La Siria, l’Iraq e la Libia sono i Paesi i cui beni archeologici sono da mesi colpiti dalla furia distruttrice dei militanti dell’Isis. Le devastazioni dei beni storico-archeologici proseguono senza che né l’Unesco né l’Onu riesca a fermarle. Così come proseguono i furti che vanno ad alimentare il mercato nero dei resti così da finanziare i terroristi. Adesso è la volta di Palmyra, in Siria.
L’antica città siriana che racchiude beni archeologici di inestimabile valore, tra questi il più famoso è La sposa del deserto, già dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Centinaia di statue e reperti del sito siriano sono stati trasferiti in altre località per timore di distruzioni da parte dei jihadisti dell’Isis, che oggi sono penetrati nella parte moderna della città. Palmira fu parte dell’impero romano ed a testimonianza di questo sono gran parte rovine esistenti, del I e II secolo dopo Cristo.
Dopo i numerosi siti distrutti in Iraq, tra i più importanti quello di Nimrud, che fu capitale dell’Impero Assiro, in Siria sono state prese a picconate grandi statue e altri manufatti del museo di Mosul . Dopodiché i jihadisti hanno distrutto anche i resti di Hatra, antica citta’ a 100 chilometri a Sud di Mosul, fondata nel III secolo avanti Cristo dalla dinastia dei Seleucidi. Prima di cominciare a picconare i resti di Hatra, gli uomini del Califfato hanno anche rubato le monete d’oro e d’argento che erano custodite presso il museo locale.
La furia distruttrice ha raso al suolo anche il sito archeologico di Khorsabad nella provincia settentrionale di Ninive. I miliziani hanno anche distrutto un tempio Sufi in Libia a colpi di martello e hanno raso al suolo una parte utilizzando addirittura un bulldozer.
C.M.