Dopo tredici anni torna in una nuova veste grafica Shadow of the Colossus, il videogioco che nel 2005 stregò milioni di videogiocatori di tutto il mondo, un gioiello imprescindibile dell’era Playstation 2. La remastered, uscita il 6 febbraio, è stata realizzata da Blue Point Games, già nota in passato per l’ottimo lavoro su Uncharted: the Nathan Drake collection. Il remake sta avendo un successo incredibile e, in questo articolo, ripercorriamo i motivi per cui Shadow of the Colossus rimane nel cuore di chi, più di tredici anni fa, l’ha esplorato per la prima volta.
La semplicità
Il viaggio di un eroe che per amore è disposto a sacrificare persino sé stesso. La trama di Shadow of the Colossus ha saputo stregarci con una narrazione lineare, ma piena di sentimento e drammaticità.
È la storia di un giovane di nome Wander che, in groppa al suo amato cavallo Agro, si reca al tempio proibito della divinità Dormin per riportare in vita una giovane ragazza, vittima di un sacrificio. La divinità, che si manifesta attraverso il solo suono della sua voce che è sia maschile che femminile, consiglia al nostro eroe di uccidere i sedici Colossi che vivono sparsi nelle terre proibite. È l’unico modo per riportare in vita la ragazza.
Così Wander, impugnata la spada antica, galoppa nelle lande desolate in cerca dei Colossi.
Il senso di mistero
Shadow of the Colossus non è un gioco per chi ama la chiarezza: chi è la ragazza? Chi è Wander? Dormin è una divinità malevola o benigna? Il videogioco di Fumito Ueda è volutamente nebbioso. Ci parla di grandi interrogativi e grandi argomenti come la vita e la morte, nascondendoli dietro un’esperienza che fa del silenzio e dell’ignoto il suo cuore pulsante. Un approccio alla narrazione che ha fatto scuola e che ha influenzato anche Hidetaka Miyazaki ideatore della fortunata (e ostica) saga dei Dark Souls.
Le terre proibite
L’ambientazione è spettacolare ora come lo era nel 2005: sconfinati prati verdi e lussureggianti, impervi monti e caldi deserti dove il giocatore sperimenta l’immersività del gioco. Durante il tragitto non ci sono nemici o dungeon, ma solo collezionabili rimasti invariati dalla prima edizione. Troverete dunque le lucertole dalla bianca coda da uccidere con il vostro arco, frutti da raccogliere per recuperare le energie ed altre attività secondarie.
Seguendo il fascio di luce della vostra spada, raggiungerete uno ad uno i Colossi.
L’aspetto più affascinante è che la Forbidden Land è davvero una terra unica dove ogni luogo è a sé, costruito con una cura incredibilmente realistica. Un microcosmo in cui perdersi e che, al solo ripensarci, riempie il cuore di nostalgia.
I temi affrontati
Vita, morte, odio e amore: la storia di Shadow of the Colossus ci regala una complessità di spunti di riflessione che si legano al senso profondo del gioco, diventandone gameplay. È l’amore che muove Wander, un amore profondo che porta anche a sofferenza. Non possiamo infatti non provare un profondo senso di colpa nell’uccidere i Colossi, vittime inconsapevoli del piano di Dormin e Wander. La contrapposizione tra luce e ombra è un altro quesito fondamentale, che però non ha soluzione. Forse non esistono né buoni né cattivi. I confini sfumano come nella vita reale.
Vecchio e nuovo: pro e contro
Spesso criticate, le remastered fanno leva sul senso di nostalgia dei videogiocatori vecchia scuola, a volte dando vita a delle mere operazioni commerciali. Non è questo il caso. Ci troviamo davanti a una delle più riuscite remastered di sempre, capace di tradurre un classico dell’intrattenimento in un linguaggio più attuale, svecchiandone grafica e controlli.
C’è solo un ma: nonostante storia e ambientazioni siano rimaste immutate dall’originale, la palette di colori usata nella versione del 2018 ha fatto molto discutere. Il gioco risulta infatti molto più colorato e “vivo” rispetto al primo andando così a perdere l’ambientazione sognante e grigia del 2005 che aveva fatto innamorare molti giocatori.
Tuttavia, non si può negare che la nuova veste grafica, che è stata ricostruita da zero, ha dato un risalto al dettaglio tale da valorizzare maggiormente non solo l’open word, ma anche i Colossi stessi. La loro pelliccia ad esempio è incredibilmente realistica, ve ne accorgerete quando ci sarete disperatamente aggrappati e magari con la stamina agli sgoccioli.
Un’occasione da non perdere per tutti quelli che questo gioco lo hanno amato, ma anche per chi ne ha sempre solo sentito parlare. Entrare nella Forbidden Land sarà come tuffarsi in un vecchio modo di concepire il videogioco: più riflessivo, non legato a mode passeggere, ma frutto di una precisa volontà autoriale da “leggere” come fosse un libro. Pad alla mano.
Immagine di copertina: flickr.com