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Analfabetismo costituzionale

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Rieccoci. Nella vita umana ci sono solo tre cose certe. Due di queste sono che si nasce e che si muore. La terza è che, ogni volta che in Italia cambia un Governo, si alza il coro del «PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NON ELETTO DA NESSUNO!!!!1!!11!».

Allora è bene ripeterlo ancora, come ogni volta: nella storia dell’Italia repubblicana mai nessun Presidente del Consiglio è stato eletto da nessuno. Perché? Perché lo prevede la Costituzione. In particolare, l’Italia è una Repubblica parlamentare, che significa che è il Parlamento l’organo dello Stato in cui è rappresentata la volontà del popolo sovrano. Infatti, quando si va a votare, con il segno espresso sulla scheda si indica il partito da cui si vuole essere rappresentati nelle Camere. Non si vota il Presidente del Consiglio.

Il premier dunque viene nominato dal Presidente della Repubblica (il quale, a sua volta, è eletto ogni 7 anni dal Parlamento che, ricordiamo, rappresenta il popolo sovrano). In che modo avviene la nomina è cronaca di questi giorni: la più alta carica dello Stato convoca al Quirinale le delegazioni dei partiti presenti in Parlamento (che rappresentano il popolo sovrano), i quali danno al Presidente la propria disponibilità o meno a sostenere un esecutivo. Dopodiché il Presidente della Repubblica, in base a quanto emerso dalle consultazioni, affida a una persona (che può essere potenzialmente chiunque, anche non un parlamentare) l’incarico di formare il nuovo Governo. Il quale dovrà poi presentarsi davanti al Parlamento (che rappresenta il popolo sovrano) per ottenere la fiducia.

Questo, in estrema sintesi, il processo di formazione di un esecutivo così come previsto dalla nostra Costituzione. Proprio per questo motivo nella storia dell’Italia repubblicana nessun governo è mai stato eletto dal popolo. Del resto la Prima Repubblica è sostanzialmente una serie di governi fatti e disfatti in base agli umori del partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana. Ogni volta che qualcuno dice «Presidente del Consiglio non eletto dal popolo», un Andreotti si rivolta (dalle risate) nella tomba.

Insomma, finché l’Italia sarà una Repubblica parlamentare, mai nessun governo verrà eletto direttamente dal popolo, che continuerà a delegare la propria sovranità al Parlamento e i governi continueranno a nascere e morire come è sempre avvenuto da settant’anni a questa parte. Se alla centralità del Parlamento si preferisce invece la centralità (e quindi la sua elezione diretta) del Governo, beh, questo significa che al parlamentarismo si preferisce il presidenzialismo. Nulla di male, per carità: basta solo decidersi.

In un sistema parlamentare, del resto, i governi nascono e muoiono di continuo, appunto perché – ci sia consentita l’espressione – “non sono importanti”. Centrale è appunto il Parlamento, che dà e toglie la fiducia agli esecutivi. Andare in agitazione per la caduta di un Governo significa che in realtà, più o meno inconsapevolmente, si è già passati culturalmente a una visione di tipo presidenzialista.

Eppure c’è da scommettere che, se si proponesse di passare dal parlamentarismo al presidenzialismo, gli stessi che oggi inveiscono contro il Presidente del Consiglio non eletto poi inveiranno contro una presunta svolta autoritaria e l’uomo solo al comando.

Insomma, tra i tanti problemi del nostro Paese, a ben vedere, c’è da annoverare un sostanziale analfabetismo costituzionale, alimentato da molte forze politiche (di opposizione e non) e dai mass media. Del resto anche il meccanismo delle primarie per la scelta del “candidato Presidente del Consiglio” fa credere falsamente che si va a eleggere il primo ministro. Ma le cose non stanno per nulla così. Non è il popolo che è ignorante e non capisce la Costituzione, è che chi ha avuto il compito di spiegare come funzionano le cose (partiti e giornali) ha raccontato una realtà diversa da quella che esiste.

 

Foto: lapresse.it

 

 

Michele Castelnovo

Classe 1992. Laureato in Filosofia. Giornalista pubblicista. Direttore di Frammenti Rivista e del suo network. Creator di Trekking Lecco. La mia vita è un pendolo che oscilla quotidianamente tra Lecco e Milano. Vedo gente, scrivo cose. Soprattutto, mi prendo terribilmente poco sul serio.

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