Un bosco incantevole coi suoi colori autunnali, il rosso acceso di una mantella indossata da una giovane donna, un cestino di vimini rifornito di un pasto frugale. Un’immagine che ci riporta all’infanzia, a quel “C’era una volta…” con cui iniziano le favole. Ma questa volta, il personaggio di Cappuccetto Rosso è decisamente fuori dai canoni e fa sfoggio di un’inattesa balestra: l’antitesi tra l’immaginario collettivo e questa versione più visionaria dal sapore dark che ci mostra una ragazza che non ha certo bisogno di essere salvata e difesa contro il lupo cattivo.
Questo è uno degli scatti realizzati da Lorenzo Gulino, fotografo piemontese che si divide tra Biella e Torino. Nato nel 1976, diplomato al liceo scientifico e laureato in Economia Finanziaria, ha lavorato nel settore bancario fino al 2011, quando ha scoperto la sua vera “vocazione”: la fotografia digitale.
Grazie Lorenzo per la tua disponibilità a questa intervista. La prima domanda è d’obbligo: dai freddi numeri dei calcoli finanziari a un mestiere completamente diverso, decisamente più creativo ed artistico. Come sei arrivato a questa scelta?
Vi sono arrivato per caso. Avvertivo ormai il bisogno di cambiare, il vecchio lavoro non mi dava più le soddisfazioni degli inizi. A 35 anni reinventarsi non è proprio una cosa semplice, soprattutto quando sai fare e hai sempre fatto un solo mestiere. Inoltre, mi sembrava di buttare un po’ all’aria gli studi e le esperienze precedenti. La fotografia mi aveva sempre appassionato e mi son detto che tanto valeva ripartire da qualcosa che mi piacesse. Sono stato molto fortunato a trovare da subito un modello, e una modella in particolare, che mi hanno aiutato molto. Le loro foto hanno riscontrato un discreto successo e da lì è partito tutto.
Dopo aver cominciato con il microstock, hai nel tempo dato ai tuoi lavori una piega meno “commerciale” e più personale, attingendo a quelle che sono le tue passioni, la natura e il fantasy, creando scene davvero suggestive, romantiche e surreali. Dove trovi l’ispirazione per questi set fotografici?
Principalmente mi ispiro molto alla mitologia, al folclore, ai racconti fantasy e dell’orrore. Credo sia importante rimanere recettivi il più possibile nei confronti della realtà che ci circonda e nutrire in continuazione la mente con immagini, colori, musiche e parole. Il momento più creativo della giornata per me è il risveglio, mi si presentano come dei racconti sotto forma di immagini e sono una sorta di “summa” di cosa ho letto, visto, sentito. Annoto tutti i dettagli possibili in un quaderno e poi lascio decantare il progetto. Ho quaderni pieni di queste idee e di set fondamentalmente pronti.
Come realizzi le tue immagini? C’è uno studio a priori, pianifichi tutto, compresi i dettagli, o lasci anche un margine di improvvisazione in fase di scatto?
Ho sempre paura di dimenticarmi qualche aspetto importante durante la sessione di scatti perciò, soprattutto nei set più complessi, tendo a pianificare tutto. Cerco di essere pronto ad ogni evenienza, ad ogni cambio di programma improvviso e i fotografi sanno bene che di imprevisti ne capitano in continuazione, dal ritardo del treno con cui deve arrivare la modella ai temporali che ti scoppiano sulla testa dopo aver raggiunto un luogo remoto e montato i vari flash. Avere una scaletta aiuta e permette di concedersi momenti di totale improvvisazione, lasciando libertà di espressione alla persona ritratta.
Qual è l’aspetto più soddisfacente del tuo lavoro?
Adoro creare prima nella mia testa e poi nella realtà una storia fatta di luci, colori e a volte concetti. Quando una mia immagine viene selezionata per la copertina di un libro mi piace pensare alle svariate persone che la vedranno e magari qualcuno, dall’altra parte del globo, riuscirà ad entrare nel mio piccolo mondo fantastico, liberandosi per un attimo da una quotidianità a volte pesante e stressante.
Nel genere di ritratti in cui ti cimenti, quanto è fondamentale creare un’intesa con il modello/modella?
È sicuramente importante, e capita spesso di non conoscere prima della sessione di scatti la persona ritratta. La chiarezza e la trasparenza su cosa si vuole ottenere facilita enormemente il lavoro di entrambi e pone in sintonia da subito. Poi è naturale che vi siano modelli e modelle con cui vi siano più affinità, per i miei progetti personali preferisco lavorare assieme a persone che nutrano la mia stessa passione per un certo tipo di foto e un certo modo di raccontare queste storie.
Hai avuto l’opportunità di fare un servizio fotografico con i rapaci. Come è stata questa esperienza?
È stato molto divertente e anche piuttosto semplice grazie all’aiuto e disponibilità degli amici falconieri di Falconeria Oropa. Anche la modella si è da subito mostrata a suo agio con questi splendidi animali e la sua totale naturalezza ha reso parecchio in fase di ripresa.
Un elemento che ricorre nelle tue fotografie è lo specchio, come oggetto fisico di scena ma anche come l’atto di specchiarsi o il riflettersi nell’acqua. Quale significato ha questo tema per te?
Sin da bambino gli specchi mi hanno sempre affascinato, li vedevo come un qualcosa di magico ed inquietante. Ora in molte mie immagini li uso come fossero un portale, sia verso altri mondi sconosciuti e surreali, sia verso se stessi, verso il nostro vero Io, spesso sepolto sotto le molte maschere della personalità. Tramite questo atto introspettivo, l’immagine riflessa è spesso il contrario di ciò che è mostrato nell’immagine principale. Luce ed ombra, felicità e tristezza, corpo e spirito, insomma tutti i contrasti di cui l’essere umano è composto.
Quanto è importante la postproduzione nelle tue immagini?
Credo che l’importanza della fase di postproduzione sia paritaria alla fase di scatto. Anzi, nel mio caso, già in fase di ideazione di un set, tengo conto di quale dovrà essere la postproduzione associata. Ciò mi permette, in fase di ripresa, di organizzarmi nella scelta del luogo, degli sfondi e di altri particolari. Ogni set però ha le sue particolarità, in molti ritratti per esempio la post è leggerissima e cerca solo di esaltare le caratteristiche naturali della foto, altre volte ammetto di calcare di più la mano ed entrare nel mondo della digital art. Ho una regola generale che seguo pedissequamente: ottenere già in macchina uno scatto soddisfacente. La postproduzione mi deve aiutare a rendere ottima una fotografia già bella di per sé, non recuperare uno scatto mediocre o addirittura errato in partenza.
Quale sarà il tuo prossimo progetto fotografico?
Con l’arrivo della primavera potrò tornare a scattare più liberamente nei miei amati boschi, ambiente ricorrente ed importante delle mie fotografie. Ho avuto anche la fortuna di recuperare vestiti ed oggettistica particolare, perciò non vedo l’ora di raffigurare divinità e creature leggendarie del nostro passato comune, naturalmente rimodellate ed interpretate alla mia maniera. Conto altresì di introdurre nuovi animali ma questa deve rimanere una sorpresa. Nella mia testa e nei miei appunti è già tutto pronto.
FOTOGRAFIA – Fantasy e sensualità fra boschi e valli incantate. Lorenzo Gulino e le sue modelle.