Ha aperto al pubblico il 19 novembre 2017, e sarà visibile fino al 24 settembre 2018, quella che a detta di molti, ministro Dario Franceschini incluso, è stata la mostra dell’anno: Pompei@Madre.
In effetti Materia archeologica, questo il sottotitolo dell’esposizione del museo di Via Settembrini di Napoli, presenta caratteristiche che concorrono a renderla assolutamente unica nel suo genere.
Più che una semplice mostra, Pompei può essere definita un viaggio nel tempo, un’idea: quella di fare arte contemporanea con oggetti antichi, miscelando sapientemente reperti sepolti dall’eruzione del Vesuvio del ’79 e le opere di più di 90 tra artisti ed intellettuali moderni da tutto il mondo.
Così, all’ingresso, le installazioni dell’artista concettuale francese Daniel Buren, convivono con arredi delle domus pompeiane, mentre al secondo piano, nell’area in cui è esposto il lavoro di Mimmo Paladino, è possibile imbattersi nei calchi di un antico pompeiano sorpreso dalla lava mentre ha ancora in braccio un bambino.
E poi ancora, un esemplare del famoso Vesuvius colorato di Andy Warhol, le opere di Mimmo Iodice, Goshka Macuga e Kounnelis, in una continua ed affascinante commistione.
Andrea Villani ed Massimo Osanna, curatori ed ideatori della mostra, riescono nell’intento di dimostrare l’assoluta modernità di Pompei, intesa come laboratorio-macchina del tempo, capace di sfumare, fino quasi ad annullarle, le diversità spazio temporali.
Materia archeologica è anche espressione della felice sinergia tra Regione Campania, Parco Archeologico di Pompei e Ministero dei beni culturali.
Franceschini, presente all’inaugurazione, ha più volte sottolineato l’importanza della collaborazione, auspicando l’operazione inversa, quella di portare l’arte contemporanea a Pompei. «Siamo sulla buona strada, ma dobbiamo continuare ad investire, per far crescere Napoli ed il Paese intero», ha aggiunto il ministro.
L’elemento che più di tutti rende unica la mostra è, senza dubbio, il forte suo forte valore simbolico; Pompei@Madre è unica perché suggella e celebra, in primis, la rinascita della città archeologica. L’utilizzo ottimale dei fondi comunitari ed un team di tecnici e restauratori giovani e capaci, ha reso possibile restauri importanti; diverse domus sono state rese nuovamente accessibili al pubblico, dopo anni di inagibilità, le aperture straordinarie in occasione di mostre e concerti (su tutti quello di David Gilmour del 2016, a quarantacinque anni dalla storica esibizione dei Pink Floyd), hanno fatto segnare un notevole incremento di visitatori, che ha toccato, nel 2016, i 3 milioni. Gli anni dei crolli che costarono la testa all’allora ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, sembrano ormai solo un vecchio ricordo.
Un esempio da seguire. Una bella storia, antica e moderna insieme.
Serena Guarino