Il Crogiuolo, dramma in quattro atti scritto da Arthur Miller nel 1953, è un esempio di letteratura imprescindibile. Testo più politico che letterario, il dramma di Miller sfrutta il processo alla streghe di Salem per criticare la politica del sospetto e della paura sorta con la Guerra Fredda, e il maccartismo da spionaggio per pivelli in cui in ogni individuo, all’infuori di sé, vedeva nell’altro un nemico, una spia russa, una strega.
1. Per comprendere che la Storia si ripete
Arthur Miller non fu solo drammaturgo, ma anche giornalista. Il suo intento con Il Crogiuolo era descrivere la ciclicità della storia, il ripetersi incessante di errori ed eresie politiche che portano l’uomo a commettere sempre gli stessi errori. Per farlo, Miller sceglie di ambientare il suo dramma nel 1692, anno del processo alle streghe di Salem. In questo villaggio del Massachusetts si consumò infatti una carneficina che portò alla morte di 19 persone con l’accusa di stregoneria.
Ragazze vittime di visioni e possessioni da parte del demonio, sabba nei boschi a bere sangue e danzare nude, donne impiccate sulla pubblica piazza: l’immaginario creato da Miller ha tutti gli ingredienti di un falso storico. Falso – perché al processo non furono mai portate prove della colpevolezza degli imputati – nessuno vide donne volare, corna e code spuntare dai loro corpi mentre pendevano dalla forca. Sospetto e paura bastarono per soverchiare l’ordine pubblico di un’intera comunità, e, secondo Miller, essi restano ancora armi di distruzione. La caccia alle streghe prosegue, secolo dopo secolo: basta che si diffonda la paura per vedere un nemico in ogni vicino. Le streghe degli anni Cinquanta erano le spie sovietiche, il maccartismo era il demonio del secondo Novecento.
2. Per riconoscere le streghe
Se il Malleus Maleficarum dava istruzioni su come riconoscere e uccidere le streghe, così Il Crogiuolo ci insegna ad aprire gli occhi per vedere dove si nasconde il male. Abigail Williams ( interpretata da Winona Ryder nell’adattamento cinematografico del 1996) è una giovane crudele e vendicativa: una passione fugace con il contadino John Proctor, e il successivo rifiuto da parte dell’uomo, scatenano in lei il desiderio di liberarsi di Elizabeth, moglie di Proctor, e di tutte le altre donne che conoscevano il suo segreto, così da essere libera di avere il suo amante per sé.
La sua perversione scatena il processo e la serie di morti che ne conseguiranno, mentre la sua persona rimarrà agli occhi dei giudici, dei reverendi, e dei bigotti, quella di una fanciulla pia vittima della magia nera di vecchie streghe. Lo stolto non sa riconoscere il male, quando lo vede: è chi accusa, chi da il via alle maldicenze, ad instaurare nella mente dell’uomo il letale duo, paura e sospetto.
3. Per scoprire che non tutto è perduto
A redimere Salem e porre fine alla caccia è John Proctor: il peso della colpa per il tradimento, la consapevolezza di essere la causa, seppur involontaria, di quel massacro, portano il suo personaggio a sacrificarsi per espiare il peccato dell’intera Salem. Con la sua morte, Proctor smaschera Abigail e il suo piano, riabilitando il nome delle vittime, e salvando la vita di sua moglie, Elizabeth, che Abigail aveva accusato di stregoneria.
Il messaggio finale di Miller è chiaro: la giustizia del singolo può rovesciare le sorti della collettività, può rovesciare la poltiglia di falsità e inganni che si sono mischiati nel crogiuolo dell’ignoranza. Non tanto il coraggio, quanto la dignità, contraddistingue la figura di John Proctor: davanti all’ingiustizia non si può rimanere immobili, per quanto il prezzo da pagare sia alto. E’ la caratteristica dei grandi eroi: il singolo si immola, perché la società sia liberata, ma sembra che i sacrifici non siano mai abbastanza, e che l’uomo abbia, continuamente sete di sangue, e paura delle streghe.
[…] Tre motivi per leggere questo dramma – Frammenti rivista (non a prova di spoiler) […]