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Lula, l’ora più buia di un leader intramontabile

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5 minuti di lettura

Luiz Inácio da Silva, noto al mondo intero come Lula, nasce nel 1945 nella microregione brasiliana del Garanhuns. Proveniente da una famiglia povera e analfabeta, migra nel 1952 a San Paolo per cercare migliori condizioni di vita.

Lula il presidente del Brasile dalla parte dei poveri

Lula per contribuire al sostentamento della famiglia è costretto ad abbandonare gli studi ed inizia così a darsi da fare con ogni tipo di lavoro, dal lustrascarpe al rivenditore di oggetti sul molo di Guarujá, sul litorale paulista. A 15 anni frequenta un corso per diventare tornitore meccanico presso la scuola di Senai e, grazie alla conoscenze apprese, viene preso a lavorare in una grande fabbrica per la produzione di acciaio, dove perderà il mignolo della mano sinistra in un incidente che diventerà presto il simbolo delle sue battaglie.

 

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Pochi anni più tardi Lula inizia la sua traiettoria sindacale e politica, venendo eletto nel 1972 a segretario del Sindacato dei lavoratoti metallurgici di São Bernardo do Campo e Diadema (Sindicato dos Metalurgicos do ABC) per poi diventarne presidente nel 1978.

Lo scontro con la dittatura

In quegli stessi di attività Lula si scontra con la forza e la violenza della dittatura militare brasiliana, non passano certo inosservate le agitazioni da lui coordinate e così, nell’aprile del 1980, viene arrestato per aver condotto uno sciopero e, dopo essere stato rimosso da posizioni dirigenziali nel sindacato, trascorre un mese in carcere.

Da questa esperienza capisce che l’azione sindacale non era sufficiente per cambiare lo status quo del Brasile e nel 1980, appoggiato dai lavoratori oltre che da leader intellettuali e religiosi, fonda il Partido dos Trabalhadores (PT), il partito dei lavoratori, del quale diventa il primo presidente.

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L’inizio dell’avventura politica

Dopo la caduta della dittatura, nel 1982 si candida senza successo a governatore dello Stato di San Paolo per poi entrare nel 1986, anche grazie alla grande partecipazione del movimento Diretas já (che chiedeva l’elezione diretta per la presidenza della Repubblica brasiliana), nel Congresso Nazionale dove contribuì con il PT alla stesura della nuova carta costituzionale, senza però firmarla.

In questi primi anni di battaglie politiche Lula subisce diverse sconfitte, a partire dal 1989, con le prime elezioni presidenziali post-dittatura, quando perse il confronto al secondo turno con Fernando Collo de Mello fino ai successivi scontri elettorali del 1994 e del 1998 contro Fernando Henrique Cardoso del PSDB (Partito della Social Democrazia Brasiliana).

Una spiegazione di queste ripetute sconfitte è rappresentata dalla mancata condivisone delle idee radicali da parte di diversi settori della società brasiliana che vedevano in Lula, e nel PT, un gruppo di movimentisti non adatti a governare un paese già di per sé in difficoltà.

Lula verso la presidenza del Brasile

Alle elezioni presidenziali del 2002 Lula dimostra di avere compreso i precedenti insuccessi elettorali abbandonando dogmi e parte delle proposte radicali impostando la sua campagna con un tono meno aggressivo chiamato “Lulinha paz e a amor”.

Questo nuovo atteggiamento, insieme alla volontà di mantenere gli impegni economico-finanziari nei confronti del mercato (nelle elezioni precedenti proponeva una revisione del debito con agenti esteri) portano Lula alla vittoria raccogliendo al ballottaggio più di 50 milioni di voti, nessuno ne aveva mai presi di più nella giovane storia democratica brasiliana.

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Nel 2004, entra in vigore uno dei cavalli di battaglia della presidenza Lula, il Programa Bolsa familía (PBF) , sostanzialmente un CCT (Conditional Cash Transfer); si tratta di un programma di trasferimento di sussidi a beneficio delle famiglie più povere condizionato però ad alcuni obblighi in capo ai beneficiari.

Infatti, il PBF condiziona chi lo riceve a garantire la regolare frequenza scolastica dei figli oltre che a tutelare la loro salute attraverso periodiche visite mediche.

Con questa grande innovazione di welfare sociale, Lula ha unificato altri importanti programmi già in azione come Bolsa Escola, Auxilìio gas e il Programa Comunidade Solidarìa. Quest’ultimo, poi divenuto Programa Fome zero, è chiaramente una concretizzazione delle seguenti parole pronunciate durante il discorso di insediamento del gennaio 2003: «Se alla fine del mio mandato ogni brasiliano sarà in grado di mettere insieme colazione, pranzo e cena avrò realizzato la missione della mia vita».

A questo proposito la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha certificato gli ottimi risultati di queste politiche che, nel giro di 20 anni dal 1992 al 2013, hanno più che dimezzato le persone che soffrivano di fame, da 22,8 a 13,6 milioni, circa il 54% in meno.

