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Biagio Antonacci e Mario Incudine, quando il pop incontra il “cunto” siciliano

4 minuti di lettura

Dediche e manie è l’ultimo album di Biagio Antonacci, precisamente il 14° disco in studio. Anticipato il 29 settembre scorso dal singolo In mezzo al mondo, l’album è stato pubblicato per la Sony il 10 novembre 2017, e del terzo singolo estratto, nonché seconda traccia dell’album, è da poco uscito il video che ha già superato il milione di visualizzazioni.

Anzi, più che videoclip, un vero e proprio cortometraggio, con la regia di Gabriele Muccino e i protagonisti, oltre al cantautore di Rozzano, sono Beppe e Rosario Fiorello, per la prima volta insieme sullo schermo in veste di fratelli. La canzone vede la partecipazione di un artista poliedrico e straordinario: Mario Incudine. Tanta sicilianità per questa canzone, Mio fratello, che sta spopolando in radio in queste settimane.

La tradizione siciliana diventa mainstream

Mio fratello è la prima canzone pop italiana in cui è presente un’incursione rap ante litteram: il cunto siciliano. Il cunto è una forma di intrattenimento antichissima, documentata fin dall’800 ma presumibilmente la sua genesi è rinconducibile all’Antica Grecia. Il cuntastorie, o cuntista, non si deve confondere col cantastorie. Il cunto è l’arte di raccontare utilizzando solo la cadenza e la modulazione della voce, a modo di recitativo. Un concentrato di intensità vocale e ritmo che conquistava una piazza intera, soltanto narrando storie e leggende con parole, sillabe, suoni gutturali, con la musicalità stessa delle parole.

Da sinistra: Gabriele Muccino, Biagio Antonacci, Rosario Fiorello, Mario Incudine, Beppe Fiorello © Foto di Emanuela Scarpa

«Anche se non hai capito una parola del testo, ti arriva una scarica di suono che ti proietta in un posto, la Sicilia, e puoi percepire i contorni della sua terra. È questa la grandezza del cunto, ha il ritmo ossessivo che ti entra dentro, come un mantra». (Mario Incudine)

È la prima volta che questo tipo di canto compare in un brano mainstream. Gli artisti che hanno seguito il solco della world music, della musica tradizionale e regionale, di solito, per propria vocazione, rimangono ai margini, si cimentano in una espressione artistica “di nicchia” ma che è la rappresentazione di tante, variegate e significative realtà d’Italia. Ed ecco che un pezzo della identità di pochi esce allo scoperto, diventa “popolare”, alla portata e conoscenza di tutti.

Il testo

Musicalmente la canzone ricorda le sonorità di Adriano Celentano, e per stessa ammissione di Biagio Antonacci «è figlia del suo modo di scrivere e di raccontare».

«È la storia di una e mille famiglie, in cui un fratello si perde e l’altro resiste nell’attesa di vederlo tornare. Quando questo ritorna e bussa alla porta, la certezza del perdono è così forte da scacciare via il passato. Il brano è quindi la metafora di una festa, perché quando si perdona qualcuno è sempre un giorno felice, che prelude al cambiamento e che elimina ogni dolore». Biagio Antonacci

È un pezzo epico, biblico. È la parabola laica del figliol prodigo 2.0, la dicotomia tra bene e male, tra buono e cattivo, tra giudice e imputato. È una canzone scritta con leggerezza, senza retorica, tanto da diventare un pezzo universale.

«Mi fa pensare ad Antigone, alla giustizia dell’Uomo e a quella degli Dei, il valore del perdono, della riconciliazione e dell’accoglienza: per ogni uomo salvato, si festeggia sempre». (Mario Incudine)

Mio fratello era forte ribelle e più bello di me
Avevamo una donna in comune e una macchina in tre
Mi faceva conoscere gente che poi malediva
Mi parlava di stati sovrani e di nuove famiglie
Mio fratello rubava le sedie per stare più su
Mi diceva che tanta fortuna sarebbe arrivata
In un piccolo pezzo di terra mio padre pregava
Lo guardava negli occhi e temeva di averlo capito

Rit. Salvo l’uomo che bussa alla mia porta
Salvo l’uomo che canta alla finestra
Salvo l’uomo che scrive
Salvo l’uomo che ride
Salvo l’uomo e sarà un giorno di festa
Mai più mai più mai più mai più dolor

Mio fratello un bel giorno è sparito
E non ha ringraziato
C’è mia madre che ancora lo aspetta per l’ora di cena
Lui non era cattivo ma aveva un destino scolpito
Non lo cerco perché se lo trovo lo ammazzo da me

Rit.

Tu ça talii a mia pensa a taliari a tia
Lassami campari nuddu mi po’ giudicari
Tu ça talii a mia pensa a taliari a tia
Lassami cantari chista è sulu na canzuni
Calatili tutti li occhi se vi truvati davanti a li specchi
Ca tuttu chiddu ca nun si pò ammucciari
Agghiorna come la luci do suli
Tira la petra cu è senza piccatu
Nun c’è cunnanna nun c’è cunnannatu
Haiu vistu lu munnu vutatu
La pecura zoppa assicuta lu lupu

[Tu che guardi me, pensa a guardarti
Lasciami vivere, nessuno può giudicarmi
Tu che guardi me, pensa a guardare te stesso
Lasciami cantare, questa è solo una canzone
Abbassate gli occhi quando vi trovate davanti allo specchio
Tutto quello che si può nascondere
prima o poi verrà a galla
Scagli la pietra chi è senza peccato
Non c’è condanna, non c’è condannato
Ho visto il mondo sottosopra
La pecora zoppa inseguire il lupo]

Rit.

Chi è Mario Incudine

Originario di Enna, Mario Incudine è cantante, compositore, polistrumentista, attore e regista teatrale, nonchè direttore artistico del teatro della sua città dal 2014. Porta la sicilianità in tutto il mondo, riuscendo a combinare perfettamente le sue passioni per la musica e per il teatro con quella della scrittura.

Mario Incudine © Antonio Parrinello

 

Un artista a 360 gradi, con un meritato successo musicale conseguito negli anni, grazie ai primi album Terra, Abballalaluna, Beddu Garibbardi e Anime Migranti, consacrato da pubblico e critica con il disco Italia talìa (2012, Universal) con cui arriva al secondo posto al Premio Tenco per il miglior album in dialetto.

Nel 2015 è coregista con Moni Ovadia de Le Supplici di Eschilo dove recita, canta, è autore delle musiche originali e delle traduzioni in siciliano. La collaborazione con Moni Ovadia continua con Il Casellante, tratto dal romanzo di Andrea Camilleri, e con Mimì, spettacolo di teatro musicale dedicato a Domenico Modugno che Mario Incudine porta sui palchi italiani da vero mattatore.

Mario Incudine con Moni Ovadia e Andrea Camilleri

Con le sue tournée ha toccato quattro continenti e ha collaborato con importanti personalità del mondo della musica e del teatro, tra gli altri Andrea Camilleri, Francesco De Gregori, Franco Battiato, Lucio Dalla, Alessandro Haber, Geppy Gleijeses, Massimo Ghini.

Lorena Nasi

Grafica pubblicitaria da 20 anni per un incidente di percorso, illustratrice autodidatta, malata di fotografia, infima microstocker, maniaca compulsiva della scrittura. Sta cercando ancora di capire quale cosa le riesca peggio. Ama la cultura e l'arte in tutte le sue forme e tenta continuamente di contagiare il prossimo con questa follia.

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