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Oceania: tornare a sognare fra le meraviglie della Polinesia

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«In principio c’era solo l’Oceano, finché non emerse l’isola madre Te Fiti. Il suo cuore aveva il più grande potere mai conosciuto: creare la vita. E Te Fiti lo condivise con il mondo».

Così inizia Oceania, 56º classico Disney: immergendo lo spettatore nella Polinesia, nella sua natura, nelle sue leggende, nei suoi miti. Dei film d’animazione realizzati nel 2016, Oceania (Moana nella versione originale) era senza dubbio uno dei più attesi. Un’attesa che sembra aver portato ottimi frutti: a solo una settimana dall’uscita l’opera ha raggiunto incassi record ed è stata definita dalla critica e dal pubblico un magnifico film d’animazione.

Seguendo l’indice di gradimento di Rotten Tomatoes, Oceania si è aggiudicato un 95%, una votazione che lo porta al secondo posto nella classifica dei migliori film Disney degli ultimi trent’anni, scavalcato soltanto da Zootropolis (2016) e davanti a grandi classici del calibro de La Bella e la Bestia e Il Re Leone. Sembra che la Disney sia entrata in una nuova fase propizia segnata non solo dal successo al botteghino, ma anche dall’apprezzamento di grandi e piccoli.

La trama di Oceania non è delle più innovative ma, nonostante la prevedibilità, si sviluppa senza intoppi e tiene sveglia la curiosità di chi guarda. Vaiana (Moana nella versione originale) è una giovane principessa che vorrebbe fuggire dal suo villaggio per scoprire cosa c’è al di là della barriera corallina, limite invalicabile che “imprigiona” il suo popolo in un’isola paradisiaca emarginata dal mondo. La famiglia di Vaiana si oppone ovviamente al suo desiderio di viaggiare oltre la laguna, rendendo il mondo “al di là” dell’isola ancora più affascinante.

Il personaggio della nonna, la matta del villaggio, sembra essere l’unica guida positiva in grado di comprendere i sogni e le paure di un’adolescente in cerca della propria via. L’occasione per partire via mare arriverà quando l’isola di Vaiana sarà messa in pericolo da un’antica maledizione causata dal semidio Maui, che accompagnerà la protagonista nel suo lungo viaggio verso la libertà.

La storia richiama quindi molti classici Disney, primo fra tutti La Sirenetta: se Ariel voleva fuggire dal mare e conoscere la terra ferma e i suoi abitanti, Vaiana vuole invece lasciare la terra ed esplorare l’oceano. La differenza maggiore con i classici passati è che non è stata inserita nessuna sotto-trama sentimentale, seguendo una tendenza sempre più comune nei nuovi film Disney-Pixar. Al contrario di alcune opere passate, Vaiana non ostenta però la sua indipendenza: si è scelto qui di tralasciare il filone sentimentale, senza però mostrare il rifiuto dell’amore come unica soluzione per trovare la felicità.

Oceania è quindi un film su una giovane donna non forzatamente femminista; un film su una principessa – completa di vestito e di animale-aiutante, proprio come nei classici più apprezzati – ma non un film “da principessa”: il cliché dell’adolescente salvata dal Principe Azzurro è ormai dimenticato a favore di messaggi nuovi e più attuali. Vaiana è forte di spirito ma a tratti insicura, in cerca di se stessa ma determinata, coraggiosa e pasticciona insieme: un modello decisamente più contemporaneo, in grado di offrire risate e spunti di riflessione a una nuova generazione che, senza dubbio, non si rispecchia più nei canti in falsetto di una Biancaneve che nemmeno riesce a reggere lo sguardo del suo Principe.

Quello che manca in Oceania – e che manca più in generale nei film d’animazione proposti negli ultimi anni – è un vero villain di cui vengano approfondite la psicologia e la storia. Maui si converte ben presto in un aiutante indispensabile, mentre il demone di lava Te Kā appare soltanto nelle prime e nelle ultime scene. Un peccato dato che, fino a qualche anno fa, i cattivi Disney risultavano tanto affascinanti quanto i protagonisti.

Il punto forte del film invece è la colonna sonora, spesso paragonata a quella dell’altrettanto celebre Frozen. Le canzoni di Oceania hanno però un’ulteriore pregio: oltre all’orecchiabilità, richiamano le atmosfere polinesiane con successo, dando la possibilità allo spettatore di viaggiare in un nuovo mondo anche dal punto di vista musicale.

Oltre alle melodie tipiche, cantante in alcuni punti in tahitiano, di Oceania stupiscono le tradizioni polinesiane e l’incredibile rapporto tra gli abitanti dell’isola e la natura. L’Oceano e la Terra sono elementi da rispettare e con cui convivere in armonia: l’opera porta avanti, seppur indirettamente, una metafora ecologista di grande efficacia.

Oceania

Oceania ha quindi pregi e difetti, ma è, tirando le somme, un ottimo film. Non propone una trama nuova, non si discosta dalla storia Disney dal facile successo, ma l’ambientazione polinesiana – ricca di colori e rappresentata da una CGI impeccabile – dà un tocco di freschezza, avvicina i più piccoli a culture distanti e si presenta come un elemento di grandissimo fascino.

 

 

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