata anche l’intensa versione cinematografica dello scorso marzo, con Alba Rohrwacher diretta da Laura Bispuri.
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