Sebbene il nome del grande compositore russo Pëtr Il’ič Čajkovskij sia spesso associato a candide ballerine in tutù e a languidi cigni, la sua musica, l’intensità e la trascendenza di una composizione carica di sentimento, costituiscono un fulgido esempio di mélange artistico, dove le note vengono ideate sulla base di scenari fiabeschi e racconti incantati.
Nato in una splendente Russia zarista (Kamsko-Votkinsk, 7 maggio 1840), il giovane Čajkovskij pare il protagonista di una tragica favola di Handersen o dei fratelli Grimm, crescendo in una famiglia della classe media che osteggiava le sue inclinazioni musicali (tali studi non erano infatti istituzionalizzati). Rimasto orfano dell’amatissima madre all’età di quattordici anni, Čajkovskij improntò i suoi studi sulla prospettiva di una carriera futura, iscrivendosi alla facoltà di giurisprudenza di San Pietroburgo, dove conseguì la laurea all’età di ventisei anni. Tuttavia, il richiamo della passione non accennava a spegnersi, e lo portò a seguire numerosi corsi di pianoforte presso il Conservatorio di Pietroburgo.
Il suo grande talento non tarda a rivelarsi in tutta la sua magnificenza e, mentre lavorerà come insegnante di armonia musicale a Mosca, inizierà a cimentarsi nella composizione di nuove sinfonie. Al 1866 risale la Sinfonia n.1 in Sol minore, op. 13, Sogni d’inverno, cui ne seguiranno altre otto. Estremamente versatile, egli non si limita a composizioni sinfoniche, ma si destreggia anche nella musica da camera come in quella sacra, nell’opera come nel balletto. Sarà proprio quest’ultimo a conferire a Čajkovskij una fama sorprendente, che ancora oggi lo fa amare e apprezzare dal pubblico di tutto il mondo.
Il successo professionale è però offuscato dalla sua vita privata, dove un’omosessualità fortemente repressa lo spinge in un baratro di depressione e malinconia. Ma forse sono proprio questi tetri sentimenti a conferire alle sue opere uno struggente senso di tenerezza, il quale smuove i sedimenti più abissali dell’animo umano, attraverso un’universalità da definirsi unica, grazie ad una perfetta capacità di trasformare le emozioni in musica.
In seguito al matrimonio con Antonina Milyukova, che per lui costituiva una meschina soluzione di facciata e chi si rivelerà breve e morbosamente infelice, Čajkovskij intratterrà una lunga e intensa relazione epistolare con Madame von Meck, sua amica e consigliera ma soprattutto mecenate, nella quale troverà sempre un rifugio sicuro e confortevole. Sempre tormentato da una bile saturnina che gli lacererà l’anima, Čajkovskij morì in circostanze misteriose a San Pietroburgo il 6 novembre 1893, e in molti tuttora sostengono l’ipotesi del suicidio.
Sebbene sia spesso errato giudicare l’opera di un artista sulla base della sua vita privata, il caso di Čajkovskij costituisce un esempio a sé, un’eccezionalità in cui il percorso individuale di un uomo coincide con quello del genio musicale. Come non percepire il sostrato di fastoso turbamento nei suoi balletti? La melodica tristezza del Lago dei Cigni, o il prorompente entusiasmo dello Schiaccianoci? Come non sentire quel profondo amore per la patria, per quella Russia fredda e al tempo stesso magica, dove l’immensità della steppa cela fiabe antiche e misteriose, dove palazzi d’argento paiono la dimora di una corte fatata?
L’esistenza di Čajkovskij, riassunta con magistrale e ineguagliata perfezione nella sua ultima composizione, La Pathétique, fu essa stessa un capolavoro senza tempo, la storia di un uomo tormentato, geniale e irrimediabilmente solo. Sebbene sia prettamente conosciuto per i tre meravigliosi balletti (Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci, La Bella Addormentata), la produzione di Čajkovskij fu altresì vastissima e molto varia, con ben undici opere liriche (tra cui la nostalgica Pulzella di Orleans e il capolavoro La Dama di Picche ispiratagli dall’ascolto di Bizet) e numerosi concerti sinfonici.
Ciò che è certo, è che l’opera di Čajkovskij fu, e ancora è, una favola meravigliosa dove fiocchi di neve danzano eleganti nell’aria, dove fiori iridescenti aprono le maestose corolle per incantare con un valzer, dove candidi cigni si trasformano in bellissime fanciulle. Delicato, forte e profondo come nessun altro, Čajkovskij ha toccato l’anima del mondo suscitandone le emozioni più nobili e pure, come la mestizia dell’amore e il suo placido tormento, ha saputo raccontare la sua esistenza rendendola un intramontabile capolavoro, e ha saputo musicare la vita facendone risuonare gli echi ancora e ancora, in una sinfonia che non avrà mai fine.
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