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Il Cinquecento a Firenze: uno «splendente autunno del Rinascimento» a Palazzo Strozzi

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4 minuti di lettura

Dopo aver presentato Bronzino. Pittore e poeta alla corte dei Medici nel 2010, e Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “maniera” nel 2014, Palazzo Strozzi di Firenze ha inaugurato il 21 aprile 2017 Il Cinquecento a Firenze “maniera moderna” e controriforma. Tra Michelangelo, Pontormo e Giambologna, ultima mostra di una trilogia che propone una ricca riflessione sull’arte fiorentina del sedicesimo secolo attraverso il punto di vista di maestri del calibro di Michelangelo, Andrea del Sarto, Giorgio Vasari, Benvenuto Cellini e Rosso Fiorentino.

70 dipinti e sculture, 41 artisti, 17 opere restaurate tra cui 10 grandi pale e 2 statue monumentali sono approdate alle sale del museo fiorentino, grazie anche alla fitta rete di contatti e di collaborazioni internazionali e non instaurate dai curatori Carlo Falciani e Antonio Natali. Attraverso 7 differenti sezioni e un approccio spregiudicato e brillante, Palazzo Strozzi ripercorre l’intero ‘500, sottolineandone l’epicità e la spettacolarità a dispetto di chi è solito definirlo un periodo artistico minore, buio e sterile. L’avvento della maniera moderna e la fermezza dei principi della controriforma, segnata dal Concilio di Trento e dalla eccezionale figura di Francesco I de’ Medici, definiscono un secolo dalle molteplici sfumature, tra sacro e profano, definito dallo stesso direttore Arturo Galansino «splendente autunno del Rinascimento».

Pontormo, Deposizione, 1525-1528, tempera su tavola

La mostra

Nelle prime due sale, I Maestri e Prima del 1550, vengono celebrati i grandi dell’arte, i maestri da cui è impossibile prescindere, come Michelangelo Buonarroti con il suo Dio fluviale (1526-1527 circa) e Andrea del Sarto, maestro insuperabile di cui possiamo ammirare la pregevole Pietà di Luco (1523-1524), un vero e proprio saggio di teologia che mostra come, rispetto ai secoli precedenti, la maniera moderna abbia saputo coniugare forme dolci e aspre, secondo un atteggiamento languoroso e una forte idealizzazione della figura umana e dei paesaggi naturali, in una ricerca di armonia nella varietà delle forme.

Andrea del Sarto, Pietà di Luco, olio su tavola, 1523-1524

Nella seconda sala, lo spettacolare confronto della Deposizione dalla croce di Volterra del Rosso Fiorentino (1521), con la Deposizione di Santa Felicita del Pontormo (1525-1528) e con la Deposizione di Cristo del Bronzino (1543-1545 circa) dà forma a un vero e proprio trittico ideale e sbalorditivo dove vediamo fronteggiarsi tre figure determinanti per il secondo ‘500 che continuano a guardare ai modelli di Michelangelo e della Scuola Romana di Raffaello Sanzio.

Deposizione dalla croce di Volterra, Rosso Fiorentino (1521), Deposizione di Santa Felicita, Pontormo (1525-1528) e la Deposizione di Cristo del Bronzino (1543-1545 circa) a confronto

Dopo una prima immersione in quelle che sono le radici del Cinquecento, il percorso museale si trasforma in un dialogo tra sacro e profano, in cui gli artisti si ritrovano a rappresentare episodi sacri che possano coinvolgere i fedeli, come richiedeva d’altronde la Controriforma del Concilio di Trento conclusosi il 4 dicembre 1563, senza rinunciare a un particolare fascino per una strada più allegorica, ricca di sensualità e destinata ai pochi eruditi delle Accademie.

Notevole per la sua eleganza e fantasiosa composizione, l’Immacolata Concezione (1570-1572) del Bronzino esprime il mistero dell’immacolata concezione della Vergine Maria secondo un principio di cromia smorzata e un accostamento di immagini bibliche del Vecchio e del Nuovo Testamento che si stagliano su un cielo terso e vibrante.

La sesta sala, Allegorie e miti, eredita dal Rinascimento e dal Medioevo proprio quel gusto per un mito rivestito di un contenuto culturale e intellettualistico, legato evidentemente alle correnti filosofiche e politiche del tempo. Un chiaro esempio è la composizione Venere e Amore, realizzata da Alessandro Allori e già sviluppata dal Pontormo e dal Bronzino, di cui l’Allori è appunto allievo. Rispetto ai modelli precedenti, la tela sottolinea l’aspetto sensuale e erotico dei due personaggi, con un chiaro riferimento al tema dell’adulterio. È interessante notare, infatti, che in questo caso la Venere un gioiello appartenuto a Bianca Cappello, amante del Granduca di Toscana Francesco I de’ Medici.

Alessandro Allori, Venere e Amore, 1575-1580 circa, olio su tavola

La quarta e la quinta sala approfondiscono due consuetudini artistiche peculiari del Cinquecento: la ritrattistica, soprattutto di soggetto femminile, e lo Studiolo. Tutti i più importanti artisti del tempo sono chiamati a ritrarre i notabili che volevano lasciare un segno indelebile nella storia della città. Il ritratto non è più solo effige del volto o del mezzo busto, ma diventa un cosiddetto ritratto di tono “narrativo”, dove i personaggi sono figurati attraverso vere e proprie scene teatrali. Tra le rappresentazioni più interessanti segnaliamo il Ritratto di Sinisbaldo Gaddi, realizzato da Maso da San Friano nel 1564 circa, che illustra appunto lo stile di vita del figlio neonato del cavaliere Niccolò Gaddi, luogotenente dell’accademia del disegno e molto vicino a Francesco I.

Maso da San Friano Ritratto di Sinibaldo Gaddi, post 1564, olio su tavola

Singolare nel Cinquecento risulta poi lo spazio dello Studiolo, dedicato al rapporto fra arte e natura secondo diversi linguaggi e stili, che i curatori hanno tentato di ricostruire secondo il sofisticato modello di Francesco de’ Medici a Palazzo Vecchio nella sezione Gli stili dello Studiolo. E oltre. Le sei lunette, qui riunite per la prima volta, rappresentano una chiara sintesi di uno dei cicli pittorici di soggetto allegorico e profano realizzati dagli stessi pittori coinvolti nello studio mediceo.

Pietro Candido, L’Umiltà, 1582-1585, olio su tavola

Le ultime due sale sono dedicate alla fine del Cinquecento con uno sguardo all’avvio al Seicento, importante punto di svolta che segna l’avvento di una nuova concezione di naturalismo legato all’urbinate Federico Barocci, e influenzato dalle correnti romane, emiliane e lombarde, mentre l’asse Bronzino-Allori sviluppa un naturalismo quasi tattile legato al concetto di disegno tridimensionale, in una coesistenza di tensioni prebarocche e di tradizione disegnativa.

Gregorio Pagani, Madonna in trono col Bambino tra i santi Michele Arcangelo e Benedetto, 1595, olio su tavola

Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.

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