«Remember, remember the 5th of November,
Gunpowder Treason and plot;
I see of no reason why Gunpowder Treason
should ever be forgot».
È il 5 novembre e tornano inesorabili i ricordi delle prime lezioni di inglese quando, tanto per fare un po’ di pratica con le quattro parole che si erano imparate, si leggevano brani sulle ricorrenze e le festività angloamericane. È qui che si faceva la conoscenza con Guy Fawkes, il rivoluzionario che nel 1605 progettò la distruzione del Parlamento inglese e, non riuscendoci, fu catturato e impiccato. I bambini lo “celebrano” come un personaggio strano e un po’ inquietante, che viene posto sotto forma di fantoccio sopra un rogo. Una ricorrenza carina, che pare stia scomparendo, almeno nelle grandi città dell’Inghilterra.
Per noi non particolarmente legati al ricordo di Guy Fawkes, invece, il 5 novembre significa V per Vendetta. Il film, diretto da James McTeigue, sceneggiato nientemeno che dai fratelli Wachowski (quelli di Matrix) e uscito nel 2005, è diventato un must di inizio novembre, un po’ come Jack Frost a Natale. Ma è anche divenuto l’argomento scelto da molti ragazzi per la tesina di maturità, grazie alle sue molteplici tematiche (il totalitarismo, la maschera che nasconde un’idea) e all’esplicito richiamo a 1984 di Orwell. E, non da ultimo, proprio la maschera di Guy Fawkes indossata dal protagonista V è divenuta il simbolo di Anonymous ed è utilizzata da chi vuole protestare contro il sistema economico e sociale occidentale. Per ironia della sorte (o del capitalismo?) la maschera bianca e nera è divenuta così celebre e richiesta che perfino Amazon la vende, al modico prezzo di 7,99€.
Al di là di ciò che è arrivato a rappresentare, V per Vendetta è uno di quei film che tiene incollati alla poltrona, che bisogna rivedere qualche volta per capire pienamente, che fino all’ultimo – e anche oltre – lascia degli interrogativi su cui riflettere. Apparentemente la storia è semplice: come il romanzo orwelliano, V per Vendetta è ambientato in una futura Londra distopica, governata da un partito neo-conservatore con a capo l’Alto Cancelliere Adam Sutler. Il partito controlla la vita dei cittadini in ogni suo aspetto, osservandone i movimenti attraverso una fitta rete di telecamere nascoste e indirizzandone il pensiero grazie all’emittente televisiva del partito, incaricata di manipolare le notizie e le menti. Il partito tiene in scacco non solo l’Inghilterra, ma il mondo intero grazie alla promessa di una pace duratura, un sollievo dopo le guerre che hanno devastato i continenti tra il 2005 e il 2015.
Corre l’anno 2019 e questo terribile equilibrio viene turbato da V (Hugo Weaving), un uomo mascherato da Guy Fawkes dalla forza e agilità sovrumane che la notte del 5 novembre fa esplodere l’Old Bailey, simbolo della giustizia «che sembra essersi presa una vacanza da questo Paese». Di giorno, dopo aver fatto irruzione nell’emittente televisiva del governo, V pronuncia un rivoluzionario discorso e promette che a un anno esatto di distanza avrebbe distrutto il Parlamento e, insieme ad esso, i responsabili del regime di terrore. La sua strada si incrocia con quella di Evey (Natalie Portman), una giovane e insicura ragazza che l’uomo salva da uno stupro e poi nasconde in casa sua, poiché la polizia la ritiene una complice.
«Il Parlamento è un simbolo, come lo è l’atto di distruggerlo. Sono gli uomini che conferiscono potere ai simboli. Da solo un simbolo è privo di significato ma con un bel numero di persone alle spalle far saltare un palazzo può cambiare il mondo».
Nell’anno che intercorre tra la promessa e la sua attuazione V compie la sua vendetta nei confronti dei responsabili della sua sofferenza. Così, a poco a poco, grazie anche all’ispettore Finch che indaga su di lui, si ricostruiscono alcuni pezzi della storia di V, che si intreccia inevitabilmente a quella del partito al potere. Contemporaneamente, però, V diventa anche un maestro per Evey: la sua missione è liberarla dalla paura che si è impossessata di lei dalla morte dei genitori, renderla una persona capace di combattere per le idee che la animano. Le storie di V, Evey, dell’Inghilterra, dei membri del partito vittime della vendetta si intrecciano in un crescendo di emozioni e interrogativi, con una buona dose di suspense e di combattimenti, in cui si vede chiaramente la mano degli ideatori di Matrix.
I fumettologi più “duri e puri” hanno criticato duramente V per Vendetta, che nonostante la buona dose di originalità è tratto dal graphic novel V for Vendetta, scritto e disegnato da due giganti come (rispettivamente) Alan Moore e David Lloyd. La chiave per considerare nel giusto modo il film è, come spesso accade, considerarlo qualcosa di completamente diverso dal romanzo da cui è tratto. Le differenze con V for Vendetta sono così tante che non è proprio il caso di mettersi d’impegno a contare tutte le volte in cui il film “ha sbagliato”. Si va dalle più banali differenze – Evey è una ragazzina più che una donna e si prostituisce, l’ispettore Finch è l’amante di una delle donne che V uccide nella sua vendetta – a veri e propri stravolgimenti, come la scomparsa di un personaggio e della sua storyline piuttosto importanti per la trama del graphic novel.
Ma la verità è che i due prodotti sono sostanzialmente differenti. La storia a fumetti ha la straordinaria complessità che solo Alan Moore sa rendere un capolavoro. Per fortuna, tutto questo non è stato riportato nel film, che sarebbe divenuto troppo pesante e sostanzialmente inguardabile. Forse l’idea di fondo di V per Vendetta è un po’ troppo semplicistica – va bene, abbiamo capito che bisogna avere il coraggio di combattere fino alla morte per le proprie idee! – ma è anche interessante il tratteggio di un mondo che, per quanto immaginario, non è poi così lontano dal nostro. La creazione di un nemico comune e delle “soluzioni finali” per risolvere il problema in nome della cosiddetta pace, la manipolazione delle notizie, la propaganda indiscriminata: se tutto questo vi suona familiare, V per Vendetta è un buon film per il vostro 5 novembre.
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