Ci sono cose che il tempo risucchia. Case che svuota, ponti che sgretola, giardini che strangola di sterpaglie. Hanno un fascino sottile questi templi spogliati, di tempi andati. È un morboso che chiama le viscere e forse regala sapori nuovi. Un fervore dilagante spinge sempre più questi turisti in punta di piedi. Forse siamo in un tempo di rovina, e come in ogni epoca vogliamo solo vederci rappresentati.
È scoppiata la mania di un “turismo dell’abbandono”, che calamita in posti deserti di gente, ma soprassaturi di ricordi. Manicomi abbandonati, parchi divertimento diroccati, vecchi paesi collegati al mondo da mulattiere oggi impercorribili. Più splatter è la morte, più attira la vista. Nella zona lombarda sono diversi, ipercitati, i luoghi dimenticati oggi rivisitati. Consonno, l’antica città dei balocchi in provincia di Lecco (nella foto di apertura). Campo di Brenzone, un borgo fantasma sul lago di Garda. L’ex-manicomio di Mombello, nei dintorni di Limbiate, in provincia di Monza. Montebello, Mombello, un tempo, oggi solo un’eco di vecchie urla, lavandini incrostati di sangue, sporcizia, morte stantia. Si è ripopolato di anime indecenti, e irriverenti, dopo l’approvazione della legge Basaglia del 1978, che ha fatto chiudere i battenti alle strutture manicomiali. Solo tossici, writers e turisti del macabro deragliano oggi tra i suoi corridoi.
In provincia di Milano c’è anche Greenland, il luna park abbandonato. È stato uno dei primi parchi giochi stabili, con Gardaland, costruito tra il 1964 e il 1965. Primo era Città satellite, oggi è una foresta che ha inghiottito attrazioni graffiate e scolorate. La struttura è stata sottoposta a sequestro giudiziario. L’accesso è su strada, la modalità di visita vietata.
Tra i posti marchiati come i più spaventosi del mondo dal turismo dell’abbandono, c’è l’ex sanatorio di Montecatone, un cuore fermo di tempo spezzato nel verde delle colline bolognesi. Fu fatto costruire da Mussolini per curare i malati di tubercolosi, ed erano gli anni trenta. Tre padiglioni, uno per i soldati, uno per gli uomini e uno per le donne. Oggi il meno diroccato è un centro per la cura dei pazienti con lesioni alla spina dorsale, che vivono, spalla a spalla, con ricordi e incubi di protesi e deformazioni.
Sono cocci di un’Italia che era, su cui c’è da camminare in punta di piedi. Posti di pietra o cemento, che risuonano di voci lontane. Spesso ingabbiano memorie di pazzi o di sangue, anime straziate che non hanno fatto pace con la vita. Forse questi turisti delle macerie sperano di rielettrizzare i loro cuori di apatia, nell’empatia con altre distruzioni. Forse cerchiamo di ricucire, di risanare, questo nostro tempo di abbandono.
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