C’è un giovane professore di filosofia italiano che da anni si occupa di pensiero ecologico e diritti animali. Si chiama Leonardo Caffo e no, perdonateci, nonostante lui stesso si dichiari filosofo, è ancora un po’ troppo presto per chiamarlo tale. Il tempo non ha ancora fatto la sua parte. Questo non vuol dire, ovviamente, che Caffo dica cose stupide, o non abbia nulla dell’intellettuale autentico. Anzi. È solo che 15 anni passati a pensare (ammettendo, cosa non scontata, che Caffo abbia iniziato a pensare seriamente a 15 anni) non sono abbastanza per far filosofia – quella vera, s’intende.
Nonostante ciò (e questa è forse solo una polemica inutile), Caffo scrive libri interessanti, discutibili, certo, ma interessanti, e dice cose intelligenti. Soprattutto, è fra i primi in Italia ad occuparsi con una certa serietà di ecologia, e questo è bello, bello perché abbiamo bisogno di intellettuali che lo facciano, e bello perché Caffo, essendo un giovanissimo, può farsi portavoce autorevole e fresco di questa nuova tendenza.
Fragile umanità: il postumano contemporaneo
Il libro di cui ora diremo qualcosa è uscito un paio di anni fa per Einaudi, s’intitola Fragile umanità (sottotitolo: Il postumano contemporaneo), e in sostanza ha come tema l’antropocentrismo, ossia quella tendenza umana, tutta umana, a fare dell’uomo (specifichiamo: dell’uomo occidentale) il centro attorno al quale ruota l’esistente. Con l’esistente s’intende tutto, ma proprio tutto, dagli animali, alle piante, dai soli, alle lune. Ribaltare il discorso antropocentrico non è una novità: ci aveva già pensato, da tempo, l’antropologia culturale (Montaigne, i cannibali, ricordate?). Ma Caffo non si limita a questo. Certo, lo ribalta, ma poi lo riconduce entro la categoria filosofica più ampia di specismo.
Le tre trasformazioni
Ed è qui che le cose si fanno interessanti. A questa sorta di rivoluzione copernicana, per la quale non è l’uomo a stare al centro del tutto, ma il tutto a disegnare l’orbita attorno alla quale ruota anche l’uomo, seguono altre due trasformazioni (inclusa la prima, quella copernicana appena detta, Caffo chiama queste rivoluzioni trasformazioni). Come a dire che al mutare dello sguardo sul mondo, muta anche il modo in cui nel mondo si agisce (trasformazione etica) e il modo in cui nel mondo si interviene (trasformazione scientifica). Lo diceva già Spinoza, nel suo libro intitolato Etica, ma che non faceva altro che parlare di metafisica: se cambia il modo in cui pensiamo il mondo, cambia il modo in cui agiamo nel mondo.
Lo specismo
Ora, questa triangolazione imperniata sull’antropocentrismo, e sulle derive scientifiche ed etiche che ne conseguono, si chiama, propriamente, specismo. Lo specismo è la «discriminazione da parte di Homo sapiens delle altre specie animali[…]. Essere specisti significa considerare la vita della propria specie come l’unica vita tutelabile da un punto di vista morale anche se esistono – pensiamo a come trattiamo un cane diversamente da un maiale – diversamente gradazioni di tutela». Insomma, specismo significa che c’è una specie, quella dell’Homo sapiens (ma, non dimentichiamolo, bianco, occidentale, borghese ecc.) superiore alle altre – a qualsiasi altra. Ribaltare il discorso specista significa per Caffo sostenerne il negativo, ossia l’antispecismo.