La prima crisi poltica

Il primo mandato di Lula però è anche ricordato per alcuni scandali, come la crisi politica del 2005, quando venne alla luce uno schema, chiamato mensalão (mensile), per pagare tangenti mensili ad alcuni parlamentari del Congresso al fine di appoggiare il governo.

A seguito di questo scandalo alcuni dirigenti più importanti del PT lasciarono i loro incarichi, costringendo Lula a chiedere scusa davanti alla nazione tramite un discorso televisivo in cui affermava di essere stato tradito dai suoi stessi compagni.

Nonostante lo scandalo del mensalão, Lula, supportato dagli ottimi risultati economici e sociali, viene premiato dai brasiliani che nel 2006 lo confermano presidente nel ballottaggio con un altro candidato del PSDB, Geraldo Alckmin.

Alla fine del suo secondo mandato, Lula gode di un indice di approvazione impressionante, con più dell’80% di valutazioni positive anche grazie ai quasi 50 milioni di cittadini raggiunti tramite il Programa Bolsa familía (PBF).

Da politico di razza qual è, riesce a immagazzinare questo successo e a trasferirlo al suo ex-ministro Dilma Rousseff che nel 2010 vince le elezioni diventando la prima donna presidente del Brasile.

Le politiche del PT di Lula in tre esempi grafici

1) COEFFICIENTE DI GINI NEL BRASILE: il coefficiente di Gini rappresenta la misura universalmente accettata per analizzare una disuguaglianza, nel grafico è possibile notare come ci sia stata una diminuzione della disuguaglianza sociale dallo 0,58 allo 0,52 (sono sì numeri decimali, ma in questo 0,06 dobbiamo immaginare una forbice sociale che si restringe e toglie dalla povertà estrema, e non, milioni di brasiliani)

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2) SALARIO MINIMO: in questo grafico è possibile notare come il salario minimo sia passato da circa 500R$ (moneta brasiliana) del 2002 (anno in cui Lula diventa Presidente) ai quasi 800R$ del 2010, alla fine del secondo mandato.

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3) CONFRONTO PIL PRO CAPITE NEL MONDO: il Brasile è rappresentato dalla linea verde che testimonio l’aumento del Pil pro capite dal 2002 al 2010, in particolare è passato da circa 9.000$ a 14.000$.

Questi sono solo 3 esempi grafici, ce ne sarebbero altri da proporre come quelli relativi all’aumento di lauree e diplomi, oltre che del numero di studenti che terminano il ciclo di insegnamento “obbligatorio”.

Il cancro e lo scandalo Petrobras

Finito il secondo mandato come presidente, Lula si trova ad affrontare una nuova battaglia, quella contro un cancro alla laringe che lo costringe a un anno di terapia, fino ad una diagnosi del febbraio 2012 che certificava l’ormai quasi scomparsa del tumore. Negli anni seguenti viene chiamato a molteplici conferenze in giro per il mondo.

Nel 2014 prese avvio l’operazione denominata Lava Jato (autolavaggio), una sorta di “mani pulite” che rivelò uno schema di corruzione partito dalla compagnia petrolifera statale Petrobras che coinvolgeva uomini d’affari, tecnici di ministeri e partiti politici. Con questa operazione vengono emessi un migliaio di mandati di perquisizione e di sequestro, volti ad analizzare un riciclaggio di denaro pari a 9.5 miliardi di dollari. Tra i soggetti coinvolti c’è anche l’ex-presidente Lula, denunciato nel 2016 dal Ministero Pubblico Federale.

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Il 12 luglio 2017 Lula è diventato il primo ex-presidente condannato per corruzione, condannato inizialmente dal giudice Sergio Moro a nove anni e sei mesi di reclusione in un processo che gira attorno a un appartamento di Guarujà, nello stato di San Paolo, che secondo l’accusa è stato donato a Lula in cambio di appalti. Lula ha dichiarato di non essere mai entrato in possesso dell’appartamento, non è nemmeno l’intestatario dello stesso, dunque, se veramente fosse stato corrotto, non ne avrebbe nemmeno potuto beneficiare legalmente.

Ritorno alle origini e detenzione a Curitiba

Dopo aver fallito nelle richieste d’appello alle Corti Superiori – Superior Tribunal de Justiça (STJ) e al Supremo Tribunale Federale (STF) – viene emesso da Moro (in meno di 20 minuti!) un ordine di carcerazione nei confronti di Lula che decide di tornare dove tutto ebbe inizio, nella sede del Sindicato dos Metalurgicos do ABC. Proprio qui, e nelle principali città del Brasile, si riversano decine di migliaia di suoi sostenitori per manifestare il loro sostegno a un leader ingiustamente condannato a pochi mesi dalle elezioni presidenziali in cui Lula resta il favorito indiscusso.

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Ecco Lula, dall’ascesa alla sua ora più buia. Un leader che è stato capace di incanalare le opportunità della globalizzazione a favore dei milioni di poveri brasiliani che ora, senza lui, rischiano di perdere la loro unica speranza.

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Pietro Regazzoni

Nato a Lecco tra lago e monti nel 1997. Studio economia interessandomi di mille altre cose. Amo passeggiare e immaginare il futuro.

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