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Fonte: www.filippominelli.com

Filippo Minelli:
processi di parole,
processi di silenzi

3 minuti di lettura

Filippo Minelli vive sotto i riflettori di bombardamenti incrociati. Sovrastimolato da pulsioni opposte: politica, tecnologia, nuovi media, arte, paesaggi, e mille altre vie dello scibile umano. All’artista, in questa multidimensione multisensoriale, spetta l’arduo compito di cimentarsi con approcci descrittivi dell’essere, che devono essere sempre innovativi, e leggibili, e pregni. Minelli è un equilibrista che ha ben saputo destreggiarsi in questo complesso mondo, ancora oggi continuamente prolifico e infiammato da stimoli vari e calamitosi.

Fonte: www.filippominelli.com
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È nato a Brescia nel 1983 e si diploma con lode all’Accademia d’Arte di Brera nel 2006. È strattonato tra paesi diversi nei primi anni di carriera, e recentemente è sfociato in un compromesso tra Londra e Barcellona. Negli ultimissimi anni ha poi riallacciato un rapporto stretto con la sua terra natale, curando la concettualizzazione di paesaggi del nord Italia. Il lavoro di Filippo Minelli scivola tra architettura, politica, comunicazione, geografia, e si materializza in installazioni e performance documentate attraverso fotografia e video.

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La sua indagine è un processo irrisolvibile alla realtà. La sua percezione del ruolo dell’artista è quella di un soggetto pregno che filtra l’esistente, senza tuttavia necessariamente incanalarlo in una distorsione soggettiva.

Il viaggio di ricerca di Filippo spesso ha acceso i motori dei nuovi media, in un’indagine che studia l’impregnazione della vita quotidiana da parte delle nuove tecnologie. È votato alla creazione, in qualunque luogo e momento, e indipendentemente da quello che si trova per le mani. Si nutre di processi, transizioni, trasformazioni, per mettere in luce le diverse sfumature della generazione, le buche e le parti dissestate di un percorso che non è mai liscio e lineare.

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La fotografia è un mezzo fondamentale della sua produzione, all’inizio come strumento di documentazione delle realtà avvicinate nei suoi viaggi fra Medio Oriente e Sud America, Africa Occidentale e Ex Repubbliche Sovietiche, passando per il Sud-Est asiatico. Oggi è diventata strumento tagliente e di denuncia, che inquisisce il paesaggio nel suo rapporto con la gente che lo abita.

Il mezzo fotografico è preferito all’invasività dello strumento video, che scandisce tempistiche stringenti e incatenanti per lo spettatore, che non si allinea all’opera con una sua personale ritmicità.

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Minelli sfrutta la tecnologia per la possibilità che conferisce di realizzare pressoché ogni idea, grazie anche alla progressiva riduzione dei costi. Il suo approccio è ben evidente in cicli di opere quali CTRL+ALT+DELETE (2007), Contradictions, Google world (2008-2009), che materializzano realtà altrimenti perse nell’etere inconsistente dell’informatica e del web. Per scardinare l’approccio religioso di gran parte dell’umanità, che devotamente crede nel ruolo salvifico delle moderne tecnologie, Filippo Minelli tenta di marcare un avvicinamento a questi mezzi come semplici strumenti per velocizzare processi. Una prospettiva razionale che se fatta fruttare potrebbe portare a risultati ben consistenti e a una positiva ridistribuzione della conoscenza.

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La chiave di lettura della sua poetica sta nel binomio parola/silenzio, denominatore comune di tutte le sue produzioni. Sono due facce della realtà, che la descrivono nella sua interezza: la sintesi di un contemporaneo che vive nella necessità della comunicazione, che sfocia in bulimia e desiderio di estraniarsi.

Filippo Minelli
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Processa la parola e processa il silenzio, ed entrambi per comunicare richiedono la scelta attenta e sensibile del momento, del luogo, del modo adatti. L’obiettivo è quello di creare uno spazio pubblico e intimo, per la diffusione di un messaggio esteso, ma personalizzabile.

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Minelli sonda sezioni diverse di mondo. La sua analisi geografica è scivolata da un contesto esclusivamente urbano, caratteristico dei suoi primi lavori, ad analisi più sfaccettate del paesaggio. I suoi primi approcci sono istintivi e non istituzionali e si disegnano nell’ambito di quella che allora si stava definendo come street art. Proseguono in analisi sull’estetica della protesta, scoprendo la dimensione introspettiva della politica, e analizzandola con approccio antropologico. Concretamente si cimenta nella decontestualizzazione dell’uso di lacrimogeni, nel ribaltamento della funzione delle bandiere, nell’indagine dell’estetica degli slogan di protesta.

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Il ciclo Lines è costruito su linee continue che si spezzano tratteggiate nel loro sfumare all’infinito. Scavano cemento, pareti, industrie, onde di ferro zincato, paesaggi tra natura e urbanizzazione, neve. E sulla neve non fanno rumore.

In Sound la parola nasce dalle ceneri della combustione di alcuni fusti in un campo di grano. La fotografia ferma l’immagine e ne definisce la narrazione, in forma verbale. La visione di Filippo Minelli trapassa in un sistema espressivo più complesso, che brilla nella detonazione simultanea di parola, significato e rappresentazione.

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L’immersività di Filippo Minelli nel rapporto tra parola e silenzio gli ha permesso di sviluppare un approccio lucido e consapevole verso questi mezzi espressivi. Nell’arte e nella vita, quando non si ha niente di interessante da dire, è preferibile un dignitoso silenzio alla produzione fastidiosa di rumore inquinante.

Francesca Leali

Nata a Brescia nel 1993. Laureata in lettere moderne indirizzo arti all'Università di Bergamo, dopo un anno trascorso in Erasmus a Parigi. Appassionata di fotografia, cinema, teatro e arte contemporanea.

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