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Elmer Batters: raccontare il feticismo nell’America del dopoguerra

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“Feticcio”: oggetto inanimato al quale viene attribuito un potere magico o spirituale. Il vocabolo, adottato nel 16° sec. dai navigatori portoghesi (feitiço) per designare gli idoli e gli amuleti che comparivano nelle pratiche cultuali di popoli indigeni africani, fu esteso successivamente alle reliquie sacre della devozione popolare e, più in generale, a qualsiasi oggetto ritenuto immagine, ricettacolo di una forza invisibile sovrumana.
(Dizionario Treccani)

Cenni biografici

«La gente mi guardava come se non fossi americano perché non fantasticavo sulle grandi tette» scrive Elmer Batters, fotografo nato nel 1919. Dopo essere stato scaricato dai Marines a causa delle sue ‘strane perversioni’, approda al mondo artistico negli anni Cinquanta. Le sue assurdità perverse lo portano a fondare due riviste, Man’s favorite Pastime e Black Silk Stockings, all’interno delle quali pubblica uno scatto raffigurante un piede su di un petto nudo. Per questo motivo viene arrestato con l’accusa di oscenità e rilasciato poco tempo dopo.

Elmer Batters
Caruschka, 1971

Le continue accuse da parte delle autorità spingono Batters a isolarsi dal mondo dell’editoria, pur proseguendo col suo lavoro e fotografando. Passa gran parte delle sue giornate alla ricerca, con una dedizione quasi religiosa, di modelle – preferibilmente curvilinee – con gambe e piedi in grado di soddisfare la sua perversione. Questo lo porta a conoscere Caruschka, la musa dalle lunghe gambe e “amante degli uomini che le si masturbavano addosso”, e a farne il suo oggetto di espressione. Collaboratore fisso dagli anni Ottanta di Taschen, muore all’età di 78 anni.

I suoi due amori: piedi e gambe

La sua ossessione nei confronti delle gambe e dei piedi risulta quasi di tipo analitico. Una tensione di matrice metonimica (la parte per il tutto) che non svilisce l’insieme ma, al contrario, lo esalta; l’obiettivo di Batters coglie e valorizza quella perversione tutta al maschile, ovvero la mania legata a precise parti del corpo, con occhio esperto. Gli affezionati del genere ammettevano che osservare le foto di Ermer era come praticare la masturbazione in luogo pubblico.

Elmer Batters

Tuttavia, la finezza  e capacità  del fotografo americano sta nel saper unire le due tipologie del feticismo, quello riferito alla parte del corpo e quello riferito agli oggetti, pur ponendo l’accento sul primo. Nelle prime foto, risalenti agli anni Cinquanta, Batters si concentra su un contesto quotidiano; la donna è ritratta spontaneamente, seduta su un divano, in procinto di alzarsi o nell’atto di sfilarsi scarpa o calza. Quello che per il resto della gente può essere un atto come altri, all’occhio del feticista è un momento di estrema sensualità durante il quale l’energia erotica della donna, contenuta in una calzatura per l’intera giornata, viene a rivelarsi e lasciarsi ammirare.

Elmer Batters esplora vari ambienti, dalle strade cittadine a quelle sterrate di campagna, ma è tra l’intimità di una stanza chiusa o – ancora meglio – su moquettes e divanetti che si consuma la teatralità estrema del corpo femminile; se poi sono due, lì si ha la sublimazione

Caruschka, la musa

Caruschka è stato l’amore cardine di Batters. Se non altro, quello artistico. «Quando dico che Caruschka era la mia modella preferita, non so perché. Nessuna ragazza della storia della mia arte ha mai attratto così tanto ammiratori quanto lei. Lei ha carisma, brilla ancora attraverso quelle foto. Ha anche un bellissimo set che mostrano le sue armoniose gambe, il suo seno compatto e il suo piede dal collo alto. Ma sono queste le cose che ci fanno amare una donna?». Nonostante i tanti anni insieme, per una comunione in nome dell’arte, Batters non ha mai saputo spiegare esattamente cosa lo facesse impazzire di quella donna, conosciuta per caso una sera in un bistrot.

Elmer Batters

Il successo dal pubblico

Elmer Batters è ancora oggi considerato il più grande pioniere della fotografia erotica mondiale. I suoi scatti, sapienti e al contempo sorprendenti per lo sguardo ingenuo che mettono a nudo, hanno spiegato agli amanti dell’arte e non solo la semplice eleganza di una perversione che, di fatto, altro non è se non una disperata ricerca della perfezione, dell’assoluto.

 

Miriam Di Veroli

Classe 1996, studia Lettere moderne all'Università degli Studi di Milano.

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