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Dario Fo in Mistero Buffo
Fonte: www.libreriariminese.it

A Dario Fo, che ci ha insegnato come l’arte possa avere un ruolo attivo nel mondo

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Caro Dario,

avrei voluto saper scriverti un bell’epitaffio o un articolo commemorativo, capace di render manifesta la tua grandezza a chiunque lo avesse letto. Ma di parole su quanto hai compiuto nella tua lunga e mai inattiva esistenza ne sono già state versate fiumi in questa mesta mattinata, e ancora ne saranno scritte nei giorni a venire.

No, quello che desidero fare oggi non è mescolare la mia voce alle tante che ti ricorderanno; vorrei invece provare a lasciare un piccola traccia (forse inutile agli altri, ma utile a me e chi in queste parole si rispecchierà) di quel che la tua figura ed il tuo mestiere hanno rappresentato per me.

Se mi si chiedesse chi è stato per me Dario Fo risponderei senza esitare un momento: un maestro. Eppure non sono un’attrice, nè una sceneggiatrice teatrale e nemmeno un’artista. Maestro di cosa, allora? Maestro di cultura. Ho imparato a conoscere la sua figura a poco a poco, accostandomi allo studio della letteratura e del teatro con immensa passione. Prima ancora lo vidi a fianco di altri due immensi personaggi della nostra contemporaneità, Gaber e Jannacci, esibirsi in “Ho visto un re”. Il trio era quanto di più ben assortito avessi mai visto ed anche solo nel modo di stare, nella mimica facciale e nei gesti, e poi nelle parole, incarnavano quell’ideale di cultura a cui ambivo per il mio futuro. Da allora iniziai ad approfondire il personaggio e l’uomo che fu Dario Fo e il presentimento iniziale fu confermato: un intellettuale a tutto tondo, di quella razza che non si vedeva e sentiva più da tanto tempo. Una personalità che voleva uscire dalla muffa delle biblioteche e portare la cultura e lo spirito critico in piazza, tra la gente e allo stesso tempo affermava che la cultura ERA la gente. Un uomo che ha saputo restituire al teatro, quella sacra istituzione nata in Grecia con un forte ruolo sociale, la sua primaria funzione: specchio sociale e luogo di riflessione e rivoluzione.

fo-gaber-jannacci

Con i suoi lavori e i suoi personaggi, con il suo impegno politico e sociale Dario Fo è uno di quelle personalità la cui esistenza nel mondo segna la storia. Per tutti coloro che aspirano ad un ruolo attivo della cultura nella società è e sarà sempre un maestro. Cosa rimarrà di ciò che ha fatto ed è stato? Vorrei provare a fissare delle brevi immagini icastiche per rispondere a questo secolare interrogativo.

Di Dario Fo rimarrà sicuramente impresso nell’immaginario il “giullare“. La maschera di saltimbanco che ha segnato i suoi più celebri spettacoli. Questa era l’anima di Fo: un’esplosiva carica di follia razionale. Il suo teatro portava con sè un’immensa forza sovvertitrice: era ribaltamento di ruoli, era ironia, era capace attraverso un’immediatezza mai banale di pungere i costumi ed insieme fare storia. Il saltimbanco è l’attore, è il teatro che fu, è quell’arlecchinesca funzione della maschera che attraverso il carnevale può dire la verità. Dove non si distingue più lo scherzo dal serio si possono lanciare le più forti provocazioni. E così il teatro di Fo punge i costumi e poi ride. Il teatro di Fo fu la piazza, furono i centri sociali. Non voleva il tipico e ingessato teatro borghese, non voleva offrire la catarsi a coloro che criticava: Fo ha sempre voluto il popolo: aveva davvero voglia di veder aggregarsi quell’ideale “collettività” sotto l’egida dell’arte e della fantasia. Grazie Dario, perchè hai mostrato al mondo che non serve la retorica pomposa e la serietà ingrigita per tentare di agire in positivo per la società. Credevi fermamente che con l’arte si potesse da un lato insegnare la storia e la cultura e dall’altro formare un futuro consapevole dei limiti del presente. Grazie perchè hai svelato la forza dell’allegria e della spinta positiva: niente piagnistei davanti ad un mondo imbruttito e sfasciato, la tenacia è nel riso, per quanto dissacrante, e nel tentativo di creare nuovi modelli.

Dario Fo è il grammelot, con tutto quello che questa affermazione può significare: ricerca e salvaguardia delle radici popolari e locali di una comunità, beffa dei pregiudizi umani, ripresa e innovazione della commedia dell’arte, un soffuso richiamo all’infanzia, tramite questa lingua onomatopeica, che tutto può, proprio perchè irreale, popolare e infantile, a volte incomprensibile, ma estremamente comunicativa, perchè accompagnata dalla mimica esasperata della maschera. Fu proprio il grammelot a consacrare Dario come intellettuale; essa fu la lingua di Mistero Buffo, quindi non solo la lingua del Nobel, ma la lingua della satira anti-religiosa e anti-borghese.

Dario Fo è poi l’amore per Franca Rame, con la quale condivise tutto e senza la quale non sarebbe mai diventato Dario Fo, e lui di questo ne fu – fino all’ultimo – estremamente consapevole.

Dario Fo è stato anche impegno politico, a più riprese discusso, nel suo inizio e nelle suo svolte conclusive. Ma non voglio ora, in questa occasione, fare la morale su questo. Desidero solo ricordare come Fo intese la politica nel senso etimologico del termine: azione per la polis, cioè la comunità. Non si abbandonò all’arte per l’arte, ma sempre la vita attiva fu anche impegno sociale e politico, con i mezzi che gli erano propri. Questo è forse uno dei più importanti lasciti di questo intellettuale: usare la cultura per l’utile comune.

Il rimpianto più grande rimane non quello di averti perduto, perchè, come diceva un poeta, “non tutto morirà”, ma quello di non averti mai visto con i miei occhi in scena.

Dario Fo in Mistero Buffo Fonte: http://www.libreriariminese.it/libri/dario-fo-foto-di-scena.php
Dario Fo in Mistero Buffo
Fonte: www.libreriariminese.it

Grazie signor Fo, grazie di avermi provato che con l’arte, con la fantasia, con l’energia di uno slancio positivo, è possibile dare un contributo al mondo. Non servono chissà quali paroloni e scienze, basta qualche suono, un viso espressivo, e tanta voglia di provare a cambiare le cose ridendo. La ricerca costante di quella che si vuol chiamare verità non deve rendere supponenti o isolare, ma deve voler essere condivisa e messa in gioco: qual luogo meglio del teatro?

«C’è una regola antica nel teatro. Quando hai concluso non c’è bisogno che tu dica altra parola. Saluta e pensa che quella gente, se tu l’hai accontentata nei sentimenti e nel pensiero ti sarà riconoscente»

 

Costanza Motta

Laureata triennale in Lettere (classiche), ora frequento un corso di laurea magistrale dal nome lungo e pretenzioso, riassumibile nel vecchio (e molto più fascinoso) "Lettere antiche".
Amo profondamente i libri, le storie, le favole e i miti. La mia più grande passione è il teatro ed infatti nella mia prossima vita sono sicura che mi dedicherò alla carriera da attrice. Per ora mi accontento di scrivere e comunicare in questo modo il mio desiderio di fare della fantasia e della bellezza da un lato, della cultura e della critica dall'altro, gli strumenti per cercare di costruire un'idea di mondo sempre migliore.

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