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GIOTTO, Crocifissione, affresco, 1305, Cappella Scrovegni, Padova

Ai piedi della croce:
iconografia della Pietà /1

4 minuti di lettura

Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius…

Vi proponiamo un approfondimento sull’arte cristiana concentrandoci su una particolare iconografia che si ispira, in modo indiretto, ad un componimento medievale, lo Stabat Mater, preghiera che risale al XIII sec. e che è stata attribuita a Jacopone da Todi.

Lo Stabat Mater venne abrogato dal Concilio di Trento a metà del 1500 per essere poi ripristinato nella liturgia cristiana da Papa Benedetto XIII a inizio ‘700. Da allora ad oggi, ci sono stati oltre 400 compositori che hanno musicato questa antica preghiera medievale e uno dei più famosi in assoluto è Giovanni Battista Pergolesi, morto all’età di 26 anni di tisi, che compose il suo Stabat Mater negli ultimi mesi di vita durante il ricovero nel convento dei Cappuccini a Pozzuoli. Questo suo lavoro ha avuto un successo mondiale, per il tono malinconico della musica che accompagna la voce femminile.

La preghiera parla in terza persona e racconta di Maria e della sua vicenda personale – «la Madre addolorata in lacrime presso la Croce su cui pendeva il Figlio». In arte non esiste un’iconografia autonoma legata allo Stabat Mater e in particolare alla figura di Maria dolente sotto la croce. Questa immagine ha sempre fatto parte, ovviamente, del tema universale della crocifissione, ma in maniera secondaria, un po’ adombrata anche a livello visivo, rispetto alla centralità del Cristo crocifisso. Ma alcuni pittori e scultori, a partire dal tardo gotico, hanno voluto sfruttare il tema della crocifissione per concentrarsi sulla sofferenza di Maria e quindi per andare ad indagare ai piedi della croce, in modo davvero nuovo, emotivo e molto umano, la sua storia.

In questa carrellata vedremo immagini che vanno dall’epoca di Jacopone da Todi e dal Medioevo, fino ad arrivare ad opere d’arte recentissime; alcune sono fotografie, altri sono scatti che appartengono al fotogiornalismo che sono stati associati all’immagine dello Stabat Mater o della Pietà cristiana.

Giotto, Crocifissione, affresco, 1305, Cappella Scrovegni, Padova

GIOTTO, Crocifissione, affresco, 1305, Cappella Scrovegni, Padova
GIOTTO, Crocifissione, affresco, 1305, Cappella Scrovegni, Padova

È inevitabile partire da Giotto, colui che ha portato una rivoluzione nell’arte occidentale, una rivoluzione che si è espressa a 360 gradi in termini tecnici, di modalità di lavoro e soprattutto in termini di iconografia. Oltre a recuperare la prospettiva e i volumi dei corpi, elementi che si erano persi nel corso del primo Medioevo e nell’arte paleocristiana, in un’epoca in cui l’arte era soprattutto simbolo più che rappresentazione della realtà, Giotto riprende la raffigurazione dei sentimenti, che apparteneva già all’arte antica, ellenistica, tardo classica e romana.

Recuperare i sentimenti e fare arte sacra significava per Giotto umanizzare le storie sacre, e quindi rappresentare figure che fossero, agli occhi dei fedeli e degli osservatori dell’epoca, prima di tutto Uomini e poi anche Santi. Nel descrivere i personaggi, Giotto disegna l’aureola che campeggia in maniera evidente, ma quell’aureola incornicia dei volti che sono quasi dei veri e propri ritratti: ogni volto, leggermente di scorcio o di profilo, ha una fisionomia diversa ed è fortemente caratterizzato non solo nei tratti ma soprattutto nella mimica facciale. Attraverso l’espressione dei volti, una gestualità semplice e comprensibile, Giotto fa parlare la pittura e i suoi santi.

