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“Roger Waters. The Wall”: un omaggio
al rock che abbatte i muri

4 minuti di lettura

Si dice che la musica possa approdare ad una sola delle diverse sponde dell’oceano artistico: canzone impegnata o disimpegnata? Priorità alle parole, al loro messaggio, o alla cura del tappeto sonoro, e quest’ultimo scarno e immediato o sofisticato? Insomma, la musica ha davvero qualcosa di politico da dire o deve “solamente” emozionare, far vibrare il sangue del nostro cuore?

Roger Waters

I Pink Floyd hanno rivelato la sterilità di queste contrapposizioni così nette, plasmando sonorità inimitabili nello scenario del rock: fra i due esiti opposti è possibile solcare onde mai prima esplorate; questo è stato il grande merito della band inglese, che negli anni Settanta ha problematizzato e sviscerato concetti propri del dibattito culturale del tempo – rapporto potere-popolo, solitudine, denuncia dello showbiz, alienazione dell’individuo nella società capitalistica – attraverso la cura maniacale del suono.

Il testamento dei Pink Floyd, e più in generale del rock anni Settanta, è The Wall, perfetto esempio di questo connubioLe canzoni sono famose, è difficile non averne mai sentito le note: Another brick in the wall (specie l’abusata parte II), Comfortably numb ed Hey you hanno segnato più di una generazione e fatto la fortuna degli insegnanti di chitarra. Dunque, ora si vuole chiarire la complessità del progetto musicale The Wall, senza un’analisi brano per brano. Oltre (ovviamente) al genio interiore di Roger Waters, le colonne di questo grande edificio artistico sono essenzialmente tre: eco dei dischi precedenti al ‘79, influenza esercitata dal formato del vinile, evoluzione dei tour dagli anni Ottanta al 2013.

Roger Waters The Wall

La genesi dell’album rivela come l’isolamento, con tutte le sue sfumature psicologiche e sociali, sia un tema già caro a Waters e compagni, allo stesso modo della forma conceptovvero un susseguirsi di canzoni fra loro dipendenti, e non più scollegate l’una dall’altra. Il primo concept album è il noto The dark side of the moon (1973) analisi della folle quotidianità occidentale: soldi, corsa al successo, e intanto il tempo scorre e gli affetti sono sempre più distanti. Poi è il turno del meraviglioso Wish you were here (1975) – fra i più emozionanti della band – che denuncia il perverso sistema dello show business, colpevole di aver stroncato la carriera artistica di Syd Barrett, a cui è dedicato il disco, ma soprattutto grande omaggio all’amicizia e a ciò che si porta dietro, in tutta le sue sfaccettature e complessità.

La trilogia concept finisce con Animals (1977), allegoria animale della società inglese, classificata in pecore, maiali e cani, su esplicita ispirazione a Orwell. Per Waters le storie della vita sua, segnata dalla perdita del padre in guerra e dal recente divorzio, e dell’ex leader Barrett, divorato dalle droghe e dalla propria mente, saranno fondamentali per la nascita della trama di The Wall (1979). Pink è un cantante soffocato dal muro che si è costruito a forza di disastri affettivi, e di concerti alienanti, a cui accorrono fiumi di ragazzi senza identità che pendono dalle labbra del loro idolo.

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Poi, l’oggetto vinile è un altro fattore che ha contribuito allo sviluppo dell’opera, e su cui poco, davvero troppo poco, ci si sofferma. A maggior ragione perché, trattandosi di un concept, la struttura delle canzoni accompagna quella del pensiero sostenuto. In quegli anni la produzione è decisa soprattutto dalla durata dei vinili: in un 33 giri a ciascuna facciata corrisponde poco più di una ventina di minuti di musica, e capite bene come ciò sia stato influente in fase di composizione. I Pink Floyd dovevano tornare alla ribalta dopo il successo da record di Dark side e lo scarso risultato raccolto da Animals. Tra registrare un disco di quarantacinque minuti o uno di un’ora e mezza (disco doppio) le casi discografiche spingevano sempre per la prima opzione, che garantiva un ascolto più sereno. Poco prima della pubblicazione The Wall era un disco triplo. Roger Waters aveva preparato non due facciate, ma ben sei. Al termine di una sofferta fase di taglio e di riduzione ecco il profilo definitivo del vinile: una struttura bipartita con Goodbye cruel world che divide i due dischi e che nella trama rappresenta il momento di completamento del muro.

Roger Waters

A inizio mese è uscita su la Repubblica un’intervista in cui Roger Waters presenta l’uscita del film sul capolavoro della sua vita. Il 29 Settembre nei cinema di tutto il mondo e solo in Italia anche per i due giorni successivi, uscirà infatti Roger Waters the Wall, pellicola a testimonianza del tour che dal 2010 al 2013 ha portato il cantante su innumerevoli palchi. I fortunati che hanno assistito ad una di queste esibizioni di Roger Waters (fra i quali il sottoscritto) vi racconteranno delle canzoni, del suono perfetto, ma non solo: del maiale volante, dei fuochi pirotecnici che incendiano il palco e gli animi, del coro di bambini, dei giganteschi pupazzi… E vi racconteranno del muro. Mattone su mattone, alla fine della prima parte dello spettacolo il cantante è occultato dalla parete di polistirolo. Inoltre, rispetto ai primi concerti degli anni ‘80/’81, concentrati nella riflessione esistenziale sull’alienazione, lo spettacolo si è fatto più politico

un modo di riflettere sulla nostra apparente indifferenza verso coloro che soffrono, i diseredati, le vittime delle guerre, le persone private della libertà, censurate, sfruttate, verso tutti coloro che sono ai margini della società.

E così, quando la figura del cantante sarà definitivamente annullata dall’ultimo mattone, quando il concerto si sarà fermato dopo Goodbye cruel world, il silenzio sarà avvolto da alcuni visi proiettati sul muro: sono le facce degli ultimi, dei veri eroi del pianeta, le vittime sconosciute della guerra, donne, bambini e vecchi che sono stati oppressi dal muro dell’inciviltà. E allo spettatore tocca la riflessione più umana di cui il suo cuore sia capace, prima che il concerto ricominci e finisca con le parole di Outside the wall:

All alone, or in two’s,
The ones who really love you
Walk up and down outside the wall.
Some hand in hand
And some gathered together in bands.
The bleeding hearts and artists
Make their stand.

And when they’ve given you their all
Some stagger and fall, after all it’s not easy
Banging your heart against some mad bugger’s wall.
Isn’t this where…

(Da soli, o in coppia, / Gli unici che realmente ti amano / Passeggiano su e giù fuori dal muro. / Alcuni mano nella mano / E altri radunati insieme in comitive. / I cuori teneri e gli artisti / oppongono resistenza. // E quando ti avranno dato tutto / Alcuni barcolleranno e cadranno, dopo tutto non è facile, / sbattere il cuore contro il muro di un folle mascalzone. / “Non è qui che….)

Andrea Piasentini

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