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Glass

GLASS – per il sequel di Split e Unbreakable è di vetro anche la trama

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C’è David Dunn, l’uomo praticamente invulnerabile. E c’è Kevin Wendell – o meglio, ce ne sono “un’orda” di Kevin Wendell (di cui alcuni particolarmente pericolosi), a causa di un’incredibile forma di schizofrenia che dà vita a 24 personalità. C’è Casey Cooke, in fuga da una di queste, la bestia, e c’è Elijah Price, “l’uomo di vetro”, da cui il titolo. Si tratta, a detta del produttore Jason Blum, di una sorta di film di supereroi, anche se totalmente diversi dal modo in cui siamo abituati a dipingerli; e infatti Glass – il nuovo film di M. Night Shyamalan contiene un certo numero di riferimenti alla cultura Marvel e Dc, ma si distacca dal genere per trama e stile.

Glass

Messaggio intrigante, resa scarsa

Un esperimento, dunque. Un esperimento che avrebbe potuto riuscire molto meglio – o anche molto peggio, a dirla tutta – ma che ha, se non altro, un non so che di intrigante. Glass porta avanti un discorso stimolante, affrontando il tema del super potere in continuo confronto con la visione che l’uomo ha di sé stesso. Sottinteso senza dubbio attuale e meritevole di interesse e riflessione, ma reso in maniera scarna, in un contesto di dialoghi estremamente verbosi e tuttavia privi di contenuti, con un low-budget immotivato che sembra voler giustificare l’assenza quasi totale di azione nel film.

Neanche la presenza di ottimi attori riesce a salvare la pellicola: James McAvoy, Bruce Willis e Samuel L. Jackson danno senz’altro “un tono alla stanza”, risultando credibili e piacevoli in tre personaggi acrobatici, ma niente di più. A rimanere invece penalizzata è Sarah Paulson, bloccata in un carattere che appiattisce e nasconde il suo grande talento.

Il lato positivo

C’è comunque del buono in Glass, a partire dall’utilizzo sapiente del colore e dalla direzione ostinata e contraria rispetto al classico mondo del super potere, che da anni è bloccato nel nostro immaginario e gravita attorno ad un’unica visione (salvo rare eccezioni). Fino ad arrivare all’organicità con il micro-universo che si era già creato con Unbreakable – a cui il film rimanda fin dal titolo – e Split, nonostante la distanza intercorsa tra una pellicola e l’altra.

Insomma, Glass non è un film da Oscar. Non è un capolavoro, non è un film che tocca per profondità di contenuti, non fa riflettere né entusiasma con effetti speciali mozzafiato. Ma non sono questi gli obiettivi che Shyamalan si è posto nel girarlo: Glass rimane un sequel piacevole, che se non altro per coloro che hanno apprezzato gli altri due titoli della saga vale la pena di vedere.

 

Marta Mantero

Sulla carta c'è una ventitreenne laureata in scienze delle relazioni internazionali.
Sulla pelle ci sono i libri, la musica, il buon cinema e il mare mosso.
Nella pancia c'è il teatro.

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