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Psicogeolocalizzazione sul territorio: app-licarsi per un andare consapevole

3 minuti di lettura

«La cultura digitale ha creato le fondamenta per una nuova civiltà. E questa civiltà sta costruendo la dialettica, il confronto e la solidarietà attraverso la comunicazione» (Manifesto Internet for peace – 2010)

Le nuove tecnologie filtrano il rapporto dell’umano con il territorio. La pregnanza di questa mediazione è aumentata esponenzialmente con l’applicazione dei nuovi ritrovati all’universo dei device mobili, in particolare nel pacchetto social network. I social network catturano oggigiorno il 26% del nostro tempo di navigazione. Le applicazioni captano l’utente in ogni momento e in ogni luogo, contestualizzano e amplificano la sua esperienza dell’ hic et nunc.

Si affaccia la possibilità, sincera, di sfruttare positivamente gli schermi come cassa di risonanza del vivere nel mondo, farne strumenti di contestualizzazione più consapevole, invece che cadere nelle derive potenziali di decontestualizzazione di tali mezzi. È intrinsecamente democratico questo approccio, baluardo di un turismo e di un andare e di un essere nel territorio, accessibile a tutti. In alcuni casi si materializza come vera e propria partecipazione dal basso, dove l’apporto del singolo utente è tessera di un puzzle in fieri. Di opposta impostazione, la Realtà Aumentata produce invece contenuti resi accessibili all’utente da specifiche professionalità, a seconda del luogo in cui si trova: aggiunge alla percezione umana informazioni e sensazioni che non sarebbero accessibili con i nostri soli limitati cinque sensi.

La realtà aumentata. Fonte: IBTimes UK
La realtà aumentata. Fonte: IBTimes UK

Ci sono applicazioni partecipate che plasmano lo stare e l’agire del singolo nel contesto. Applicazioni quindi, che possono indirizzare positivamente il comportamento della società, bruciando le distanze tra cittadini e amministrazioni, schiaffando sul piatto la possibilità concreta, e immediata, di interagire e collaborare con gli enti preposti alla guida. Clean City permette di segnalare situazioni di degrado urbano. Con Tassa.li. si apre la possibilità di segnalare anonimamente episodi di evasione fiscale, quali la mancata emissione di scontrini o fatture. PlacePulse dichiara le aree della città più o meno ricche, accoglienti e sicure, vive, carpendo in proposito le opinioni qualitative dei soggetti che le abitano o che le attraversano. MyBlockNYC è un diario-mappa, che riporta accanto alle geografie anche le storie, la cultura e lo stile che scandiscono i battiti di un luogo. È uno schizzo vivo, en plein air, e quindi di diretta presa, di uno spazio ridisegnato dall’umana percezione.

MyBlockNYC. Fonte: www.myblocknyc.com
MyBlockNYC. Fonte: www.myblocknyc.com

C’è il retrogusto della psicogeografia, delle derive, delle mappe emozionali, in questi ritrovati di ultimissima generazione. C’è il gusto intenso di risistemare i luoghi con il proprio personale viverli, di incidere il passaggio nei paesaggi che ci hanno emozionato. Sono defibrillatori dell’anima queste app, applicazione della prospettiva umana nel mondo. Serendipitor solletica lo spirito di esploratori giocosi, in un tempo che taglia il tempo e brucia le possibilità di contatto e incontro fortuito. Inserito l’itinerario da percorrere, l’applicazione tenta l’utente con potenziali deragliamenti, e fa inciampare in punti inaspettati e incredibilmente vivi. Dérive movimenta il tragitto lanciando ordini, o provocazioni (segui una coppia, trova il luogo più luminoso…).

PlacePulse app
PlacePulse. Fonte: www.livingstreetsalliance.org

Sono moltissime le app di questo tipo, anche se spesso molto più radicate all’estero che in Italia. Eppure se sfruttate, scuotono incredibilmente l’esperienza del luogo, il rapporto con il territorio, il viaggio. Offrono la possibilità, per tutti accessibile, di scavare a fondo, ma mai in modo mai invasivo, di vivere appieno, di personalizzare il passaggio, o il soggiorno. Anche Instagram è della partita: permette di sfogliare, per ogni luogo, i tagli di tanti soggetti, di tanti oggetti, “riconfezionando” integralmente uno spazio, condiviso.

Instagram. Fonte: italiacontest.altervista.org
Instagram. Fonte: italiacontest.altervista.org

Le applicazioni di Realtà aumentata rischiano una surrealtà più pungente. Il Museo della Città Fantasma è investito del titolo di museo vivente, per tramite di dispositivi mobili. Pazzi visionari artisti del secolo scorso, a New York, hanno riesumato le storie che stavano fuori dallo spettro del visibile. L’app ritraccia in sovraimpressione vicende che erano sepolte, ma che non sono scadute. È uno storico che fa mistero, e che può essere fonte di ispirazione per futuri proficui progetti. Streetmuseum regala flash storici dei fermi-immagine sul percorso dell’utente. È un filo rosso che collega passato e presente. L’ app World Park arriva a riprodurre estratti di film girati nei luoghi oggetto di interesse, risfogliando cartoline, e memorie, frastagliate e forti.

Viviamo in spazi condivisi, e per quanto sia facile scadere nella critica delle derive che questo comporta, c’è anche, come sempre, un modo per vedere il risvolto positivo di tanta evoluzione tecnologica. Farsi pars construens di un soggetto caldo non è mai banale, richiede sforzo, razionalità, ottimismo e solidità etica. Eppure le potenzialità sono immense: bisogna lasciar galoppare la mente oltre i confini mondani, del pregiudizio, oltre la lassezza, dei facili reazionarismi.

Francesca Leali

Nata a Brescia nel 1993. Laureata in lettere moderne indirizzo arti all'Università di Bergamo, dopo un anno trascorso in Erasmus a Parigi. Appassionata di fotografia, cinema, teatro e arte contemporanea.

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