Dopo New York, Londra e Milano, dal 25 settembre al 3 ottobre la Fashion Week Prêt-à-porter Spring/Summer 2019 è finalmente approdata anche a Parigi.
Dopo avervi raccontato i momenti più interessanti e quelli più deludenti della settimana della moda nostrana, torniamo a parlare di sfilate e stilisti con l’ultimo capitolo della stagione che si è chiuso nella capitale francese.
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Dior apre le danze alla Paris Fashion Week
Lo spettacolo della Paris Fashion Week è cominciato il 25 settembre ed è stato inaugurato da Dior, brand che sta guadagnando sempre più consensi grazie alla direzione creativa di Maria Grazia Chiuri, italianissima, prima donna a capo della maison francese che negli ultimi mesi ha rivoluzionato il dialogo tra moda e femminilità, servendosi dei tessuti per lanciare importanti messaggi che rivendicano il ruolo della donna dei giorni nostri.
Alte erano le aspettative, ma Chiuri ha saputo ancora una volta distinguersi, dando vita a un vero e proprio spettacolo, un’esperienza unica all’insegna della danza e, quindi, del tulle, materiale simbolo di una femminilità nude, semplice ma non per questo poco romantica.
Grazie al lavoro della coreografa israeliana Sharon Eyal, ballerini e modelle si sono alternati nel mistico spazio dell’Hippodrome de Longchamp regalando una performance che va sicuramente oltre una sfilata di moda.
Palme bianche e velluto nero
Il brand Yves Saint Laurent con il direttore creativo Anthony Vaccarello, per la loro sfilatala pret-à-porter ha scelto di rendere omaggio proprio a Parigi – lo sfondo è infatti la sua iconica Torre Eiffel – e al suo stesso fondatore, Yves, per cui sono state allestite imponenti palme bianche, chiaro riferimento al Marocco, dove lo stilista ha trascorso un’importante parte della sua vita personale e artistica.
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Nero, scollature, velluto sono stati la cifra di una sfilata che ricorda anche l’influenza che Paloma Picasso ha esercitato su Saint Laurent negli anni ‘70.
Anarchia firmata Gucci
Nuovo protagonista di questa Paris Fashion Week parigina è stato Gucci, capitanato ormai dall’amatissimo Alessandro Michele, personaggio che ha rotto tutte le regole e i tabù del mondo dello stile, dando forma a un brand che in pochi mesi è diventato il preferito dei millenials e non solo.
Anarchico e divertente, Alessandro Michele lascia Milano a bocca asciutta e sceglie per il suo defilè parigino il Théâtre Le Palace, discoteca nel cuore della vibrante Montmartre che tra colori, forme e volumi audaci rigorosamente no gender strizza l’occhio allo stile anni ‘70.
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Passerella stile Hippie
Tra gli altri grandi protagonisti della Paris Fashion Week, Miu Miu sfila al Palais d’Iéna con uno stile hippie e giovanile, mentre il nuovo Celine, all’Hotel des Invalides, perde il celebre accento sulla E e fa di Lady Gaga la sua testimonial, che sfoggia in anteprima la It bag 16.
Balenciaga punta sui colori fluo e un’atmosfera da science-fiction, Giambattista Vialli presenta una collezione dominata dal colore bianco e che si ispira alla libertà e all’indipendenza della Yoko Ono degli anni ‘60, mentre Hermès punta sul materiale della pelle e sui toni del marrone e dell’inconfondibile arancione per uno stile classico, bon ton ma allo stesso tempo grintoso.
Colori dai tropici per Valentino
Sognante è lo spettacolo letteralmente lunare che ci propone all’Hotel des Invalides Valentino che, con il direttore creativo Pierpaolo Piccioli, ci ha abituato a una dimensione romantica e allo stesso tempo estremamente contemporanea, che punta a rendere la semplicità qualcosa di straordinario – un esempio vincente sono le numerose flat shoes, infradito ed espadrillas viste in passerella – e fare della libertà del proprio corpo un valore per tutte le donne.
I colori tropicali ricordano infatti le mitiche donne tahitiane di Paul Gauguin, oggi nuove muse per il genio creativo di Piccioli.
Mode française
A conclusione di questa Paris Fashion Week, è il turno delle due grandi colonne della moda francese, Chanel e Louis Vuitton, che si avvalgono di due location degne della loro caratura.
Se Chanel e il leggendario Karl Lagerfeld puntano ancora sul fascino del Grand Palais per raccontare una donna che scopre il PVC ma che rimane fedele all’intramontabile tweed, Louis Vuitton, diretto da Nicholas Ghesquière, è ospite al Museo del Louvre con una sfilata dal sapore futuristico e geniale che sotto le luci di neon bianchi unisce forme, colori, maniche di tutte le forme per coniare uno stile unico e androgino.
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Genere maschile e femminile si alternano e si scambiano di ruolo fino a fondersi in un modello valido per tutti: segno, ancora una volta, di una nuova generazione emergente che riesce a trarre il meglio dei due mondi per diventare più forte e sicura di sé.
Grandi celebrità
A conclusione di una carrellata di tessuti e nuove idee che interpretano e ripensano la donna contemporanea, non possiamo negare che quest’anno Parigi ha regalato un evento dal respiro internazionale, vicina alle aspettative dei millenials, i nuovi sacerdoti del fashion, e illuminata da una costellazione di stelle, influencers, attori e grandi personaggi che per sette giorni hanno affollato le passerelle più belle della capitale francese.
Tra gli ospiti più attesi ricordiamo Cate Blanchett, Jane Birkin, Rihanna, Kate Moss, Xavier Dolan, Nathalie Portman, Jennifer Lawrence e, ovviamente, l’immancabile reginetta delle sfilate Chiara Ferragni.
Obiettivo centrato
Secondo quanto attesta Publicis Media Italy, anche l’engagement a livello di contenuti online generati dalla Paris Fashion Week è stato notevole: oltre 1 milione di contenuti contro i 650 mila generati dalla kermesse milanese, di cui ben il 47% pubblicato fuori dal confine francese.
Lo conquista del mercato asiatico, il coinvolgimento delle nuove generazioni e la presenza sempre più rilevante del web e, più in particolare, dei social network sono solo alcune delle sfide con cui è costretto a confrontarsi oggi il mondo della moda.
La buon riuscita della Paris Fashion Week è proprio dovuta all’aver centrato il suo principale obbiettivo: parlare a un pubblico sempre più giovane e internazionale, un monito per il futuro che fa riflettere e che apre al confronto con le sfide comunicative della nuova società globale.