Il 14 maggio scorso un articolo del Washington Post ha fatto luce su un fenomeno ormai dilagante nelle università statunitensi e con cui i docenti si trovano quotidianamente a fare i conti: il pericolo di turbare gli animi dei loro studenti.
Tecnicamente, il termine esatto per indicare tale turbamento è trigger e fa riferimento allo shock provocato dalla rievocazione, nel corso delle lezioni, di un evento traumatico subito in passato.
Ad alcuni docenti viene di fatto imposto di indicare, nel programma del corso, gli eventuali materiali a rischio, in modo che gli studenti possano liberamente decidere se approcciarsi a questi o meno.
Ed è di qualche giorno fa, appunto, la richiesta avanzata da un gruppo di alunni della Columbia University di segnalare con il “marchio” del trigger warning uno dei poemi più belli della tradizione latina: Le Metamorfosi di Ovidio.
Nonostante il suo indiscutibile fascino, l’opera del poeta di Sulmona sarebbe infatti colpevole di esagerata crudezza nelle descrizioni degli stupri ai danni di Dafne e Proserpina, causando dolore e turbamento nei ragazzi vittime di abusi e violenza.
Da qui la richiesta di “marchiare” Ovidio, solo l’ultimo di una serie di grandi messi all’indice nei prestigiosi atenei americani: prevenzione o (ignobile) censura?
G.A.