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Santa Estasi: “Oreste”, tragedia del gioco e degli imbrogli

3 minuti di lettura

Prosegue il ciclo di Santa Estasi e con Oreste a nostro avviso si tocca uno dei nuclei più significativi dell’intero progetto. Complice l’originale riscrittura ad opera di Pablo Solari, ma anche un potente meccanismo teatrale oliato alla precisione, con interpretazioni scintillanti. L’alchimia creata da questi magnifici giovani interpreti che si danno totalmente, non è solo sintonia di respiro e di ritmo, dinamismo e intensità, ma anche gioco, improvvisazione e divertimento del fare teatro insieme. Un’energia positiva che contagia anche gli spettatori.

Antico e nuovo

Se in Elettra si profilava il contrasto vecchi-giovani, qui tale conflitto esplode dentro l’artificio teatrale. A sottolineare l’epoca tramontata, un divano capovolto e puntellato su due poltrone: nulla è più come prima, l’ordine è stato sovvertito. La porta su ruote separa il mondo antico da quello nuovo. Dietro, in fondo, il lungo tavolo delle grandi occasioni (già protagonista nel primo episodio), a cui siedono tutti i membri della compagnia, i morti (Agamennone, Clitemnestra, Egisto) e i vivi della passata generazione (Tindaro, Elena, Menelao). Sembrano distratti (c’è chi fuma, chi sfoglia una rivista, chi si lima le unghie), ma in realtà stanno sempre in ascolto e all’erta, con lo sguardo che cade di tanto in tanto su quanto succede al di là della porta. Separati, ma partecipi: infatti borbottano, scuotono la testa, commentano e soprattutto si affacciano, perché gli spettri ingombranti di ieri continuano a infestare il presente.

© Brunella Giolivo

Meta-teatro

Sul davanti, un tavolo più piccolo, a cui siede il giovane trio dell’azione (Elettra, Oreste e Pilade). Tutta la prima parte sarà un’effervescente rivisitazione meta-teatrale della tragedia. “Regista” è Oreste, l’irrefrenabile Christian La Rosa: è lui a dare la parola, suggerire gesti, impostazione della voce, entrata dei personaggi, addirittura gli effetti sonori. Assistiamo a iterazioni, prove e controprove di battute, colme di tagliente autoironia. Assai interessante è il labile crinale fra la realtà del personaggio e la sua rappresentazione. Come si raggiunge l’effetto più credibile? Che cos’è la verità? Questione di sguardi. Oreste-regista non ha una direzione univoca: chiede effetti trionfalistici, solenni, che stonano sull’eccesso e il grottesco (memorabili le indicazioni ai bravi Elettra, Marta Cortellazzo Wiel e Menelao, Ludovico Fededegni), ma alla fine vince l’essenziale, la nuda rappresentazione del sé.

La polis

Poiché ora sono i giovani discendenti a dover plasmare il nuovo mondo, la tragedia diventa gioco, che è naturalmente anche scambio, improvvisazione e perfino dialogo politico, quando si apre alla polis degli spettatori. Il pubblico infatti rappresenta la città di Argo. Il vecchio Tindaro (Gianpaolo Pasqualino), padre di Clitemnestra, si appella all’assemblea: poiché Oreste ha avuto l’inaudita impudenza di uccidere la propria madre, ora sia la città a decidere la sua condanna! I due messaggeri (gli strepitosi Isacco Venturini e Alessandro Bay Rossi, capaci di salti tonali e grande trasformismo) mimano il temperamento effervescente dell’assemblea e ne diventano “registi”: prelevano spettatori dal pubblico e dirigono l’orchestra delle reazioni, con effetti esilaranti. Naturalmente il pubblico si è ormai affezionato a Oreste, vorrebbe salvarlo, ma «se volete andare a casa», occorre seguire Euripide, cioè far accadere il mito e pronunciare la condanna a morte!

Progetti di morte e la lezione di Pilade

La seconda parte è quella degli intrecci. Pilade (Andrea Sorrentino), rimasto in proverbiale silenzio finora, assume un ruolo di primo piano. L’amicizia e la dedizione totale a Oreste ed Elettra è sanzionata da un groviglio di corpi e baci furiosi e, fra esaltazione e titubanze, viene organizzato il piano (complici le due simpatiche corifee, Mariasilvia Greco e Barbara Mattavelli ): uccidere Elena, tenere in ostaggio la figlia Ermione per ricattare Menelao e ottenere la salvezza di Oreste. Elena (Barbara Chicchiarelli) è una femme fatale un po’ sguaiata e attaccata alla bottiglia, Ermione (Mariasilvia Greco spumeggiante e in gran forma) una ragazza distratta e vanitosa. Il piano quindi sembra non incontrare ostacoli. A trionfare è l’impeto giovanile un po’ incosciente, sottolineato da un momento di condivisione collettiva: tutti si lanciano in una danza disco-music, in un turbinio che coinvolge anche nelle retrovie Egisto e Clitemnestra, mentre Agamennone sembra un po’ spaesato…

© Brunella Giolivo

Gli eventi incalzano, lo scontro Oreste-Menelao sembra senza via d’uscita, ma ecco il deus ex machina Apollo che mette pace e predice la necessità della purificazione di Oreste. Happy end? Mentre tutti, sorridenti, si uniscono per una foto di famiglia (vivi e morti insieme), ecco l’urlo di Oreste, che prelude al tormento delle Erinni. Ma è interessante soprattutto l’appendice, affidata all’intensa interpretazione di Pilade, che cerca di placare l’amico Oreste e gli consiglia di affrontare le proprie Furie e di mutare sguardo. Non più gli occhi miopi del potere, ma gli occhi lucidi del qui e ora, per vincere le proprie paure. Nella famosa pagina di Mattia Pascal di Pirandello, sopra Oreste si squarciava il “teatrino di carta” ed egli si accorgeva che l’immobilità del mondo arcaico, saldo nei suoi princìpi, è in realtà un moto perpetuo: il personaggio tragico scopriva il dubbio amletico. Questo Pilade del XXI secolo esorta Oreste a recuperare il suo ruolo d’azione, a non farsi soverchiare dalla paura irrazionale o dalle seduzioni del non-essere, anche se questo slancio potrebbe significare la morte. E in questo risvolto inedito scopriamo che gli interrogativi di Euripide sono nostri contemporanei. Diluvio di applausi. Meritatissimi.

Santa Estasi. Oreste
da Euripide – adattamento di Pablo Solari
regia di Antonio Latella
produzione ERT 2016
visto il 22 maggio 2018; replica: 27 maggio 2018 h 15, Piccolo Teatro Studio Melato, Milano

Gilda Tentorio

Grecia e teatro riempiono la mia vita e i miei studi.
Sono spazi fisici e dell'anima dove amo sempre tornare.

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