Gli “Elfi” sono abili prestigiatori di storie: dopo l’imponente affresco sull’Afghanistan (candidato come migliore spettacolo ai Premi Ubu, cfr. le nostre recensioni), nel periodo natalizio propongono Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, riduzione teatrale di Simon Stephens dal best-seller di Mark Haddon. Il romanzo racconta, come in un poliziesco, le avventure di Christopher, un adolescente testardo e curioso con sindrome di Asperger. Quello che a prima vista sembra un ingenuo racconto in prima persona, nella prospettiva straniante di un ragazzo “diversamente sensibile”, si trasforma in un toccante romanzo di formazione. Il meccanismo narrativo ruota infatti intorno al concetto di “strano”: ciò che per noi è normale, ad esempio l’espressività facciale, l’uso delle metafore nel linguaggio corrente, scansare la folla, prendere un treno o la metropolitana, per Christopher è “strano”, un mondo arduo da comprendere. La sua storia personale però ci mostra che la cosiddetta normalità è solo un’etichetta di comodo: la vita è speciale, riserva sorprese a ogni angolo, disintegra certezze e apre nuove porte.
Christopher alla scoperta della vita
Gli Elfi affrontano la storia del quindicenne Christopher con delicatezza poetica. Il giovane protagonista, un talentuoso Daniele Fedeli, è in felpa rossa, unica macchia di colore in un orizzonte di grigi: lo vediamo agire e raccontarsi, anche attraverso le parole del diario (letto dalla sua insegnante, una convincente Elena Russo Arman), mentre cerca di districarsi nel labirinto della vita. Ha alcune fobie e problemi di comportamento: rifiuta ogni contatto, non si fida degli estranei, urla quando qualcosa lo spaventa o lo opprime, ma è un genio in matematica ed è molto coraggioso. Lo sguardo di Christopher sulla realtà è lucido e profondo, guidato dalla logica, che lo porta a scomporre i problemi e formulare una griglia di ipotesi di soluzione; soprattutto, non si accontenta delle risposte dei grandi, sempre velate di sottintesi e ipocrisia. Christopher vuole la verità, anche a costo di soffrire.
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La scena e i disegni
La scena è spoglia, riempita talvolta da blocchi componibili che diventano banchi, sedie, panchine. Ma il vero decoro è creato da tre pannelli, su cui scorrono i disegni in bianco e nero di Ferdinando Bruni, animati dai video di Francesco Frongia. Servono a ricreare il “paesaggio” (la pioggia, il treno, le case, la notte stellata) e soprattutto hanno la funzione di esteriorizzare l’interiorità di Christopher: numeri, punti esclamativi o interrogativi, forme dell’immaginazione. Notevole è ad esempio il momento in cui il ragazzo illustra il suo sogno di diventare astronauta e galleggiare nello spazio siderale: Bruni crea la notte trapunta di stelle, disegna le costellazioni di Andromeda, Orione (ma anche: Micky Mouse!) e poi Christopher che cavalca felice la sua astronave “Star Rider”. La poesia si accompagna all’auto-ironia, come quando la scritta “scende la notte” scivola realmente verso il basso portandosi dietro il cielo scuro e le stelle.
Il mondo fragile degli adulti
Il punto di vista esclusivo su Christopher trasforma il mondo degli altri, cioè il nostro, in una girandola di assurdità. In questa direzione va la scelta della regia (Bruni-De Capitani) di accentuare i caratteri secondari in senso grottesco e caricaturale (poliziotti, addetti informazioni, vicini di casa, tutti bravissimi) e la grande avventura di Christopher verso Londra, fra le insidie di ambienti e gesti sconosciuti, è mimata da una danza-assedio di maschere, indifferenti o minacciose.
La vera fragilità è insita nel mondo degli adulti che dovrebbe proteggere e aiutare il ragazzo. Difficile formulare atti di accusa, contro la madre o il padre, schiacciati dal peso della responsabilità e dalla difficoltà di comunicare con il figlio. Con lui occorre trovare un alfabeto nuovo, da costruire giorno per giorno, imparando uno sguardo diverso sulle cose e l’essenzialità del vivere. Christopher ha imparato che nulla è come sembra, la vita non scorre su rotaie lineari e prevedibili. Eppure la sua incrollabile forza di volontà lo porta a risolvere misteri e anche a superare un difficile esame.
Scrosci di applausi commossi: gli Elfi riescono a non scadere nella melassa dei sentimentalismi (e nel periodo natalizio non è così scontato), ma a restituire la vicenda non solo con una leggerezza delicata, ma anche con quella vitalità fantasiosa che è una loro cifra distintiva. Da vedere.
Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte
di Simon Stephens, dal romanzo di Mark Haddon
traduzione di Emanuele Aldrovandi
regia di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
video Francesco Frongia, disegni Ferdinando Bruni
coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino
fino al 13 gennaio 2019, Teatro Elfo Puccini (Milano)
dal 15 al 27 gennaio 2019, Teatro Stabile di Torino – Fonderie Limone (Moncalieri)