Non esiste “coccodrillo” che possa tratteggiare la figura di Antonio Cendamo. Non può l’inchiostro tracciare il segno della sua personalità tragicamente beffarda. Non può il ricordo evocare l’anima di un artista al tempo stesso così limpida, e tuttavia impenetrabile.
Celato in un’apparenza ai limiti del farsesco, il segreto di una pittura tormentata ed archetipica resta inviolabile per chi non abbia avuto la ventura di conoscerne il demiurgo.
“Di mano franca” è il miglior complimento che si possa rivolgere ad un artista: e quella mano franca Cendamo l’aveva, senza dubbio. In perfetta somiglianza alla sua mente, il tratto così sicuro, noncurante del mezzo e del supporto, esprime con vivida e lucente chiarezza le parole di un linguaggio oscuro. Ma è un altro discorso.
Cendamo resta nel ricordo anche nell’irriverenza di cui era oggetto, anche nella scioccante ed assurda semplicità di un uomo che, per usare le acute parole di un amico, ha saputo rompere i codici della cultura convenzionale e sovvertire le regole del mercato della pittura, ben conscio delle conseguenze. E sono quelle stesse conseguenze ad averne fatto la paradossale fortuna: non la fortuna effimera e volatile del danaro, sempre trattato come odiosa necessità, ma quella più sincera e disinteressata dell’umana simpatia, quella che ha portato a fare di lui un elemento insostituibile del variegato tessuto sociale udinese. Una simpatia spesso dimentica dell’inquietudine del cantore perentorio di storie inesprimibili, ma una simpatia della quale ogni artista desidera, in segreto, la fraterna presenza: non la simpatia che porta alla grandezza temporale, ma quella che conduce al fulgore di un assoluto esistenziale, quella che ne riconosce, spesso inconsciamente, la statura interiore anche in un breve e terreno momento.
Così Cendamo scompare, nella stessa imprevedibile, spontanea e silenziosa maniera con cui usava comparire. Ma sarà l’ultimo, fulgido atto nel suo inimitabile modus vivendi: in nessun modo la sua mancanza potrà scomparire nello stesso subitaneo nitore di un’anima purificata dal peso insopportabile che portava con sé.
Compermesso.
L. F.