«Come incomincia questa storia? Incomincia come molte storie, con un ragazzo troppo grande per essere un bambino, troppo piccolo per essere un uomo…e un incubo.»
Tratto dal romanzo di Patrick Ness, Sette minuti dopo la mezzanotte è un film drammatico-fantastico che vede come protagonista Conor O’Malley, un ragazzino che sta affrontando il periodo più difficile della sua vita: la madre sta morendo di cancro. Circondato da adulti che non sanno come aiutarlo e da una realtà che non vuole accettare, Conor finisce per rifugiarsi nella propria fantasia, invocando, suo malgrado, un mostro. Una notte, infatti, esattamente sette minuti dopo la mezzanotte, riceve la visita di un gigante-albero che gli fa una promessa:
«Ti racconterò tre storie e quando avrò finito le mie storie, tu me ne racconterai una quarta. Me ne racconterai una quarta che sarà la verità.»
Conor inizialmente non capisce l’utilità di tutto ciò, ma non può far altro che accettare. L’albero così, notte dopo notte, gli racconta tre favole morali che cercano di far vedere a Conor la realtà sotto una diversa luce.
Le storie procedono, come procede la vita del protagonista, sempre più stanco e triste per il rapido peggioramento della madre. Finite le storie, Conor dovrà raccontare all’albero la quarta storia ovvero l’incubo che lo perseguita tutte le notti: la madre sul ciglio di un burrone che può essere salvata solo dal figlio che però non ha abbastanza forza e la lascia andare. Dietro questo incubo c’è una verità che l’albero esige di sapere e che Conor cerca fino all’ultimo di nascondere. Quale sarà questa verità?
Diretto da Juan Antonio Bayona, Sette minuti dopo la mezzanotte è una pellicola che sembra ispirarsi a Il labirinto del Fauno di Guillermo del Toro, capolavoro del genere drammatico-fantastico; ad unirli il fatto che i protagonisti sono bambini che devono affrontare una difficile e inaccettabile realtà e la filtrano attraverso la loro immaginazione, un modo infantile eppure umano di sopravvivere a momenti difficili.
Inutile dire quanto sia commovente il film che porta con sé non un semplice e doloroso lutto, ma un significato molto più profondo di quello che ci si aspetta una volta seduti sulle poltrone del cinema: la realtà non è bianca o nera, ma è un caleidoscopio di sfumature, non esiste solo bene o male, ma anche azioni e sentimenti ambivalenti che fanno parte dell’essere umano:
«Perché gli umani sono bestie complicate.»
La particolarità del film è l’alternarsi della trama principale con le storie dell’albero che sono rappresentate con dei magnifici acquerelli: uno stile di animazione così ben fatto che si finisce per immedesimarsi a fondo nelle fiabe, restando quasi delusi quando l’albero finisce di raccontarle.
Il fascino della pellicola di Bayona, così come quella di del Toro, sta nella duplice natura del finale che lascia aperta la possibilità, per gli spettatori con l’immaginazione più fervida, che il mondo della fantasia non sia estraneo a quello reale, ma ne faccia parte, così come il sogno non sempre si può distinguere dalla realtà.
Quello che conta in fondo è aver assistito ad una piccola grande storia.
Copertina: mymovies.it