Good bye Homo sapiens
C’è di più. Se crolla l’antropocentrismo, crolla il suo prodotto: l’uomo. «Ci siamo dimenticati che non siamo da soli». Quando ce ne ricordiamo, quando cioè prendiamo coscienza della fallacia dell’argomento antropocentrico, (quasi magicamente) ecco superato l’umanesimo, ecco che la dignità dell’uomo si affossa, e torna ad essere dove sarebbe sempre dovuta stare: tra quella di tutti gli altri animali\le altre cose. Da qui la possibilità per Caffo di ripensare l’umano, e con ciò di oltrepassarlo. Non niccianamente, s’intende, ma proprio lasciandoselo alle spalle. E questo è il postumano. Eccone la definizione:
«Il postumano contemporaneo è l’anticipazione di uno stato di cose futuro ma di cui si cominciano già a vedere le cause nel “qui e ora”. Se il postumano viene inteso, dopo le prime tre rivoluzioni contemporanee (etica, metafisica, e scienza) sul concetto di umano, allora il risultato della mutazione è un mostro a tre teste. Lo stato di cose anticipato è un umano che vive nel rispetto di ciò che si trova fuori di lui, un fuori che vale anche per il singolo umano e dunque si orienta verso i suoi “simili”, e che prende coscienza del suo essere periferico e in relazione continuativa con gli altri»
Dopo la pars destruens, la seconda sezione del saggio si occupa di costruire questa nuova visione filosofica attraverso un percorso di sette tappe. Caffo parte come si parte sempre, ossia con una definizione, per poi spostarsi sul piano etico, cioè dell’agire, su quello interpretativo, su quello artistico e così via, prefigurando questo nuovo modello categoriale non ancora attuale, ma del quale già si vedono le radici nel presente. Questo, in estrema sintesi, il contenuto del libro. Ora tre cose buone e tre cose cattive di Fragile umanità.
Tre cose cattive
Partiamo con le cattive.
In primo luogo, ma questa è una notazione puramente esteriore, lo stile di Caffo; stile che è poco curato, vagamente assimilabile ad un certo tipo di prosa saggistica di stampo anglosassone, fatta di un periodare rapido e poco riflessivo, poco argomentato.
In secondo luogo, ci sembra, una comprensione superficiale del pensiero di Nietzsche e di Heidegger. Ma soprattutto di Nietzsche, spesso chiamato in causa con la sua dottrina del superomismo e per lo più frainteso. Tristemente frainteso. Addirittura capita che lo si associ, dopo decenni e decenni di discussioni, alle parole del Mein Kampf di Hitler.
Infine, ed è questa la pecca più grave, il discorso di Caffo resta perlopiù infondato, appigliandosi ad argomenti deboli e poco sviluppati, spesso in maniera retorica. Così, ad esempio: «Nei soli Stati Uniti d’America, in un solo anno, e riferendomi soltanto ai grandi mammiferi, vengono uccisi cinquanta miliardi di animali per motivi alimentari. Vorrei ripeterlo: cinquanta miliardi». Qui si scade in quel moralismo di bassa lega che, è palese, non convince nessuno, perché nessuno vi si sente chiamato in causa.
Tre cose buone
Ma ci sono anche cose buone. E forse la prima di queste è il riflesso dell’ultima delle cattive. Se Caffo non ha dato ancora al suo pensiero un taglio strettamente teoretico, se ancora rimane un tantino retorico, ciò può solo significare che è questo che dobbiamo aspettarci da lui, perché lui, in effetti, può farlo. Ci piace dunque considerare il testo di Caffo come un primo passo in direzione di un più ampio approfondimento dei problemi dell’ecologia e del postumano.
Poi, Caffo con il suo libro ha aperto una questione cruciale per il pensiero ecologico, e cioè ripensare il corpo. Una nuova filosofia della natura implica una nuova filosofia del corpo, magari vicina all’Oriente, magari che ripensi totalmente il corpo in connessione con l’ecologia. Che ne è del corpo umano, infatti, quando di umano non si può parlare più? Questo problema Caffo lo vede benissimo, e nel libro Fragile umanità abbozza una prima riflessione verso una nuova filosofia del corpo.
Infine, per la sensibilità, rara ancora, che Caffo mostra e ha mostrato, ormai da anni, alla complessa questione dell’ecologia. La pubblicazione di saggi come il suo, per certi aspetti ancora acerbi, hanno il raro pregio di diffondere una verità ancora poco diffusa, e cioè che noi, tutti, non siamo altro che scimmie, o poco più – e finché non ci riconosceremo come tali, scimmie tra scimmie, il rispetto per tutto ciò che non è Homo resterà sempre manchevole, o, peggio, diverrà sinonimo, come è successo, di sopraffazione. Insomma, abbiamo bisogno di un nuovo pensiero ecologico.