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fonte: cloudfront.net

The Square, ovvero di come l’arte maledì l’uomo

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4 minuti di lettura

Difficoltà, satira e confusione. Tutto ciò rientra e straripa nel quadro, il The Square, al centro di questa dissacrante opera svedese dal gusto moderno ed incomprensibile.

Un labirinto senza uscita

The Square, premiato a Cannes con la Palma d’oro, è un’opera d’arte quanto mai contemporanea. Un intricato labirinto alla cui uscita è possibile giungere solo attraverso una coltre di interpretazioni che mischiano e ripetono caratteri tipici della modernità. C’è la (dis)attenzione verso il prossimo, l’egocentrismo consumista e manicheo, ed infine, per riassumere la selva dentro cui la pellicola affoga i propri tramortiti ed estasiati spettatori, la ferma convinzione che il marcio di questa società sia un’esclusiva contemporanea contrapposta ad una auerea, quasi vichiana, visione del passato.

Tutto ciò riassunto e schiacciato in ciò che di questo labirinto si rivela ad un protagonista confuso e incerto quanto chi lo osserva: Christian. Curatore di un importante mostra d’arte contemporanea attorno a cui gireremo forsennatamente per scoprire la complessità che nasce nell’uomo moderno che tenta di percorrere la strada della coerenza. Christian è infatti un uomo potente, della società dai valori parlati, mostrati, ma anche agiti in quei piccoli momenti di quotidianità che lo portano a decidere chi essere e cosa dire.

È così che seguiamo le sue giornate, assistendo a continui momenti di banale difficolta, qui posti come epocali e drammatici. Dalla scelta della campagna pubblicitaria da dedicare al The Square, nuova opera d’arte del museo e metafora dell’intero film, alla lettera da mandare ad un ladro che gli ha sfilato il portafoglio dalle tasche.

Ogni singolo passo è una scelta per Christian, uomo pacifico, pacato ed attento, a parole, ma a tratti impossibilitato, dalla società come da se stesso, a tener fede ai propri valori in questi piccoli passi di un percorso tortuoso.

The Square
fonte: comingsoon.it

Difficoltà e paradossi nella modernità

Creare un rapporto emotivo con The Square pretende l’apertura alla difficoltà, quanto al suo contrario. Perché tanto va complicandosi la lettura, tanto si semplifica la visione.

L’utilizzo di un’ironia sferzante permette infatti di sorridere dell’incompreso, cogliendo i frammenti dell’incompiuto sociale che tratteggia i paradossi di una Tesla parcheggiata in un quartiere popolare.

Luoghi, etichette, parole, per definire ciò che mai appare nella messa in scena, lasciando che sia l’interno, ciò che sta dentro ad un quadrato fisico, il The Square protagonista, ad impostare una fotografia che rifiuta i campi descrittivi per prediligere i piani della figura. Ed effettivamente difficile sarebbe immaginare una costruzione dell’immagine disposta a mostrare la totalità delle cose, posto che è proprio la singolarità che diviene mucchio inosservabile ad essere il centro di un quadrato dentro cui siamo tutti invitati, ma mai più di uno alla volta.

The Square
loundvision.net

L’Arte della performance

I tasselli di questa storia confusa sono accennati e abbozzati tra piccole scene ripetute con ironia ed abilità, le più interessanti delle quali mischiano l’ambiente artistico della mostra ai movimenti umani, creando così delle situazioni assurde quanto irreali, che innalzano l’opera ad una performance artistica di indubbio valore. Vediamo così prima la semplice opera, spesso incomprensibile e provocatoria, e poi, in un climax costante, l’evoluzione di questa in relazione ad eventi mondani disturbati dalla pericolosità dell’arte. Dunque un uomo si finge scimmia, ed una scimmia uomo, mischiando le carte che fondano la confusione di un moderno che sveste e rimostra la futilità della società. Così quest’uomo corre, e tutti ridono. Urla, e continuano a ridere, applaudendo. Ma poi, quando questo inizia a saltare sui tavoli, sbraitando, prendendo il tutto, o meglio, l’Arte, con inaspettata serietà, si inizia a sfiorare la tragedia; realizzando l’inscindibile legame tra il mostrato ed il vissuto, nell’arte come nella vita, sia essa borghese o meno.

The Square
Fonte: espresso.repubblica

«You have Nothing»

Così rivela l’opera più misteriosa della mostra curata da Christian. Tu non hai niente. Non hai il senso delle cose, così come non le possiedi. Un’ideologia esistenzialista martellante quella che Ruben Östlund, regista e sceneggiatore di The Square, impone al proprio racconto. Mostrando la più grande mancanza colta dall’arte: l’umanità stessa.

«You have Nothing», ripete lo schermo, mentre il neon con cui la scritta si impone oscilla tra paure borghesi e giudiziose ed una millantata, e patinata, fiducia nel mondo. Christian, protagonista incerto, invita prima all’aiuto del prossimo, della comprensione, per poi tentennare d’innanzi ad una donna che urla per strada. Rivelandosi così punto di scontro della teoria che fa da sfondo a questa storia: l’effetto testimone.

Un fenomeno psicologico sociale, teorizzato da John Darley e Bibb Latané nel 1968, attraverso cui si dimostra come gli individui, in gruppo, dunque in società, spesso agiscano in totale apatia dinnanzi alla richiesta d’aiuto. E non solo.  La probabilità che qualcuno giunga in aiuto di chi lo richiede, dimostrano i due psicologi, è inversamente proporzionale al numero degli  spettatori.  Più umani, meno umanità. «Farà qualcun altro», «se ne occuperanno loro», sembrano infatti affermare i rari volti di comparse che sorpassano lo schermo nei pochi campi medi dosati da Östlund, prima di scomparire e sintetizzarsi negli occhi del curatore, Christian. Un uomo di mezzo, tra ieri ed oggi, che osserva i senza tetto e li aiuta, senza eroismo, ma che vive in un film, in una storia, che è società, e che dunque, quei senza tetto, li fa esplodere, per intrattenimento e, forse, per un po’ di incapacità di ascoltare chi l’aiuto lo chiede.

La piaga sociale della modernità ci appare così come l’unico frammento limpido di un film estremamente complesso: la vittoria della speranza nel gruppo per giustificare l’inazione del singolo. Un’umanità che svuota le piazze, lasciando che sia un nulla gelido e grigio a perimetrare il quadrato di questa storia senza vincitori.

The Square
Fonte: bfi.org.uk

Alessandro Cavaggioni

Appassionato di storie e parole. Amo il Cinema, da solo e in compagnia, amo il silenzio dopo una proiezione e la confusione di parole che esplode da lì a poche ore.
Un paio d'anni fa ho plasmato un altro me, "Il Paroliere matto". Una realtà di Caos in cui mi tuffo ogni qual volta io voglia esprimere qualcosa, sempre con più domande che risposte. Uno pseudonimo divenuto anche canale YouTube e pagina instagram.

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