Dopo due anni di discussione in Parlamento, con 138 sì, 71 no e 21 astenuti, il Senato ha finalmente approvato la legge delega per il contrasto alla povertà e il riordino delle prestazioni sociali. Per la prima volta viene previsto anche in Italia, ultimo Paese nell’Unione europea a dotarsene, uno strumento universale – il REI, Reddito di inclusione – di sostegno per chi si trova in condizione di povertà assoluta. L’approvazione della legge sul reddito di inclusione si pone a completamento di un percorso, iniziato a luglio dell’anno scorso con l’approvazione del Sostegno all’Inclusione Attiva (SIA).
Dieci anni di crisi hanno infatti portato a ben 4 milioni e seicento mila italiani che si trovano in condizioni di povertà. Attraverso il sistema di inclusione attiva, iniziato come pilota in alcune città, sono state affrontate le situazioni di estrema povertà, coinvolgendo circa 200.000 famiglie bisognose.
L’obiettivo del REI è rafforzare il coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali per garantire in tutto il territorio i livelli essenziali delle prestazioni. Il nuovo reddito di inclusione sociale sarà uno strumento universale, anche se condizionato alla prova dei mezzi. Esso si rivolgerà alle famiglie in condizioni di povertà, definite dai parametri reddituali confermati e verificati dall’INPS, e verrà erogato attraverso una sorta di voucher o carta prepagata, un intervento volto all’acquisto dei beni di prima necessità. Come elemento caratterizzante del disagio economico, si dovrebbe considerare un Isee (Indice Situazione Economica Equivalente) inferiore o uguale a 3.000 euro, oltre all’assenza di altri trattamenti economici rilevanti. Ogni nucleo familiare riceverà mensilmente la somma necessaria a colmare la differenza tra la soglia di povertà e il proprio reddito disponibile. L’importo del ‘bonus’ erogato verrà calcolato in base al numero dei componenti del nucleo familiare rispettando il principio guida del provvedimento: raggiungere un livello di vita “minimamente accettabile“.
L’obiettivo primario del reddito di inclusione è quindi raggiungere le persone in povertà assoluta, con una specifica attenzione ai nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave, con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione. Secondo le previsioni del presidente del consiglio Paolo Gentiloni, ad essere coperti dal nuovo reddito saranno 400mila nuclei per circa 1,8 milioni di persone. Per questo sono stati stanziati ben 1,6 miliardi di euro, che saranno sufficienti per garantire un reddito di inclusione che andrà dagli 80 ai circa 480 euro al mese per nucleo familiare (ben più alto del precedente Sostegno all’inclusione attiva).
Il REI sarà gestito dai servizi sociali dei comuni, in collaborazione con i centri dell’impiego. Come il SIA, anche il nuovo reddito sarà infatti vincolato all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, finalizzato all’affrancamento dalla condizione di povertà. Il REI, infatti, non è una forma di reddito, né assistenziale né di cittadinanza, ma di inclusione, cioè una misura in cui l’erogazione finanziaria è accompagnata a misure di accompagnamento verso l’attivazione alla società alla formazione e al lavoro. Quindi si richiede la necessità di rafforzare sia i servizi sociali dei comuni sia i centri dell’impiego.
Ovviamente, essendo una legge delega, si dovranno aspettare i decreti attuativi del governo, che dovrebbero arrivare entro sei mesi. Al momento, si può dire che si tratta di un risultato di straordinaria importanza. La questione sociale diventa infatti il primo punto dell’azione di governo. E questo è un passo decisivo verso un’Italia più giusta ed equa.
fonte foto: wired.it