Nel contesto della cosiddetta “Italia magica” opera lo scrittore e traduttore Tommaso Landolfi. Nella sua narrativa fantastica, situazioni inesplicabili e misteriose si insinuano nella normalità, stravolgendola. Con il romanzo La pietra lunare (1939) (acquista), egli reinterpreta con originalità gli elementi tradizionali del senso di angoscia, panico ed orrore dell’uomo nei confronti del mondo.
L’Italia magica del secondo Dopoguerra
Nel 1946, un anno dopo la fine della Seconda guerra mondiale, Gianfranco Contini, uno dei maestri riconosciuti della critica letteraria novecentesca, attento soprattutto alle soluzioni stilistiche del testo letterario, pubblica a Parigi un’antologia, L‘Italia magique, che nel 1988 viene tradotta in italiano con il titolo Italia magica. Questo testo esce in un momento particolare, in cui la figura dello scrittore impegnato tendeva sempre di più a proporsi come il rappresentante delle condizioni della società, individuandone e denunciandone i problemi attraverso l’atteggiamento tipico del Neorealismo.
Contini, al contrario, colse la «sensibilità magica in letteratura», inserendo nella sua antologia autori noti e meno noti, tra cui Aldo Palazzeschi, Enrico Morovich, Tommaso Landolfi, Alberto Moravia e Massimo Bontempelli. L’attenzione di Contini si focalizza soprattutto sulla peculiarità del caso italiano, in cui l’interesse per il “magico”, ossia per l’irreale e il fantastico, non si abbandona agli impulsi irrazionali, ma sottostà ad un controllo consapevole della scrittura.
Tuttavia, Contini per primo sottolinea quanto si trattasse di una prospettiva non molto diffusa nella letteratura italiana, che in seguito all’opera di Alessandro Manzoni preferì tutelare la fedeltà nei confronti della storia e del reale.
Tommaso Landolfi (Pico, 1908 – Roma, 1979)
Dopo aver frequentato il collegio Cicognini di Prato, Tommaso Landolfi si laurea in Lettere a Firenze, frequenta il gruppo degli ermetici ed inizia a collaborare con alcune riviste. Con il romanzo La pietra lunare, si apre un’importante parte della sua produzione, in cui il lettore è costantemente posto di fronte all’enigma e al mistero del mondo. Nelle opere successive egli rifiuta l’impianto narrativo tradizionale di tipo ottocentesco e la sua produzione prosegue verso le forme del diario e dell’elzeviro, con una scelta prevalentemente saggistica ed autobiografica. All’attività di scrittore Landolfi ha accostato quella di traduttore, dal tedesco, dal russo e dal francese, in collaborazione con Mario Luzi.
La fama di cui godono le opere di Tommaso Landolfi è senz’altro ristretta, nonostante egli possa essere considerato non solo uno dei grandi innovatori della letteratura del nostro Novecento, ma anche un autore dalle ampie vedute, interessato al panorama letterario internazionale e proprio per questo desideroso di contribuire alla diffusione delle opere italiane. La sua linea “magica”, che in Italia rimaneva eccentrica e marginale, era infatti la più vicina ad alcune delle esperienze decisive maturate nella letteratura europea.
La pietra lunare: l’antica tradizione ed il fantastico quotidiano
Il protagonista del romanzo La pietra lunare è lo studente Giovancarlo, che incontra una misteriosa e sensuale ragazza, Gurù, che in alcune notti si trasforma una capra-mannara, come precisa il narratore. La relazione tra i due si trasforma in un’intensa storia d’amore, che svelerà agli occhi del giovane l’altra faccia del reale, quella che si nasconde dietro l’apparenza delle cose. L’ambigua figura femminile introduce Giovancarlo ad una sorta di sabba notturno ricco di inquietanti apparizioni, conducendo il lettore fra i cosiddetti «lunari orrori».
L’ispirazione proviene da un retaggio dei racconti popolari e dei miti contadini di antichissima tradizione orale, fatta di storie di fantasmi e di streghe che, trasformandosi in animali, si ritrovano nelle notti di plenilunio per abbandonarsi ad orge sfrenate, incontrarsi con i demoni e partecipare ai riti magici della messa nera.
Il tema della metamorfosi è fondamentale e si sviluppa su due piani: uno più concreto ed evidente, rappresentato da Gurù che cambia sembianze, da donna a capra mannara, ed uno più introspettivo, quello di Giovancarlo che cambia la sua visione del mondo.
Il senso del paranormale e del mistero si mescolano alle componenti di paura e allucinazione che sconvolgono la normalità dell’esistenza e ne rivelano gli aspetti più irrazionali. Le vicende sono un pretesto per la «creazione di situazioni imprevedibili o inesplicabili», in un gioco brillante fra elementi reali e surreali, grotteschi, fra meditazioni filosofiche ed ironia, in nome del realismo magico.
Il mondo sembra spartirsi in due realtà: nella dimensione di normalità erotica e scanzonata cara all’autore si collocano atmosfere che trapassano nell’irreale, svincolate dai condizionamenti di tempo e spazio. La rivelazione dell’inconsistenza e della precarietà della vita di tutti i giorni, dà luogo nell’opera di Landolfi al”fantastico quotidiano”, così definito da Italo Calvino. Esso non conduce ad un altro mondo, ma viene ad essere l’espressione del risvolto magico intrinseco nella normalità, che fuoriesce quando essa viene stravolta. La pietra lunare non contiene soltanto la maggior parte degli elementi caratteristici dello stile di Landolfi, ma anche una chiara dichiarazione riguardo la sua poetica:
Un uomo tanto meno sarà grande quanto più sarà dominato dalla ragione; tutti quelli che possono esser grandi nella poesia e nelle lettere devono esser dominati dalle illusioni. […] Mentre l’uomo si allontana da quella puerizia in cui tutto è singolare e meraviglioso, in cui l’immaginazione sembra non abbia confini, allora l’uomo perde la capacità di esser sedotto, diventa artificioso, cade tra le branchie della ragione che gli va a ricercare tutti i segreti della realtà. Ma questo senno e questa esperienza sono la morte della poesia.
(La pietra lunare, Tommaso Landolfi)