In questa crocifissione, che è una delle tante scene del ciclo dedicato a Maria e a Cristo nella Cappella Scrovegni, Giotto apporta queste innovazioni, con una certa maturità e consapevolezza rispetto agli affreschi di Assisi di qualche anno prima. Al centro naturalmente spicca la figura del Cristo e quello di questo affresco è un Uomo in croce, per cui il corpo scende verso il basso per effetto di gravità, la testa è reclinata su un lato: è un corpo evidentemente morto. Di fronte a questa visione, Maria, sulla sinistra, viene a mancare ed è sorretta dalle pie donne e da San Giovanni. È singolare il fatto che in questo contesto, la misericordia di chi crede in Dio non si rivolga verso il Figlio di Dio, ma l’attenzione e la compassione vadano verso Maria: emergono già gli elementi caratteristici di una pietà. La figura centrale sotto la croce è la Maddalena che si inginocchia per baciare i piedi di Cristo. Gli atteggiamenti più umili sono quelli che solitamente spettano a lei, sia durante la scena della crocifissione che in quella successiva della deposizione.

La Maddalena spesso, da Giotto e da altri autori di quell’epoca, è ritratta molto scorciata, il viso si intravvede appena o addirittura è completamente di spalle, però la sua figura è quella quasi più significante di tutta la scena perché è ben segnalata da un indizio che consente di riconoscerla: i capelli sciolti sulle spalle. Tutte le altre donne hanno i capelli raccolti, in trecce o altre acconciature, oppure sono velate in altri dipinti. Lei ha i capelli sciolti e questo è un forte indicatore sociale che la distingue per quello che era stata prima di seguire Cristo: una peccatrice, una prostituta. I capelli sciolti, per tantissimi secoli fino all’epoca moderna, erano considerati non degni delle relazioni sociali, la donna poteva mostrarli solo in situazioni davvero intime, quindi coniugali. In questa scena, come in altre di Giotto, a provare compassione per Cristo o per Maria sono anche gli angeli che si struggono in cielo per il dolore e sono ritratti in scorcio, come fossero corpi veri: non sono perfettamente frontali, ieratici, e quindi astratti come nella pittura bizantina. La maggior parte di loro si rivolge verso Cristo, ma un angelo in particolare porta lo sguardo verso Maria.

Simone Martini, Crocifissione (dal Polittico Orsini), 24,5×15,5cm, tempera su tavola, 1333 ca., Anversa, Musée des Beaux Arts

SIMONE MARTINI, Crocifissione (dal Polittico Orsini), 24,5x15,5, tempera su tavola, 1333 ca., Anversa, Musée des Beaux Arts
SIMONE MARTINI, Crocifissione (dal Polittico Orsini), 24,5×15,5, tempera su tavola, 1333 ca., Anversa, Musée des Beaux Arts

Il senese Simone Martini, come altri artisti di quell’epoca, è erede della lezione di Giotto. Questo è uno scomparto di dimensioni davvero piccole che appartiene a un polittico, un’opera monumentale composta da tante tavole. In questa scena, Simone Martini approfitta dell’episodio della crocifissione per dare particolare evidenza alla figura di Maria, di nuovo a sinistra ai piedi della croce, e ancora una volta della Maddalena. La reazione di chi è vivo sotto la croce è analoga a quella descritta da Giotto. Le persone si accalcano attorno a Maria, la soccorrono, l’atteggiamento delle donne è ancora più umano. Maria ha perso i sensi, viene sdraiata a terra e soccorsa dalle pie donne. E c’è un gioco di sguardi, un dialogo attraverso le espressioni, che rendono davvero emotivo questo momento. San Giovanni rimane in piedi ma si china con le mani giunte, ma a quel punto la sua preghiera è verso Maria e non verso Cristo. Ancora una volta ritroviamo la Maddalena vestita di rosso, colore della Passione inteso come sacrificio, e coi capelli sciolti, che guarda verso Cristo. Insieme a lei, gli unici altri personaggi a volgere lo sguardo verso Gesù, ma con una volontà ben diversa, sono i soldati che stanno a destra, lo guardano e lo sbeffeggiano, in un atteggiamento contrario alla compassione.

A lezione di Storia dell’Arte con la prof.ssa Daniela Olivieri • Cengio (SV), 3ª Stagione Culturale

Lorena Nasi

Grafica pubblicitaria da 20 anni per un incidente di percorso, illustratrice autodidatta, malata di fotografia, infima microstocker, maniaca compulsiva della scrittura. Sta cercando ancora di capire quale cosa le riesca peggio. Ama la cultura e l'arte in tutte le sue forme e tenta continuamente di contagiare il prossimo con questa follia.

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