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Oscar 2017: la corsa sta per terminare e l’esito non è scontato

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Ci siamo davvero. La stagione dei premi cinematografici, inaugurata con i Golden Globe a inizio gennaio, sta per arrivare al suo momento più importante: l’assegnazione degli Academy Awards 2017, altrimenti chiamati Premi Oscar. Un po’ come il Festival di Sanremo nostrano, gli Oscar sono lungamente preceduti da azzardati pronostici da un lato e da implacabili critiche dall’altro; critiche che, peraltro, si moltiplicano dopo le nomination e si cristallizzano intorno ai grandi esclusi dalla corsa. Ma, dal momento che anche gli Oscar sono sempre gli Oscar, nessun amante del cinema riesce a ignorare del tutto quella notte di fine febbraio in cui decine di statuette d’oro vengono distribuite agli artisti del grande schermo. Ecco, quindi, un rapido riepilogo di cosa possiamo aspettarci da questi Academy Awards 2017.

Come era più che prevedibile, il film che più si è imposto all’attenzione del mondo in questo 2017 appena iniziato è La La Land, il musical di Damien Chazelle. Fin dall’apertura del Festival del Cinema di Venezia si era capito che La La Land avrebbe fatto parlare di sé, ma forse pochi hanno immaginato quanto questo sarebbe stato vero: dopo il trionfo italiano, il film ha stabilito un nuovo record guadagnandosi sette Golden Globe su sette candidature, ottenendo cinque Premi BAFTA e numerosi altri riconoscimenti e guadagnandosi ben quattordici nomination agli Oscar, cosa che gli ha consentito di eguagliare due grandi pellicole come Eva contro Eva e Titanic. Se vincesse un premio per ogni categoria, La La Land supererebbe gli undici riconoscimenti ottenuti dallo stesso Titanic, Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re e Ben Hur, diventando il film più premiato di sempre. Ma quante possibilità ci sono che questa rosea ipotesi si avveri? A nostro parere, non moltissime.

La La Land è certamente un piccolo capolavoro, pienamente in stile con quella rivisitazione un po’ nostalgica e un po’ ironica di se stessa che ultimamente Hollywood sta mettendo in atto. I due protagonisti, Emma Stone e Ryan Gosling (candidati rispettivamente come Miglior attrice e Miglior attore), danzano su musiche che riempiono il cuore e colmano con il loro carisma la distanza con gli immortali Fred Astaire e Ginger Rogers, che non riescono a eguagliare in bravura ma che pure evidentemente richiamano. La loro storia d’amore e di speranza è giunta in un momento difficile per l’America, uscita molto provata dalle elezioni presidenziali che hanno visto come vincitore Donald Trump. La semplicità e l’atmosfera favolosa di La La Land sono arrivate quasi come un invito a prendersi una pausa da tutta questa realtà, a concedersi di sperare e sognare di nuovo.

Eppure tutto questo potrebbe non bastare, perché oggi più che mai gli Oscar sono un evento politico, oltre che cinematografico. Lo si è visto molto bene l’anno scorso, quando a colpi di hashtag #Oscarsowhite gli Academy Awards erano stati criticati per la scarsa presenza di nominati di colore (il 95% e, in particolare, tutti i candidati ai premi più prestigiosi erano bianchi). Hollywood ha assorbito le critiche e reagito di conseguenza: tanto per fare un esempio, delle cinque attrici nominate nella categoria “Miglior Attrice non Protagonista” tre sono afroamericane.

Un altro fattore da considerare, poi, è che negli ultimi anni la giuria degli Academy Awards è stata più propensa a distribuire premi al maggior numero possibile di film piuttosto che creare monopoli alla Titanic. L’anno scorso, ad esempio, il superfavorito Revenant ha strappato tre statuette, ma era candidato in ben dodici categorie. La scelta è, tutto sommato, ragionevole: se è vero che il cinema ha prodotto capolavori di altissimo livello per sceneggiatura, regia, colonna sonora e recitazione, è anche vero che non è corretto penalizzare un ottimo prodotto soltanto perché si è trovato a concorrere con un rivale a volte di pochissimo superiore. E in questo 2017 i rivali di La La Land non sono davvero da sottovalutare.

Per tutti questi motivi, insomma, è improbabile che La La Land conquisti tutte le tredici statuette a cui può aspirare: Hollywood non può permettersi di generare polemiche pluripremiando un film romantico di attori belli e bravi che celebra i fasti dell’epoca d’oro del cinema. A questo punto la domanda è: quale categoria verrà sacrificata?

Probabilmente non Miglior regia: Damien Chazelle, il trentaduenne regista, è giovane e capace e merita di certo un riconoscimento. Anche la Miglior colonna sonora e la Miglior canzone originale probabilmente saranno di La La Land, che nell’ultima categoria partecipa con ben due brani (City of Stars e Audition). Già nella prestigiosissima categoria Miglior film il musical di Chazelle, dato per favorito fino a poche settimane fa, trova invece un temibile rivale in Moonlight. La storia di Chiron, un giovane afroamericano omosessuale a Miami, è davvero un delicato, piccolo capolavoro del giovane Barry Jenkins e ha ricevuto molti consensi da parte del pubblico. Insieme a Il diritto di contare, Moonlight rispecchia pienamente la volontà di questi Academy Awards 2017 di non sentirsi più additare come “troppo bianchi” e, soprattutto, lancia un messaggio importante: anche se il mondo – e gli Stati Uniti in particolare – sembrano averlo dimenticato, la diversità etnica, culturale e, perché no, di genere è un patrimonio da difendere.

Anche nelle categorie Miglior attore protagonista e Miglior attrice protagonista Gosling e Stone rischiano di vedersi superati. Casey Affleck è in effetti un grande interprete del tormentato protagonista di Manchester by the Sea e merita, se non proprio la statuetta, almeno una menzione speciale. Per le attrici, invece, non c’è che l’imbarazzo della scelta: dalla regina del tappeto rosso Meryl Streep alla bravissima Natalie Portman, che ha saputo portare sul grande schermo il personaggio di Jacqueline Kennedy, è davvero difficile stabilire quale tra le cinque candidate meriti di più l’ambito premio.

L’esito di queste premiazioni, insomma, è tutt’altro che scontato. Per quel che ci riguarda, non ci resta che aspettare la notte fra il 26 e il 27 febbraio e, intanto, allungare l’occhio sui rappresentanti del nostro Paese: Fuocoammare, nella categoria Miglior documentario, e Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregoriani, candidati per il make-up di Suicide Squad.

 

Silvia Ferrari

Classe 1990, nata a Milano, laureata in Filologia, Letterature e qualcos'altro dell'Antichità (abbreviamo in "Lettere antiche"). In netto contrasto con la mia assoluta venerazione per i classici, mi piace smanettare con i PC. Spesso vincono loro, ma ci divertiamo parecchio.

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